Salvini prova a incalzare l’alleata Giorgia che derubrica le tensioni a ordinaria amministrazione: «Ci sono sfumature diverse ma è normale. Rimane che stiamo insieme per scelta e quando c’è da trovare soluzioni le troviamo. Vedo l’opposizione più nervosa della maggioranza».

Anzi, le «sfumature» sono «un valore aggiunto». Ma sugli agricoltori di differenze non ce ne sono: casomai una amichevole competizione per chi aderisce prima e meglio alle loro ragioni: «Hanno ragione. Quello che chiedono sono le posizioni del governo italiano. Facciamo del nostro meglio ma l’Europa è dirimente». Insomma, ci scappa un po’ di propaganda elettorale: «Le prossime elezioni europee fanno la differenza». Vota Giorgia!

CHE LA PREMIER provi a smorzare è nell’ordine delle cose, così come lo è che Salvini invece incalzi. Riunisce ancora una volta il vertice della Lega, al quale lui si collega in video da Roma e al termine torna alla carica: alzare il tetto dell’esenzione oltre i 10mila euro, approvare la legge del Carroccio sul controllo dei prezzi, accelerare le misure di protezione contro la fauna selvatica. In più la Lega si scaglia contro i negoziati tra Ue e Sud America sugli alimentari: «L’intesa senza garanzie rappresenterebbe un pericolo per i produttori italiani».

Il cahier des doléances degli agricoltori in rivolta c’è tutto e Salvini aggiunge un ringhio contro Ursula, l’amica preferita di Meloni: «Mai con chi ha messo in ginocchio gli agricoltori». Nelle stesse ore, la Lega presenta un emendamento al dl Elezioni, in commissione Affari costituzionali al Senato, che porta a 3 il tetto dei mandati per presidenti di Regione e tutti i sindaci.

SUL FRONTE agricoltori una vittoria parziale era già assicurata, Giorgetti e Lollobrigida erano al lavoro sin dal mattino per rivedere almeno un po’ l’esenzione. La sparata serviva soprattutto ad accreditarsi il risultato. Infatti quando poco dopo le solite «fonti» notificano il progetto di dimezzare del 50% l’Irpef per i redditi da 10 a 15mila euro, confermando l’esenzione per quelli al di sotto dei 10mila euro, il Carroccio è il primissimo a esultare: «Grande soddisfazione per la determinazione del governo a rivedere il provvedimento sull’Irpef come chiesto da Salvini». Insomma, magari chiesto non solo dal capo leghista ma anche dagli agricoltori e concesso a loro più che al ruggente vicepremier ma tant’è.

Sul fronte terzo mandato le cose sono meno facili, perché lì è impossibile accontentare Salvini permettendogli di salvare la faccia con concessioni parziali. Il terzo mandato c’è o non c’è e la premier resta decisa a far sì che non ci sia, anche se i leader della maggioranza approfitteranno del prossimo Cdm per un vertice a margine. Tanto per evitare che la questione monti ulteriormente. Tra le ipotesi, ma per il momento buttata là senza alcuna decisione, ci sarebbe la possibilità di non ammettere l’emendamento, col che, almeno per ora, passerebbe la paura.

IN REALTÀ gli stessi leghisti ci sperano poco. Se il Pd offrisse una sponda la partita sarebbe forse ancora aperta e a buona parte del Pd quell’emendamento farebbe piacere e comodo. Ma è un’ammissione che può essere fatta solo in camera caritatis: la segretaria è contraria, la sponda del Nazareno non ci sarà. Come non ci saranno quelle dei 5S, che anzi vorrebbero stringere ulteriormente, e di Fi, che sogna di accaparrarsi il Veneto con Tosi una volta messo Zaia fuori gioco.

La partita per la Lega sembra persa in partenza e nello stato maggiore di FdI considerano l’offensiva in corso essenzialmente come argomento da far pesare poi l’anno prossimo nelle trattative per le presidenze di Regione, sempre che la destra riesca a strappare al Pd alcune di quelle contese, e soprattutto per i sindaci. Ma la parabola, alla lunga, può diventare pericolosa. La Lega continua a prendere mazzate fingendo di aver ottenuto qualcosa. Prima o poi il gioco mostrerà la corda.