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Todde: «I 5S con Pd e sinistra costruiscano l’alternativa alle destre»

Todde: «I 5S con Pd e sinistra costruiscano l’alternativa alle destre»Alessandra Todde – Ansa

Intervista La presidente della Sardegna: «La coalizione non fa perdere voti, il Piemonte lo dimostra. Trump? Siamo fermamente progressisti»

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 7 novembre 2024
Andrea CarugatiINVIATO A TERNI

Nonostante il clima tra Pd e M5S non sia dei migliori, Alessandra Todde, presidente della Sardegna, ci mette di nuovo la faccia: è a Terni, per un comizio a sostegno della candidata di centrosinistra Stefania Proietti, insieme a Elly Schlein, Elisabetta Piccolotti di Avs e la sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi. Cinque donne per resuscitare il campo progressista nel giorno della vittoria di Trump.

Nel M5S in molti sorridono per la vittoria del presidente di estrema destra. Lei è una delle poche ad aver apertamente sostenuto Harris. Trump alla Casa Bianca inciderà sulla vostra collocazione a sinistra?
In tanti la pensano come me, e cioè difendono una traiettoria convintamente progressista. E del resto la nostra adesione al gruppo Left in Europa non è compatibile con una politica trumpiana. Rispetto la scelta democratica degli americani e spero che questo cambio di leadership porti a un atteggiamento diverso nei conflitti in Ucraina e Medio Oriente: spero si ponga fine a queste guerre.

Lei ha vissuto negli Usa. A cosa si deve questo voto?
Alla preoccupazione per le condizioni economiche e all’aumento dei divari sociali. C’è una diffusa paura e una delusione per l’amministrazione Biden che ha spinto le persone a votare per la destra: c’era una forte voglia di cambiamento e la destra, non solo negli Usa, è più brava a dare risposte alle paure, alla pancia degli elettori.

Però il 5S resterà a sinistra. Ne è sicura?
Noi facciamo saldamente parte di un fronte progressista. Credo che occorra lavorare seriamente per costruire un’alternativa che non può essere né improvvisata né tattica. Il Movimento sta affrontando una fase costituente per costruire un’identità chiara e rinnovata, dunque non è il momento per parlare di alleanze strutturali. Non sarebbe serio.

Dal Pd vi chiedono di strutturare l’alleanza per essere più credibili come alternativa a Meloni. Chiara Appendino sostiene invece che l’abbraccio coi dem vi fa perdere voti.
Non sono d’accordo con Chiara, lo dico apertamente. Noi dobbiamo crescere dentro un’alleanza, con pari dignità. In Sardegna abbiamo funzionato perché avevamo fatto opposizione insieme 5 anni, si era costruito un rapporto di fiducia. Il M5s può crescere elettoralmente dentro un’alleanza, e esprimere una leadership in termini di programmi e valori. A me non spaventa la diversità, ma chi si vuole arroccare.

Dunque il rapporto col Pd non vi fa perdere voti?
Io penso che i nostri elettori vogliano costruire un’alternativa alle destre, indipendentemente dal singolo risultato elettorale. È un nostro dovere: dobbiamo decidere se vogliamo solo fare testimonianza o provare davvero a cambiare le cose. Io vorrei provare a incidere, come in Sardegna.

Eppure dopo ogni sconfitta, dall’Abruzzo alla Liguria, nei 5S crescono le voci che spingono lontano da un’alleanza.
In politica si vince e si perde. Nei territori il consenso va costruito, e su questo noi abbiamo dei problemi. È sbagliato dire che la colpa è della coalizione. In Piemonte ad esempio siamo andati da soli e abbiamo avuto risultati non molto diversi dalla Liguria. .

Tra i vostri si è detto che Orlando era un candidato troppo poco innovativo per gli elettori 5S.
Mi pare un giudizio ingeneroso verso Orlando, che conosco e stimo. In Liguria come in Abruzzo c’è una contrapposizione tra città e aree rurali: il centrosinistra riesce a penetrare di più nelle aree urbane, meno dove c’è più disagio e minore propensione al cambiamento. Non importa se subiamo delle sconfitte, l’importante è credere nei progetti che presentiamo ai cittadini. Nella mia vita professionale ho subito diversi fallimenti, ma alla fine i risultati sono arrivati. Dobbiamo fare lo stesso percorso.

In passato il M5S, a differenza del Pd, era forte anche fuori dalle aree urbane, nei ceti più svantaggiati e in periferia. Perché avete perso questa presa?
Nei territori abbiamo gruppi che si sono chiusi, sono diventati autoreferenziali e non riescono più a portare il messaggio del Movimento: è uno dei temi chiave della nostra costituente, come tornare tra le persone.

In cosa dovreste cambiare?
Bisogna investire di più nella classe dirigente valorizzando le esperienze e consentendo alle persone che hanno fatto due mandati di mettersi ancora in gioco, magari come sindaci. Questo non vuol dire creare sacche di potere o fermare il rinnovamento: serve più elasticità.

Cosa si aspetta dalla costituente di fine novembre? La leadership di Conte è in discussione? Anche nome e simbolo?
Nome e simbolo vanno discussi, così come dobbiamo fare chiarezza sui nostri valori fondanti: io penso che dobbiamo diventare la forza che più difende la Costituzione, a partire da sanità e lotta alle diseguaglianze. Conte ha detto che la sua leadership è a disposizione, e gli fa onore, ma io credo che nei fatti sia solida: ha traghettato il Movimento attraverso passaggi molto difficili, come la scissione. Ñon mi piace invece che Grillo cerchi di influenzare la nostra comunità: abbiamo tutto il diritto di cambiare pelle, non ci sono padroni.

Anche il fondatore può dire la sua.
Non dubito che lo farà, ma non da padrone, si confronterà con tutti gli altri. La nostra comunità è diventata matura.

Lui vorrebbe tornare al passato, al vaffa, al movimento antipolitico.
Abbiamo capito che non bisogna rivolgersi alla pancia delle persone, ma costruire. Le persone non hanno bisogno di populismo becero. In passato abbiamo incanalato il dissenso nelle istituzioni: ora dobbiamo rivendicare la nostra maturità.

Come vede la partita in Umbria?
Se gli umbri sono soddisfatti della sanità, del lavoro e del governo della regione possono confermare il governo di destra. Se vogliono cambiare Proietti è la soluzione migliore: una persona che sa unire mondi, sa parlare ai più fragili, sa indignarsi per le diseguaglianze.

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