Transizione ecologica: hic sunt leones
Diversamente dall’uso antico che indicava regioni sconosciute, presumibilmente abitate da leoni, la frase hic sunt leones viene oggi adoperata per alludere ad un pericolo certo ma di natura non precisata, […]
Diversamente dall’uso antico che indicava regioni sconosciute, presumibilmente abitate da leoni, la frase hic sunt leones viene oggi adoperata per alludere ad un pericolo certo ma di natura non precisata, […]
Diversamente dall’uso antico che indicava regioni sconosciute, presumibilmente abitate da leoni, la frase hic sunt leones viene oggi adoperata per alludere ad un pericolo certo ma di natura non precisata, come rischia di presentarsi la questione della transizione ecologica dopo le ultime affermazioni del Ministro Cingolani. Rischio duplice perché mette in discussione sia la credibilità di un ministro (e questo in Italia non sarebbe una novità) che vanta un profilo da “scienziato”, sia la consistenza della posta che è in gioco in questa fase.
La genericità delle allusioni fatte dal ministro alle nuove tecnologie è imperdonabile (almeno per un fisico quale lui è): dei 72 progetti di SMR (piccoli reattori modulari) censiti dall’IAEA nello yearbook del 2020, molti sono in fase di progettazione concettuale, mentre gli altri non hanno mai superato la fase del prototipo.
Di mio posso aggiungere che 7-8 di questi progetti li esaminammo in Enel 40 anni fa, tanto è il tempo trascorso dalle promesse iniziali di certe innovazioni che lo stesso ministro non può che annoverare, pudicamente, come opzioni “non ancora mature”.
Del resto, e una volta per tutte, delle tecnologie emerse nel secolo scorso, quella nucleare mostra di non aver progredito affatto in termini di rendimento: dopo 70 anni dall’avvio dell’atomo di pace i rendimenti di una centrale elettro-nucleare sono passati dal 31% al 33%, mentre la generazione elettrica da fonti convenzionali è passata dal 33 % ad oltre il 55%; perfino l’odiato motore a combustione interna ha fatto passi da gigante se appena si confrontano i consumi specifici di un’automobile odierna con quelle di 50-60 anni fa.
Sentire poi un ministro che dice “se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso, è da folli non considerare questa tecnologia” è veramente imbarazzante.
Quale momento, ministro? Quanto è da considerare “elevata” la sicurezza e quanto basso il costo e quanto, soprattutto, valgono i “pochissimi” chili di rifiuti radioattivi, domanda chiave che la stessa IAEA, nel citato rapporto, rivolge ai progettisti in questi termini: “Fino a che punto i progetti SMR possono ridurre sostanzialmente i rifiuti radioattivi durante tutto il ciclo di vita dell’impianto?”.
Ma poi c’è dell’altro; c’è che Cingolani sfida gli ambientalisti (oltranzisti e ideologici) a misurarsi sui numeri.
E qui si paventa l’altro tipo di rischio perché, anche se le repliche rivolte a Cingolani (difende le lobby del petrolio, nemico delle rinnovabili) ci stanno tutte in quanto espressioni di interessi diversi, queste non rispondono in toto alla provocazione di Cingolani perché dietro i “numeri” (che hanno il loro peso) si cela lo scontro sulla reale posta in gioco.
Nell’interpretazione della transizione ci sono aspetti concettualmente indiscutibili (azzeramento del carbone) ed altri meno, se non ricompresi dentro un approccio olistico.
La mobilità elettrica è uno di questi: batterie e connessi problemi di estrazione e smaltimento, cablaggio delle città e delle strade di comunicazione con rilevanti picchi di potenza richiesta nei rifornimenti. La produzione richiederebbe un nuovo e considerevole apporto di potenza se, a parità di merci prodotte (o peggio aumentate), si desse corso alla robotizzazione ed ulteriore automazione dei processi (industria 4.0).
Quanto ai consumi domestici, la questione è ancora più controversa: nel bilancio energetico italiano la voce consumi residenziali di gas (domestici, ristoranti e negozi) ammonta a 31 miliardi di metri cubi pari al 65% del totale. In caso di “fuoriuscita dai fossili” (quindi anche dal metano) come cucineranno e si riscalderanno 23 milioni di famiglie italiane?
Se la risposta è con l’elettricità, serviranno dai 30 ai 40 Gw di nuova potenza rispetto ai 120 Gw attualmente installati, obiettivo non perseguibile con le sole rinnovabili, a meno di abbandonare il concetto di sviluppo sostenibile a cui si rifà anche il ministro Cingolani con i suoi “numeri” che pur essendo parte ineludibile del problema, non troveranno soluzione se non fuori dalle regole di questo sistema-mondo.
Errata Corrige
Nel mio articolo sul manifesto del 4.09.2021 (La transizione di Cingolani: hic sunt leones) ho erroneamente scritto che, nel caso di abbandono del metano per gli usi residenziali (cucina e riscaldamento) con conseguente impiego dell’elettricità come fonte sostitutiva, occorrerebbero dai 70 agli 80 Gw di potenza in più. In realtà i Gw necessari sono poco meno della metà (dai 30 ai 40) anche se ciò non altera il senso del ragionamento. Me ne scuso con i lettori e le lettrici.
Giorgio Ferrari
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