Toh, si rivede la palla ovale
Rio 2016 Novantadue anni dopo il rugby rimette piede ai giochi olimpici. I campioni sono ancora gli Stati uniti che nel 1924 vinsero l’ultimo torneo sotto l’egida dei cinque cerchi. Ci sarà anche la rivelazione Figi, insieme alle corazzate Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica e Argentina
Rio 2016 Novantadue anni dopo il rugby rimette piede ai giochi olimpici. I campioni sono ancora gli Stati uniti che nel 1924 vinsero l’ultimo torneo sotto l’egida dei cinque cerchi. Ci sarà anche la rivelazione Figi, insieme alle corazzate Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica e Argentina
Parigi 1924 e ora Rio de Janeiro 2016. In mezzo, il nulla. Novantadue anni dopo la sua ultima apparizione, il rugby rimette piede alle Olimpiadi. Per rivedere una palla ovale ai Giochi è dovuto passare quasi un secolo di storia. Da un punto di vista formale, i campioni olimpici in carica sono ancora gli Stati uniti che nel 1924 vinsero l’ultima edizione di un torneo di rugby disputato sotto l’egida dei cinque cerchi. Fu un piccolo torneo, con soltanto tre squadre partecipanti – oltre agli States, la Francia e la Romania – conclusosi con il successo a sorpresa degli americani (17-3) contro i padroni di casa. Quel giorno allo stadio di Colombes c’era una folla di 25 mila persone che non prese affatto bene la vittoria degli yankees: scoppiarono incidenti tra gli spettatori e il campo di gioco fu invaso. Fine della storia: quattro anni dopo, ad Amsterdam, il rugby era sparito dal programma, vuoi per il disinteresse dell’International Board, egemonizzato dai britannici, vuoi per lo scarso entusiasmo del CIO.
Prima del 1924 si erano disputati altri tre tornei olimpici. Il primo a Parigi, nel 1900, e ancora con sole tre squadre (Francia, Germania e Inghilterra), messe insieme in maniera piuttosto casuale e vittoria finale francese. Poi Londra 1908 con la partecipazione della sola Australia e, udite udite, della Cornovaglia, scelta dalla Rugby Union inglese in quanto campione delle contee. Ovviamente vinsero gli aussies. Infine Anversa 1920 con la sola partecipazione della Francia e degli Stati uniti, e anche in questa occasione la vittoria andò ai transalpini, che sembravano i soli a prendere sul serio il matrimonio tra rugby e olimpiadi.
Che cosa non aveva funzionato nel rapporto tra questa disciplina e i Giochi? Sicuramente la totale autonomia con cui il rugby si muoveva rispetto al mondo olimpico: l’International Board non aderiva al CIO e non dimostrava alcun interesse a impegnarsi affinché la presenza del mondo ovale ai Giochi raggiungesse una certa consistenza.
E così, anno dopo anno, mentre altre discipline entravano a far parte del programma ufficiale, il rugby ne restava ostinatamente fuori. A questo si aggiungevano le difficoltà legate alla durata del torneo: il rugby a 15, meglio noto come rugby union, ha bisogno di tempi lunghi per consentire ai giocatori di recuperare tra una partita e l’altra (il mondiale dura quasi due mesi) e i Giochi non consentono intervalli tanto lunghi. Dai primi anni Sessanta a oggi, buona parte del dibattito sulla riammissione del rugby nel consesso olimpico si è bloccato di fronte a queste difficoltà e solo nel 2002 si è trovata la soluzione optando per la versione del Rugby Seven. La delibera finale è stata votata nel 2009.
Dunque si giocherà il Seven, che è una versione «corta» del più noto rugby a 15. Il campo è lo stesso del rugby union ma la partita si gioca in due tempi da 10 minuti (anziché 40’). In caso di parità si procede con i supplementari da 5’. La trasformazione di una meta avviene calciando in drop invece che con il classico piazzato. Ogni squadra è formata da 3 avanti, un mediano di mischia e 3 trequarti. Si gioca in velocità, sfruttando l’agilità più che la forza fisica, e la capacità di creare spazi e sovrannumero risultano quasi sempre decisivi ai fini della vittoria.
La durata ridotta dei match consente alla stessa squadra di giocare più partite nella stessa giornata: i tradizionali tornei di Seven si svolgono solitamente nell’arco di un weekend, con una rotazione continua di squadre impegnate sul campo di gioco. A Rio il torneo femminile si svolgerà dal 6 all’8 agosto, quello maschile dal 9 all’11.
Gli amanti del rugby a 15 non vedranno però in campo tutte le home unions britanniche: Scozia, Galles e Inghilterra saranno infatti riunite sotto la bandiera della Gran Bretagna, non essendo le singole federazioni affiliate al CIO. Ci saranno invece le quattro grandi nazioni dell’Emisfero Sud: Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica e Argentina.
E ci sarà soprattutto Figi, che da anni contende ai neozelandesi la supremazia mondiale in questa versione «corta e agile» della palla ovale. In molti scommettono sulla prima medaglia olimpica nella storia della partecipazione dei figiani ai Giochi.
Altra nazione da tenere d’occhio è il Kenya, che da anni partecipa ai Sevens World Series (il campionato mondiale del rugby a sette che si svolge in più tappe) e che quest’anno si è aggiudicato il Singapore Sevens.
Le altre partecipanti sono gli Stati uniti (dove il Seven è attualmente lo sport con il più alto tasso di sviluppo), la Francia, il Giappone, il Brasile (in qualità di nazione ospite) e la Spagna. Niente Italia, per ora distante dai piani alti del Rugby Seven.
Sia il CIO che World Rugby (l’ex International Board) si dicono certi che il Seven alle olimpiadi sarà un successone. La durata del torneo concentrato in due giorni, la spettacolarità e la velocità delle azioni di gioco e la presenza di grandi campioni già affermati nel rugby a 15 (il gallese Justin Tipuric, il sudafricano Brian Habana, il neozelandese campione del mondo Sonny Bill Williams, l’australiano Quade Cooper) dovrebbero creare intorno all’evento un grande interesse di pubblico. Comunque vada, ben tornato rugby.
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