L’agricoltura italiana è legata a un modello vecchio, figlia di politiche che hanno «difeso un sistema di pagamenti legato alle superfici aziendali e ai titoli storici, che da temporanei sono diventati permanenti, premiando i grandi proprietari e penalizzano i piccoli e medi agricoltori, condannando al fallimento le aziende agricole delle aree interne e penalizzando i nuovi giovani agricoltori»: è la posizione della coalizione CambiamoAgricoltura. Il risultato, spiega una nota del movimento (di cui fanno parte tra gli altri Aiab, Lipu, Rete Semi Rurali, Slow Food Italia e Wwf ), «è che, solo in Italia, nell’ultimo decennio è scomparso il 30% delle aziende agricole mentre nell’ultimo cinquantennio è stato abbandonato oltre un terzo delle superfici agricole».

Ieri CambiamoAgricoltura è intervenuta con un comunicato stampa sui temi delle manifestazione dei trattori di Riscatto Agricolo, per evidenziare quelle che sono definite le vere cause del disagio sociale ed economico degli agricoltori: «Un modello agricolo insostenibile e iniquo, rispetto al quale gli interessi delle filiere industriali e distributive hanno dominato, a spese del lavoro e del reddito degli agricoltori, della salute delle persone e dell’ambiente, del benessere animale». L’effetto paradossale di questa situazione è che la maggioranza degli agricoltori, schiacciati dagli attori dominanti la filiera, sono in una condizione di crescente disagio e sfiducia verso l’intero sistema agroalimentare e sono stati indotti a orientare le loro proteste verso le regole e gli impegni per la tutela dell’ambiente, complice anche la strumentalizzazione dei decisori politici.

La coalizione parla di «abile strumentalizzazione delle proteste» da parte delle «associazioni agricole e dell’agroindustria», che hanno dato in queste settimane l’ultima spallata al Green Deal europeo, additato come la principale causa della crisi del settore. L’elenco dei presunti successi dei trattori comprende l’ennesima deroga all’impegno della Politica agricola comune (Pac) di dedicare almeno il 4% delle aree agricole alla conservazione della natura, che si somma al ritiro del Regolamento per la riduzione dell’uso dei pesticidi e alla cancellazione degli obiettivi di taglio delle emissioni al 2040 dei gas clima alteranti imputabili all’agricoltura e alla zootecnia, gli obiettivi delle strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030. E inoltre, sottolineano le organizzazioni, «sono state eliminate anche le raccomandazioni ai cittadini di apportare modifiche alle loro diete riducendo il consumo di proteine animali, nonché la sollecitazione a porre fine ai sussidi ai combustibili fossili ambientalmente dannosi».