Fino a mezz’ora fa la pista da ballo era vuota. Nessuno si lanciava in giravolte, né ondeggiava i fianchi né sorrideva raggiante. I più audaci abbozzavano passi di salsa, ma in disparte, schivando le luci stroboscopiche. Ora però più della metà della folla che riempie il Multiforo Alicia, nel quartiere Roma di Città del Messico, si dimena a ritmo della cumbia che le Musas Sonideras hanno selezionato per la serata.
Dal palco le muse – Sonido Sharon, La Princeza Talybana, SolSalsita La chaparrita del sabor, La Musa Mayor -, saggiano i gusti del pubblico, lo incoraggiano: «Vamos a ponerle sabor! vamos a ponerle sentimiento!».

«NELLA SCENA DEI SONIDEROS è stato difficile ingraziarsi il pubblico femminile: molte donne se ne andavano quando iniziavo a suonare io, era demoralizzante. Oggi però sono loro le nostre principali alleate». A parlare è Marisol Mendoza alias La Musa Mayor. Lunga chioma color ebano e un sorriso contagioso, nel 2017 Marisol ha fondato Musas Sonideras: un collettivo che riunisce circa 40 donne dai 13 ai 63 anni che vivono in Messico e negli Stati uniti.
Condividono l’amore per il sonidero, fenomeno musicale nato verso la fine degli anni 50 nei quartieri popolari della metropoli mexica che ha per palcoscenico la strada e si distingue per i tipici saludos che il dj – il sonidero – invia alle persone presenti come a chi si trova lontano ma fa parte della comunità, del barrio.
Come altre arene musicali anche quella dei sonideros è stata storicamente dominata dagli uomini; tuttavia, con il passare degli anni, sempre più donne sonideras rivendicano il diritto di ricevere pari riconoscimento e rispetto.
«SI TRATTA DI UN PROCESSO di apprendimento intenso, mosso dalla convinzione che non ci devono fermare, che non dobbiamo chiedere il “permesso” ai nostri mariti per andare a suonare. Viviamo in un sistema patriarcale e all’interno di Musas tante sono arrivate e se ne sono andate – racconta Marisol -. Gli uomini hanno molte possibilità di raggiungere il successo, per le donne invece è il contrario. E così per farmi strada prendo a calci quella che mi sta accanto: abbiamo imparato che bisogna fare da parte le altre, non che si può camminare insieme. Sarà un lavoro molto lungo, ecco perché ho iniziato a usare slogan come “fino a che la sorellanza diventerà un’abitudine”».
Marisol è nata ad Azcapotzalco, nel nord di Città del Messico: terra orgogliosamente sonidera e danzante conosciuta anche come Azcaposalsa. Ha lavorato per 14 anni come operatrice culturale, partecipando a iniziative come El Proyecto Sonidero, da cui nasce il libro Sonideros en las aceras véngase la gozadera, e il documentario Yo no soy guapo.
Suo padre, Ricardo Mendoza, è stato il fondatore di Sonido Duende: icona della cultura sonidera di Città del Messico.
Insieme alla sua famiglia Marisol ha viaggiato in diverse città messicane, vivendo non della musica ma con la musica. Durante queste peregrinazioni sonore si è resa conto che i talenti femminili non mancavano: Lupita La Cigarrita, Jaqueline Malagón Sonido La Dama, Ely Fania e, prima ancora, Sonido La Socia, Guadalupe Reyes Salazar: la pioniera che, già dalla fine degli anni 60, diffuse il sonidero nell’antico e indomito barrio di Tepito, nel centro di Città del Messico.
«MOLTE DELLE MUSAS esistevano già, non le ho certo tirate fuori dal nulla. Alcune suonano da 25 anni! – precisa -. Ci siamo unite perché insieme siamo molto più forti».
È una sera tiepida di inizio febbraio e Marisol è ospite del programma radio My Soul 369-Música Caliente che Karina Camacho, alias Mama Rumba, trasmette dalla sua casa di Azcapotzalco. L’entrata angusta, che di giorno funziona come negozio di prodotti per cani e gatti, ora è uno studio radiofonico rudimentario.
Le Musas non partecipano solo in grandi eventi festivi, ma rafforzano le alleanze tra donne promuovendo progetti indipendenti, mobilitazioni femministe e lotte sociali come la depenalizzazione dell’aborto.Questa sera Marisol è accompagnata da sua madre, Elfega Gómez, in arte Sonido Butterfly: la più anziana delle muse. Da una borsetta decorata con geometrie gialle e rosa, le due donne selezionano con destrezza un 45 giri dopo l’altro. Si tratta di cimeli provenienti dal baule della dinastia Duende – un’eredità di quasi 10 mila vinili, molti vecchi più di 40 anni -, perle rare come il son Ratón de velorio della storica formazione cubana La Gloria Matancera e Sal y agua, vallenato colombiano del fisarmonicista Aníbal Velásquez.
LA VOCE DI MARISOL si insinua – piena, sensuale, perentoria – tra una strofa e l’altra delle canzoni che risuonano con il tipico tono rauco delle incisioni fatte su acetato. La sonidera gioca con i versi, li ripete, invita chi ascolta a lasciarsi conquistare dalla musica. Nell’attività del sonidero la voce è uno strumento potente che propizia il ballo e crea comunità.
«La mia voce è arrivata fino a Chicago, a Los Angeles, in Colombia: posti dove non sono potuta andare fisicamente. Come dice Celia Cruz, però, ha attraversato i confini ed è bello che almeno lei possa volare così», spiega Marisol. Durante la pandemia ha suonato in concerti virtuali, è stata ospite di programmi radio e seminari accademici sulla storia della cumbia. Il suo animo di organizzatrice non la lascia quieta: sa che per le sonideras – molte donne che hanno lavori precari e che spesso si fanno carico da sole dei figli – gli ostacoli sono maggiori. Il machismo che contraddistingue l’ambiente sonidero continua a escluderle.
«LE DONNE STANNO LOTTANDO per organizzare una logistica propria. Delle 40 muse, 15 hanno già un sound system completo – afferma fiera. E ripete il grido di battaglia delle muse in cui, con un gioco di parole, la musica – in particolare la cumbia – diventa risorsa preziosa per cambiare lo status quo. «Las mujeras – donne, dice Marisol – vamos a cumbiar el mundo».