Tra i venti di guerra, attualità e urgenza del disarmo nucleare
Oggi è la Giornata dell’Onu per l’eliminazione di tutte le armi nucleari: ricorda la notte in cui il colonnello sovietico Stanislav Petrov, 40 anni fa nel 1983, disobbedì ai «protocolli»
Oggi è la Giornata dell’Onu per l’eliminazione di tutte le armi nucleari: ricorda la notte in cui il colonnello sovietico Stanislav Petrov, 40 anni fa nel 1983, disobbedì ai «protocolli»
In questi giorni abbiamo consegnato ai militari della Base di Aviano la lettera che avevamo scritto loro il 9 agosto, nell’anniversario del bombardamento su Nagasaki: lo abbiamo condiviso con i partecipanti quella mattina, sul prato di fronte a uno dei cancelli di ingresso alla base. Sottolineando il motivo della manifestazione – il sostegno alla campagna “Italia, ripensaci” che chiede al governo italiano di avvicinarsi al Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari – auspicavamo di poter aprire uno scambio con il personale della base, un dialogo tra esseri umani che hanno a cuore il futuro di figli e nipoti, dell’umanità intera, di Madre Terra.
Come nel famoso appello del 1955 di Bertrand Russell e Albert Einstein, prima di tutto dobbiamo ricordarci di essere membri di questa umanità planetaria e non rimanere prigionieri delle alleanze militari, delle appartenenze nazionali, professionali o politiche. Tanto più che proprio in questo anno e mezzo di guerra in Ucraina la minaccia dell’uso delle armi nucleari è tornata incredibilmente d’attualità.
Da molto tempo, nell’attività internazionale per la messa al bando delle armi nucleari, ci sono stati fecondi rapporti con militari di varie nazionalità, principalmente dei due paesi con gli arsenali maggiori. E abbiamo imparato da loro che quegli strumenti dalle conseguenze catastrofiche infrangono tutti i fondamentali principi etici che guidano il comportamento dei militari, per gli stessi motivi per cui il loro uso costituisce un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità: non vengono usati contro altre forze armate sul campo di battaglia, uccidono i non combattenti, avvelenano l’ambiente per anni rendendo impossibile la vita normale delle comunità, e così via.
Il generale Usa Omar Bradley arrivò a Hiroshima pochi giorni dopo il bombardamento del 6 agosto 1945. Scrisse nel suo diario: «In tecnologia militare siamo dei giganti, ma sul piano dell’etica siamo analfabeti. Abbiamo svelato i segreti dell’atomo, ma abbiamo dimenticato la lezione delle Beatitudini. Abbiamo sviluppato un potere privo di coscienza, una scienza priva di saggezza. Sappiamo infinitamente più sulla guerra che sulla pace, abbiamo imparato a uccidere molto meglio di quanto non abbiamo imparato a vivere».
Oggi, 26 settembre, è la Giornata internazionale Onu per l’eliminazione di tutte le armi nucleari: ricorda la notte in cui il colonnello sovietico Stanislav Petrov, nel 1983, esattamente 40 anni fa, scelse di disobbedire ai protocolli e NON ordinò l’attacco nucleare massiccio contro le principali città statunitensi e dell’Europa occidentale in risposta ai segnali del monitoraggio satellitare che indicavano il lancio da parte degli Usa di 5 missili intercontinentali. Petrov intuì che poteva trattarsi di un’errata interpretazione del sistema di monitoraggio satellitare. Non fece niente. E così non lanciò la prima azione di quella che sarebbe diventata una escalation nucleare capace, forse, di portare alla guerra totale …
Se oggi abbiamo un Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), che ne vieta l’uso, la produzione e lo stoccaggio, lo dobbiamo a una straordinaria coalizione globale, cresciuta nei decenni con il contributo di centinaia di associazioni di società civile, ma anche di enti locali (le città sono l’obiettivo delle armi nucleari!), di parlamentari, di giuristi, medici e infermieri, coordinati a partire dal 2007 da ICAN (la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, Premio Nobel per la Pace 2017). Due terzi degli Stati membri delle Nazioni unite hanno approvato il testo del TPNW nel 2017, che è entrato in vigore il 22 gennaio 2021 con la ratifica da parte dei primi 50 Stati. Le ratifiche continuano (siamo a 69) e l’anno scorso si è tenuta la prima conferenza degli Stati che sono parti contraenti del trattato. Vi hanno partecipato anche 34 Stati non aderenti, in qualità di osservatori. Ma in tutto questo movimento verso il disarmo nucleare l’Italia governativa è rimasta assente. A novembre si terrà la seconda conferenza degli Stati Parti al Palazzo di Vetro a New York. Come l’anno scorso per la prima conferenza, anche nel luglio scorso la Camera dei Deputati ha approvato una mozione che chiede al Governo di valutare la possibilità di partecipare come osservatore alla conferenza a New York.
Per noi, Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica, promotori della Campagna “Italia, ripensaci”, arrivare ad un avvicinamento del Governo italiano al TPNW è l’obiettivo! Per raggiungere, anche in un secondo momento, la ratifica dell’Italia e la rimozione delle armi nucleari da Ghedi e Aviano. Il primo passo potrebbe senz’altro essere quello di «osservare» la conferenza di novembre a New York. E il secondo di inserire nel programma della Presidenza italiana del G7 del 2024 il tema del disarmo e della non proliferazione nucleare. Che l’Italia ci ripensi, e torni a svolgere un ruolo importante nel consesso internazionale che si impegna per creare strumenti di disarmo e di pace.
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