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TikTok al centro della guerra fredda Stati uniti-Cina

TikTok al centro della guerra fredda Stati uniti-CinaLa testimonianza di Shou Chew al Campidoglio – Tom Williams/Ap

Stati uniti L'Udienza al Campidoglio di Shou Zi Chew, Ceo della piattaforma video

Pubblicato più di un anno faEdizione del 24 marzo 2023

«Ai cittadini americani che ci guardano: TikTok è un’arma del Partito comunista cinese». Le parole di Cathy Rodgers, presidente repubblicana del comitato della Camera Usa che ieri ha interrogato per oltre quattro ore il Ceo di Tik Tok, Shou Zi Chew, danno la misura della posizione ostile statunitense nei confronti della piattaforma social.

ALL’UDIENZA Chew aveva la “missione” di tranquillizzare i deputati in merito all’uso dei dati dei cittadini statunitensi da parte della piattaforma – di proprietà della cinese ByteDance con sede a Pechino -, oltre che sull’impatto negativo che il social ha sugli utenti più giovani. «Comprendo le preoccupazioni derivanti dall’imprecisa convinzione che la struttura corporativa di TikTok la obblighi a condividere informazioni sugli utenti Usa con il governo cinese. Questo non è assolutamente vero», sono state infatti le prima parole di Chew. Dopo essere stata proibita sugli smartphone di membri e dipendenti di Commmissione, Parlamento e Consiglio dell’Unione europea, dei funzionari governativi di Regno unito, Canada, Nuova Zelanda, Belgio, Danimarca, Norvegia, Paesi bassi e gli stessi Usa, Tik Tok è infatti a rischio di essere bandita dai telefoni di tutti i cittadini degli Stati uniti, Paese dove ha oltre 150 milioni di utenti. L’amministrazione Biden vuole che il social venga venduto a una compagnia americana – o che si rassegni a lasciare l’America, come già aveva cercato di imporle senza successo Donald Trump.

Comprendere la crociata dell’amministrazione statunitense contro una piattaforma rea sostanzialmente delle medesime malefatte di tutte le altre compagnie tech – dalla raccolta smodata di dati all’utilizzo di algoritmi opachi e nocivi alla diffusione di disinformazione – è impossibile se non nel contesto dello scontro Cina/Usa, in cui proprio il settore tecnologico è uno dei campi di battaglia più agguerriti. E nel quale va inserito anche un fatto di non poco rilievo: le principali compagnie tech Usa, da YouTube a Facebook, sono già bandite in Cina da oltre 10 anni. Uno scontro esemplificato dal fatto che ieri al Campidoglio quella di Chew era solo una delle tante udienze incentrate sulla Cina: fra le altre, una sul suo ruolo nella crisi legata all’”epidemia” del consumo di Fentanil e un’altra incentrata sulle «operazioni di influenza globale» di Pechino.

POCO PRIMA che iniziasse l’udienza del Ceo di TikTok, un portavoce del ministero del Commercio cinese ha comunicato che la Cina si «opporrà fermamente» alla vendita della piattaforma a una compagnia Usa. «La morale della favola – osserva il New York Times – è che Pechino ha l’autorità legale per intervenire sul business di Tik Tok, e indagare i suoi contenuti – proprio il fulcro delle preoccupazioni statunitensi». Non un grande assist all’impresa “diplomatica” di Chew, che come notano tutte le testate americane è stato «grigliato» dai deputati con molta aggressività e molti meno riguardi di quelli mostrati nei confronti dei Ceo di compagnie americane, che pure hanno testimoniato su casi molto controversi – come ad esempio Mark Zuckerberg convocato al Campidoglio per il Russiagate. Non è stato d’aiuto neanche un grave precedente per la piattaforma video: lo scorso dicembre TikTok ha dovuto ammettere che «alcuni dipendenti» di ByteDance (dipinti come le classiche “poche mele marce”) hanno violato la privacy di giornalisti americani che indagavano proprio su TikTok, nel tentativo di scoprire la fonte di indiscrezioni venute dall’interno dell’azienda.

Nel corso dell’udienza, Chew ha cercato di riproporre il piano di autoregolamentazione già presentato mesi fa dalla sua compagnia per poter continuare a operare negli Stati uniti: il Progetto Texas. In base al piano, tutti i dati dei cittadini Usa verrebbero custoditi da server sul suolo nazionale e gestiti dalla compagnia Oracle, con base proprio in Texas. Una promessa che non è bastata all’amministrazione Biden, né al comitato bipartisan che ha interrogato Chew, in un raro caso di concordia fra democratici e repubblicani.

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