Sulla linea U-8 che collega il quartiere “turco” di Neukölln con il rione di Tegel il ragazzo in tuta blu cerca un posto per la lavatrice imballata legata al carrellino con il logo aziendale. A bordo della 5 diretta alla stazione centrale, invece, Charlotte S., 28 anni, forse si è seduta accanto all’uomo della sua vita «alto, moro, con la giacca verde acido»; almeno così scrive sulla seguitissima rubrica A colpo d’occhio messa in rete dall’azienda di trasporto pubblico di Berlino ben prima di Tinder. Mentre tra Prenzlauer Berg, Friedrichshain e Kreuzberg corre con cadenza tra cinque e sette minuti l’M-10 denominato ormai anche ufficialmente “Tram-Party” con a bordo la movida che non si ferma mai proprio come l’orario del mezzo.

Davvero un altro pianeta rispetto ai passeggeri, in prevalenza turisti, della nuova scintillante tratta che passa sotto la Sprea unendo il Municipio Rosso alla Porta di Brandeburgo e infine al Bundestag: pavimenti e pareti di marmo tirati a specchio e soffitti blu con le lampadine a forma di stella che si accendono alla sera. È lo spettacolare biglietto da visita della mobilità pubblica della Verde Germania e anche un esempio di ingegneria sotterranea. Ma sono pure gli 1,8 chilometri di rotaie con tempi, costi di realizzazione e polemiche politiche connesse che ricordano da vicino la Salerno-Reggio Calabria. Di peggio, forse, giusto la moderna stazione arrugginita della S-Bahn a Warschauer Strasse disegnata dalle archistar, costruita perché «indispensabile» dopo aver distrutto la vecchia della Ddr in quanto «inutile».

A Berlino, da sempre, il trasporto pubblico è una questione complessa più della sua lunga storia, che resta comunque stampata sui biglietti dei mezzi tuttora riportanti la doppia sigla delle due diverse aziende dell’Est e dell’Ovest confluite nell’attuale “Bvg” all’indomani del crollo del Muro.

Pista ciclabile sulla Friedrichstrasse foto Ap
Pista ciclabile sulla Friedrichstrasse foto Ap

Pronuncia: be-fau-ghe, simbolo: un cuore giallo come i bus e i vagoni della metro. Da tre anni la municipalizzata berlinese è guidata da Eva Kreienkamp, amministrartice delegata impegnata fin dagli anni Novanta nella rete Lgbt, puntualmente ai vertici della Germany’s Top Out Executives, la classifica dei manager tedeschi che si identificano come lesbiche, gay, bisex, transgender o intersessuali.

CON LEI “BVG” è diventato un marchio premium del made in Germany riconosciuto, come Bosch e Bmw, non solo per le dimensioni (15 mila dipendenti con le assunzioni in crescita costante nell’ultimo ventennio) e il numero record di passeggeri trasportati (oltre 1 miliardo e 100 milioni annui) ma anche grazie all’incessante campagna di marketing ancorata alla massima tolleranza non solo di trasporto: vale per l’elettrodomestico ingombrante che occupa quattro posti in piedi quanto per le onnipresenti biciclette per cui esiste sempre almeno un’apposita carrozza dedicata, come per tutto l’underground culturale tipico di Berlino.

Nell’indice dei pochi divieti stampati sui mezzi della Bvg, tra il cono gelato e le patatine fritte, spicca la barra sulla sigla di Afd, il partito di estrema destra rappresentato in Parlamento e attualmente al secondo posto nei sondaggi nazionali. Giusto un altro dei celebri spot ironici dei manifesti affissi dietro alle sedute delle fermate, più o meno in linea con il motto ufficiale «Perché la Bvg ti ama!» declinato nei più diversi modi.

Affetto ricambiato dai berlinesi che – a differenza di tutti gli altri tedeschi – hanno poco da lamentarsi: la loro azienda di trasporto pubblico è davvero diametralmente diversa dalle ferrovie dello stato, che pure nella capitale gestiscono la metro di superficie.

DEUTSCHE BAHN è il sinonimo di ritardi cronici e carenza infrastrutturale non più solo in Germania, al punto da ricevere la settimana scorsa il rimprovero ufficiale della Svizzera, esasperata dalla continua mancanza di puntualità dei cugini settentrionali. Mentre i quotidiani nazionali pubblicano puntualmente le odissee giornaliere dei passeggeri nei diversi Land che giurano: «Mai più un treno tedesco!».

CUSTOMER SERVICE alla berlinese significa giorno e notte senza interruzione (bus e tram girano 24 ore al giorno mentre la metro si ferma dalle 2 alle 5 eccetto che nel week-end) con collegamenti capillari, puntuali e integrati con il nuovo abbonamento mensile da 49 euro valido su tutti i mezzi pubblici sul territorio nazionale, dagli interregionali utilizzati ogni giorno da 1 milione di pendolari del confinante Brandeburgo fino alle sei linee dei traghetti che solcano fiumi e laghi berlinesi anche d’inverno grazie all’azione dei rompighiaccio. Tutti progettati a misura del principale vettore della mobilità per la maggioranza dei residenti: la bicicletta.

Le centraline di conteggio installate nelle principali arterie restituiscono il passaggio annuo di oltre 20 milioni di bici. È la vera volks-wagen di Berlino con la vendita del nuovo e dell’usato sempre in crescita. Statistiche alla mano, appena il 45% delle famiglie berlinesi possiede un’auto di proprietà mentre il 71% pedala su due ruote lungo la rete di 1.216 chilometri di piste ciclabili che attraversa la Città-Stato.

Significa meno traffico (anche se la capitale resta saldamente al primo posto per le code nelle ore di punta) e di conseguenza risparmio di tonnellate di emissioni di Co2, come dimostra la buona qualità dell’aria della metropoli. Soluzione a portata anche dei mezzi commerciali dopo il vero e proprio boom delle bici cargo che sta rivoluzionando la modalità di consegna di merci sempre più voluminose.

Parla da solo, a riguardo, il piano comunale per l’imminente rifacimento della pista ciclabile di Schönhauser Allee dove transitano 10.000 ciclisti al giorno. Prevede «una corsia che permetta ai ciclisti di sorpassarsi a distanza sufficiente percorrendo la via senza ostacoli. Per il traffico commerciale saranno istituite apposite zone di consegna».

E POI C’È LA CITTÀ DEI TAXI. Nel senso che a scorrere il registro municipale risultano più di mille disponibili con relativa facilità in qualsiasi luogo a qualunque ora. Per lo più con motore ibrido o elettrico, sono sempre del caratteristico colore “beige berlinese” anche se da tempo non sono più marchiati Mercedes ma Toyota o Hyundai. Per legge praticano la tariffa fissa di 1,6 euro a km con la corsa breve di 6 euro per 4 chilometri. Da dopo la pandemia soffrono la pesante concorrenza delle multinazionali del car-sharing ormai arrivate a seminare la stratosferica cifra di 7.700 mezzi per le strade berlinesi.

Eppure sono una goccia rispetto alle flotte della Bvg e della Deutsche Bahn che gestisce la metropolitana di superficie di Berlino (S-Bahn) con 15 linee tra cui l’anello cittadino e 170 stazioni lungo 330 chilometri. Solo la U-Bahn sotterranea della municipalizzata offre 10 tratte con 173 stazioni lungo 146 chilometri di ferrovia, a cui vanno aggiunti i 1.600 autobus mono e multi-piano. Non c’è gara.