Europa

Terremoto in Francia, partono le grandi manovre

Terremoto in Francia, partono le grandi manovreMarine le Pen a un comizio del Rassemblement National; sotto Emmanuel Macron – Ap e Ansa

Cuore di tenebra La sinistra ha meno di una settimana per trovare una soluzione unitaria contro Le Pen. Anche l’estrema destra si muove, all’orizzonte il «modello Italia» con dentro i Républicains

Pubblicato 5 mesi faEdizione del 11 giugno 2024

Una manifestazione ieri sera a République organizzata dal sindacato Cgt e dal partito di Mélenchon, France Insoumise, per un «fronte popolare contro la crescita dell’estrema destra». Una riunione nel pomeriggio di verdi, Lfi e Partito comunista, ma con degli assenti di spicco, nella sede degli Ecologisti per ritrovare un’intesa, mentre l’ex primo ministro socialista Bernard Cazeneuve chiede un’unione della sinistra «di governo» e il Partito socialista con Place Publique propongono un «fronte popolare» delle formazioni di sinistra e dell’ecologia. Un appello di 350 intellettuali, tra cui la scrittrice Annie Ernaux, per un’unità a sinistra.

L’annuncio a sorpresa di Emmanuel Macron di domenica sera, che pochi minuti dopo i primi risultati delle europee ha convocato in tempi strettissimi le elezioni legislative anticipate, stanno creando un terremoto nel mondo politico. Le elezioni sono il 30 giugno e il 7 luglio per il secondo turno, le liste devono essere presentate tra il 12 e il 16 giugno: c’è meno di una settimana per trovare una soluzione unitaria, per evitare che la scommessa pericolosa di Macron non si trasformi nel trionfo dell’estrema destra.

ANCHE LA DESTRA della destra si muove: ieri, Marion Maréchal, capo-lista di Reconquête che è riuscita a superare di poco lo sbarramento del 5% e che, a differenza del leader Eric Zemmour, non ha mai criticato apertamente il Rassemblement national della zia Marine Le Pen, si è recata nella sede del Rn e ha lanciato un appello per l’unione delle destre, cioè il “modello italiano”, un’asse che dovrebbe comprendere anche i Républicains. Anche il capo-lista Jordan Bardella ieri ha teso la mano ai Républicains, di nuovo sul “modello Meloni”.

L’annuncio delle elezioni anticipate ha creato confusione anche a Renaissance, il partito di Macron. La proposta del ministro degli Esteri e capo del partito, Stéphane Séjourné, di desistenza di fronte a un candidato dell’area “repubblicana” non ha ottenuto consensi. Eric Ciotti, segretario di Lr, ha respinto la proposta. «Macron è finito, non si riprenderà» afferma.

Come ricostruire la barriera sanitaria contro l’estrema destra quando sono stati lo stesso Macron o il primo ministro Gabriel Attal a intronizzare il leader del Rn Bardella come principale oppositore? E a svalutare l’allora prima ministra, Elisabeth Borne, che insisteva sulla necessità “morale” di opporsi? Dopo aver ripreso questo filo durante le celebrazioni dello Sbarco in Normandia prima del voto, ancora ieri Macron ha insistito sulla denuncia dell’«impensabile, dell’indicibile» a Oradour-sur-Glane, dove ha ricordato con il presidente tedesco Franz-Walter Steinmeier il massacro il 10 giugno del 1944 di 643 abitanti, molte donne e bambini, il più grave della seconda guerra, da parte dei nazisti. Steinmeier ha espresso «vicinanza» e il suo «sentimento di vergogna».

INTANTO, C’È l’interrogativo sul perché Macron abbia scelto la via avventuristica delle elezioni anticipate. La presidente dell’Assemblée Nationale, Yaël Brun-Pivet ha espresso le sue perplessità: c’era un’altra strada. Poteva essere tentato un ritorno alla natura originaria del “macronismo”, un bilanciamento tra destra e sinistra caso per caso, mentre nel secondo mandato Macron si è spostato decisamente sull’ala di destra e ha ridimensionato il peso degli ex socialisti che si erano uniti alla sua avventura politica.

Macron vuole mettere alla prova il Rn, vuole andare a “vedere” il bluff per mostrare che sono inadeguati? Scommette che mai il Rn riuscirà ad avere 200 deputati in più degli 88 di adesso per avere una maggioranza? È un gioco estremamente pericoloso, per la Francia, ma anche per l’Europa. Lo scontro originario – progressisti contro populisti – che ha permesso a Macron di sconfiggere due volte Marine Le Pen oggi può essere un’arma spuntata. Il voto delle europee ha mostrato che il Rn è diventato un partito acchiappatutto, che va al di là del nucleo originario, ormai la barriera che ponevano pensionati, donne, quadri superiori, aree urbane, è crollata.

Il voto all’estrema destra è in tutte le regioni (il Rn è arrivato in testa persino in Bretagna e nell’Ile-de-France, regioni che finora tenevano, ha vinto in grandi città come Marsiglia, Nizza, Reims, Le Havre, resiste invece Parigi, dove l’estrema destra è solo all’8,5%). Il 90% degli elettori di Marine Le Pen alle presidenziali hanno votato di nuovo Rn, mentre questa percentuale crolla per gli elettori di Macron al primo turno nel 2022. C’è risentimento, una grande nostalgia per la Francia del passato, paese che si pensava potente, un desiderio di ritorno all’ordine, che si traduce nel rigetto dei nuovi venuti, gli immigrati e i loro figli francesi.

La «chiarificazione indispensabile» di cui parla Macron di fronte alle difficoltà di governare senza maggioranza assoluta, investe anche la sinistra. Gli equilibri sono cambiati all’interno, con il voto delle europee. Da questa parte il Ps è il primo partito, la France Insoumise non è più il più forte, mentre i Verdi sono in netto calo, il Pcf resta marginale.

NELLA CAMPAGNA sono volati gli insulti. Tra Ps e Lfi resta un abisso, sia sulla governabilità che sull’economia o la politica estera (in particolare l’Ucraina, mentre entrambi sono d’accordo per un riconoscimento della Palestina). Ma c’è tensione anche all’interno o ai margini di Lfi. Ieri, alla riunione era assente François Ruffin, rivale di Jean-Luc Mélenchon, che per primo ha parlato di “fronte popolare” ed è su una linea compatibile con la social-democrazia.

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