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Tolstoj è morto, nessuno parla d’altro

Tolstoj è morto, nessuno parla d’altro

Grandi incontri Novembre 1910. In casa di Il’ja Repin, allora il più famoso pittore russo, si reagisce al lutto posando perché il grande fotografo Bulla immortali l’evento: tra l’intimo commiato e una sacrilega zingarata

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 20 agosto 2017

Attorno alla casetta del capostazione di Astapovo, nella quale dal 31 ottobre del 1910 giaceva Tolstoj, sceso dal treno con la polmonite, si era creato un clima di eccitazione senza precedenti. Una folla di giornalisti, cineoperatori, curiosi, lettori appassionati e agenti della polizia segreta circondava l’edificio, vagava, bivaccava come poteva nel buffet e in alloggi improvvisati. Isolato da un impenetrabile cordone di seguaci delle sue dottrine filosofico-religiose, il genio era sospeso tra la vita e la morte in un luogo assolutamente imprevedibile (il 28 ottobre si era reso protagonista di una clamorosa fuga dalla storica tenuta di Jasnaja Poljana e dalla moglie) sotto gli occhi di tutti ma a tutti inaccessibile. La fibrillazione informativa degna di epoche molto posteriori dura sette giorni, l’intera nazione resta con il fiato sospeso, tra bollettini medico-giornalistici fantasiosi quanto improbabili. Il 7 novembre la notizia della morte incontra una risonanza epocale.

La reazione al lutto
Nessuno parlava d’altro. In un paesino sulle sponde del mar Baltico, la foto di questa pagina ritrae gli interni della casa in cui viveva il pittore più famoso della Russia, Il’ja Repin, dove al lutto si reagisce con un impulso creativo tra il rituale artistico, l’intimo commiato e la sacrilega zingarata. Era presente, anche perché di casa avendo ritratto decine di volte gli ospiti illustri che facevano visita a Repin nel suo buen retiro, il fotografo più ricercato e alla moda, Carl Oswald Bulla, nato in Prussia e capace, da semplice fattorino di un atelier fotografico, di trasformarsi in uno dei primi riconosciuti maestri della nuova arte, specializzato in enormi foto di gruppo, nella rappresentazione degli spazi pubblici riempiti dalla folla: insomma, l’antesignano del fotoreporter. Due anni prima era stato autore di uno storico servizio di oltre cento splendidi scatti su Tolstoj a Jasnaja Poljana.

Repin era intimo amico dello scrittore, ne aveva realizzato dodici ritratti, venticinque disegni, tre busti e illustrato diciassette libri. L’allora giovane critico letterario Kornej Ciukovskij, vicino di casa di Repin, era stato tra gli ultimi a scrivergli per convincerlo a partecipare alla lotta contro la pena di morte. La seconda moglie di Repin, la scrittrice e pubblicista Natal’ja Nordman-Severova, condivideva con Tolstoj la fede nel vegetarianismo più assoluto (lei era vegana e vedeva nella rivoluzione della dieta profonde implicazioni socio-politiche, a beneficio fisico, morale e culturale delle masse diseredate). La foto li coglie mentre palesemente commentano il grande lutto, la storia che li sorpassa ma della quale si sentono se non protagonisti almeno compartecipi: decidono dunque di immortalare la loro posizione, il loro ruolo, il loro punto di vista in uno scatto che diventerà anch’esso storico.

Inquadratura condivisa
Autore della foto non può essere stato altri se non Carl Oswald Bulla, ma tanta e tale è la densità iconica, la molteplicità dei piani espressivi coinvolti che è giocoforza pensare a una condivisione della posa con Repin, l’artista di casa, autore di tutti i quadri coinvolti nella foto, ma anche con Nordman-Severova, tra le prime donne in Russia a studiare fotografia, e con lo stesso Ciukovskij, il più votato all’umorismo e alla creatività stravagante. L’atmosfera creata dalla casa che li riunisce è anch’essa importante: era stata comprata da Repin nel 1899 come regalo di nozze per Natal’ja nel piccolo borgo etnicamente finnico di Kuokkala, a 45 km da Pietroburgo. Ogni estate Repin allargava la rustica casa contadina, divenuta latinamente «Penati», con verande ottagonali a vetri, grandi finestre a ferro di cavallo, ripidi tetti spioventi, guglie anch’esse coperte di vetro, in quello spirito folclorico e fiabesco che contraddistingue il liberty in Russia.

I ritratti nello studio
Il fior fiore degli intellettuali pietroburghesi vi arrivava per posare a beneficio dei suoi insuperati ritratti, ospiti ogni mercoledì di stravaganti ma apprezzatissimi convivi, aperti a chiunque senza invito: Gor’kij, Andreev, Stasov, Kuprin, Rozanov, il giovane Majakovskij, Pasternak, Esenin il grande tenore Šaljapin, lo scienziato Pavlov e lo psichiatra Bechterev, erano presenze ricorrenti in questi incontri «dei Penati», dei quali Natal’ja era eccentrica e provocatoria animatrice, che sono entrati a pieno titolo nella storia della cultura russa fin de siècle, tra simbolismo e prime avanguardie.
Nello studio del pittore, sui drappi che sempre compaiono in qualche angolo delle foto di Bulla con Repin al lavoro, sono fissati i ritratti più recenti: della filantropa svedese Alice Trolle, del discepolo Isaak Brodskij e, in basso, di Kornej Ciukovskij, volitivo e festoso, che sembra invadere fisicamente il quadro di se stesso proprio mentre la sua posa in nitido profilo mima quella del ritratto di Brodskij sopra di lui.

A destra, su un cavalletto, il dipinto di più grande formato di Lev Tolstoj assieme alla moglie Sof’ja, eseguito da Repin nel 1907, accanto al quale è seduto il pittore, chino a leggere il giornale «Rec’», dispiegato a mostrare la gigantografia di Tolstoj in prima pagina. Di lato sulla destra, in piedi una accanto all’altra, le mogli di Repin e di Ciukovskij, Marija Gol’dfel’d, fissano entrambe Tolstoj, la prima sul giornale, la seconda sulla tela.
Per quanto obbediente a una coreografia studiata per una foto destinata a diventare immortale, in un contesto di quotidiana teatralizzazione dell’esistenza il tributo al grande amico appena scomparso è un gesto naturale e spontaneo. L’affastellamento di tele e personaggi, il confronto ostentato e speculare di ipostasi di primo e secondo grado (compresa una fotografia nella fotografia) sono perfettamente nello spirito del tempo, permeati da un relativismo che è tanto cognitivo quanto ontologico.

L’autore dentro il suo quadro su uno sfondo di quadri e persone soggetto di quadri è un rimando piuttosto diretto alle Meninas di Velázquez, anche se qui Bulla, proprio come nella rilettura che ne farà da lì a quarant’anni Picasso, si mette come ulteriore figura autoriale fuori e dentro il quadro.
Un secondo fondamentale livello di lettura sta poi nella simmetria sottesa alla composizione, apparentemente asimmetrica: nella fotografia sono presenti tre coppie: Repin e Nordman-Severova, Ciukovskij e Gol’dfel’d, Tolstoj e la leggendaria Sof’ja Andreevna Bers, compagna di quarantotto anni di vita, madre di tredici figli, donna d’intelletto e di polso, segretaria letteraria, amministratrice e curatrice dell’aspetto materiale e terreno del geniale marito, sognatore e filosofo, che nella sua incrollabile ricerca della verità e della conoscenza di Dio attraverso l’uomo si era prima allontanato dalla letteratura come finzione e diletto e poi, sempre più coinvolto nella sua dottrina radicalmente pacifista e pauperistica che andava trasformandosi in setta, aveva deciso di rescindere ogni legame con la pur modesta condizione di proprietario terriero e di scrivere un testamento di assoluta rinuncia al copyright.

La presenza di Sof’ja accanto a Lev non può essere considerata casuale, e la ricomposizione della coppia scissa dalla clamorosa fuga di cui da dieci giorni parlava tutta la Russia indica quale sia la posizione al riguardo da parte degli abitanti dei Penati: se per un verso molti degli ideali del tolstoismo erano condivisi da Repin e da Nordman-Severova, minore doveva essere la loro simpatia per gli estremismi settari, come testimonia anche l’allusione ai «superbi mercenari» nel telegramma di condoglianze di Repin.

La fuga di Tolstoj era stata, tuttavia, un gesto niente affatto senile e anzi lungamente meditato: se una costante tensione conoscitiva animava da sempre la sua opera-vita, mai avrebbe potuto concludersi in uno stallo. Nella rottura con la famiglia e il luogo simbolo della sua esistenza c’è grande determinazione, grande coraggio e anche la consapevolezza di non poter finire il proprio cammino terreno se non in cammino.
È anche un chiaro presentimento della morte, sul quale poi il virus della polmonite sarebbe materialmente intervenuto, e a dispetto della catena di verità ultime dettate ai discepoli prima e durante il delirio nella casetta di Astapovo, lascia tutto in sospeso, in irrisolto divenire. Irrisolto, del resto, è anche il destino comune della nazione sospesa sul baratro. Nulla di più simbolico di quella fuga iniziata il 28 ottobre secondo il calendario giuliano, che in Europa era già il 7 novembre, e conclusasi il 7 novembre in Russia, con doppio accento sulla data d’inizio della futura rivoluzione di ottobre/novembre.

Nulla sarebbe stato come prima, né in Russia, né nella ludica felicità dei Penati. Nordman-Severova, malata di tubercolosi, avrebbe seguito alla lettera l’esempio di Tosltoj, fuggendo in Svizzera senza accettare nessun aiuto da Repin per morirvi in assoluta indigenza nel 1914.
Prelevando poi dalla foto quelli che sarebbero stati i destini di Repin e di Ciukovskij qualcosa di paradigmatico si fa avanti a mostrare quanto aspettava i rappresentanti dell’intelligencija in tutta l’epoca sovietica. Repin emigra senza fare un passo, Kuokkala dopo la rivoluzione passa alla Finlandia indipendente e la scelta di Repin è la stessa di Bunin, Remizov, Andreev, Cvetaeva, Nabokov e di Bulla stesso: nessuna condivisione dell’universo dei soviet e fuga senza ritorno. L’unico rimasto in patria
Quanto a Ciukovskij, sebbene tanto legato a Kuokkala, protagonista di una delle sue creazioni più originali – l’almanacco manoscritto pluriautoriale denominato su idea di Repin Ciukokkala, sul quale dal 1914 al 1969 l’autore raccoglierà disegni e aforismi suoi e di decine e decine di improvvisati coautori, da Blok a Majakovskij, da Pasternak a Solženicyn – nel 1918 decide di restare in patria, prendendo parte con entusiasmo all’officina creativa e intellettuale degli anni venti, e in quel clima concepisce e realizza quasi per intero il suo universo favolistico, libero, antidogmatico, spumeggiante, autenticamente formativo del gusto per la finezza verbale, all’umorismo e del rispetto per i più deboli.

Con l’avvento dello stalinismo Ciukovskij sceglie la strada della vita sommersa, difficile equilibrio tra piccoli compromessi e rifiuto assoluto della prostituzione intellettuale, che pochi, ad esempio Pasternak, hanno saputo percorrere in epoca staliniana (per gli altri c’era stato l’annientamento) e che sarebbe invece divenuto canonico nel secondo Novecento per i tanti che, svolgendo attività paraletterarie, dalla traduzione alla scrittura per l’infanzia alla sceneggiatura, sopravvivevano cautamente dignitosi ai margini dell’ufficialità sovietica, riservando la vera ispirazione per il cassetto o per la clandestinità del samizdat.

Affinità di cuori
Di questa posizione orgogliosa ma senza eroismo (che invece rendeva paria sociali o apriva le porte dei compi di lavoro e dei manicomi) Ciukovskij, che pure aveva scelto di scrivere per i bambini grazie a una vocazione e non per ripiego, è l’antesignano e il modello.
Un’ulteriore variante di futuro che scaturisce dalla foto è quella di Isaak Brodskij (in alto a sinistra), che da brillante pittore modernista diverrà classico del realismo socialista. Sempre salda, a dispetto della distanza, sarebbe rimasta l’affinità dei cuori che legava Ciuko vskij a Repin, del quale il primo avrebbe curato le memorie e scritto una biografia. Il loro ultimo incontro sarebbe stato nel 1925, quando Ciukovskij viene inviato ufficialmente a Kuokkala allo scopo di convincere Repin a tornare in patria: vuole la leggenda che in segreto gli abbia suggerito il contrario.

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