Trasferimenti in tilt a Porto Empedocle. Tutto fermo a Lampedusa
Migranti La protesta dei lampedusani in assemblea permanente: «L’isola non diventi un carcere»
Migranti La protesta dei lampedusani in assemblea permanente: «L’isola non diventi un carcere»
Ci sono le parole. Le promesse. Persino la boutade leghista. Poi c’è la realtà, irrisolta e tragica. Archiviato il blitz di due ore fatto domenica scorsa dalla premier Giorgia Meloni e dalla presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, Lampedusa continua a farsi carico dei migranti, grazie a forze dell’ordine, volontari e soprattutto agli abitanti che accolgono nelle proprie case i naufraghi affamati. Quasi 500 i migranti sbarcati sull’isola ieri, con l’hotspot ancora pieno e i soccorritori impegnati nel molo Favoloro.
Mentre il cdm approva il ddl per i nuovi Cpr dove rinchiudere le persone da espellere e i paesi dell’Ue ragionano sui dieci punti del piano Ursula, in Sicilia la macchina dell’accoglienza, a fatica, cerca di reggere l’urto. A soffrire il dramma ieri è stata soprattutto Porto Empedocle, approdo dei migranti che lasciano Lampedusa, dove rimangono bloccate 1.600 persone che non sono state trasferite perché la nave, che aveva accompagnato 600 naufraghi a Catania, invece di fare ritorno alle Pelagie è stata dirottata per l’emergenza nella piccola cittadina in provincia di Agrigento.
Stipati al caldo in 1.300 nella tensostruttura, alcuni naufraghi hanno scavalcato le recinzioni stanchi di attendere in quelle condizioni l’arrivo della nave o dei pullman per i trasferimenti. Dopo l’incidente sull’A1 vicino Roma con la morte dei due autisti alla guida del mezzo con a bordo i migranti, molte ditte hanno risposto picche alla richiesta della prefettura. E così l’attesa per i migranti si è allungata. «In un’area di duemila metri quadri c’erano 1.300 persone – racconta Calogero Martello, sindaco di Porto Empedocle – in cerca acqua e di cibo. Una situazione da paura». In serata la prefettura ha trovato quattro pullman di compagnie private da affiancare ai mezzi delle forze dell’ordine, contribuendo a svuotare il centro.
Tutto fermo invece a Lampedusa, i trasferimenti sono stati bloccati proprio perché i centri di accoglienza sparsi nel resto della Sicilia cominciano a essere sovraffollati. Una situazione che rischia di essere esplosiva, con problematicità anche sul fronte sicurezza: un gruppetto di migranti è arrivato alle mani al termine di una lite scoppiata per il mancato rispetto della fila per le identificazioni. Uno di loro è anche rimasto ferito.
Ad aumentare la tensione è l’irritazione di parte dei movimenti lampedusani che da ieri sono in assemblea permanente. Invocano a gran voce un intervento strutturale del governo, come ribadito alla stessa premier Meloni.
«Lampedusa non vuole diventare un carcere o un’isola militare – afferma il leader della protesta, Giacomo Sferlazzo -. Noi non barattiamo niente con nessuno». Persino tra i leghisti siculi monta la protesta. «Salvini chieda scusa a Lampedusa», urlano Angela Maraventano, ex senatrice del Carroccio, e il vice sindaco Attilio Lucia. Nel mirino le frasi di un militante delle Lega che a Pontida, per il comizio di Salvini insieme a Marine Le Pen, aveva esibito una maglietta con la scritta: «Blocco navale subito! Cedere Lampedusa all’Africa».
Il militante, proveniente dalla Brianza, aveva aggiunto: «Tutti chiacchierano ma la mia non è una battuta. Gli abitanti di Lampedusa potrebbero abitare in Sicilia, facciamo cinque o seimila villette e li mettiamo lì. Preferisco una guerra a un’invasione così subdola come l’immigrazione: un bambino che va a scuola in Donbass è più sicuro di uno che va in treno a Milano». Maraventano e Lucia non ci stanno. «Lampedusa merita rispetto, intervenga subito il ministro Salvini. E lo faccia in difesa dell’isola e di questa popolazione che da 30 anni continua, con il suo grande cuore, a dare».
E mentre la politica straparla, Claudelle, 28 anni originaria del Camerun, piange la morte del suo bambino. «Era la mia prima gravidanza. Ho fatto il viaggio da sola, speravo in un futuro migliore per me e per mio figlio. Ma lui adesso non c’è più. Non ho avuto nemmeno la possibilità di abbracciarlo…». Ha partorito sabato scorso mentre si trovava sul barcone, aiutata dai compagni di viaggio. Quando è sbarcata, con in braccio il cadavere del figlioletto, madre e figlio erano ancora legati dal cordone ombelicale.
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