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Telefonata Shoigu-Austin. No di Kiev al dialogo «forzato»

Telefonata Shoigu-Austin. No di Kiev al dialogo «forzato»L’evacuazione in corso dei civili rimasti a vivere nella Kherson occupata dalle truppe russe – Epa

Crisi ucraina Usa e Russia: tenere i canali aperti. Erdogan insiste: Zelensky e Putin potrebbero vedersi. Ma il governo ucraino chiude al negoziato e accusa i russi di aver minato la diga di Kakhovka

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 22 ottobre 2022

L’Ucraina passa alle minacce: «Se la Russia distruggerà la diga di Kakhovka, colpiremo ancora più duramente». A scriverlo è stato il capo di gabinetto del presidente Zelensky, Andriy Yermak, che non ha risparmiato dure critiche a quanti in Occidente vorrebbero che il conflitto terminasse a ogni costo.

I negoziati con il Cremlino, secondo Yermak, sarebbero solo dei proclami interessati di «politici vecchi o ancora in carica e influenti uomini d’affari» che pensano al bene di tutto ma non «al bene dell’Ucraina e della giustizia».

«LA MINACCIA nucleare non ha funzionato – scrive il consigliere presidenziale – e ora vogliono terrorizzare tutti facendo saltare l’impianto idroelettrico di Khakovka, l’obiettivo è costringerci a iniziare i negoziati alle loro condizioni; ma ciò non succederà, l’Ucraina non soccomberà a una pace imposta mediante coercizione».

In queste poche frasi è possibile ritrovare molti dei temi trattati ultimamente dall’opinione pubblica internazionale: la paura effettivamente evocata dalle parole di Zelensky di ieri mattina sul possibile disastro che causerebbe l’esplosione di una delle principali dighe ucraine sul fiume Dnipro, proprio sopra Kherson; o ancora le dichiarazioni di Elon Musk (uno degli «influenti uomini d’affari») sulla necessità di trovare un accordo sulla Crimea; le ricostruzioni fallaci di Silvio Berlusconi (il «vecchio» politico) e i legami passati di parte del governo tedesco con il Cremlino. Fino alla telefonata di ieri tra i ministri della difesa di Stati uniti e Russia.

Yermak, probabilmente in nome del suo capo, ma forse anche di parti del governo di Kiev più oltranziste, si fa portavoce di un grande «niet» a una possibile riapertura dei tavoli diplomatici e ribadisce ancora che il suo governo non ha intenzione di cedere un centimetro, soprattutto ora che, come ritiene, «i russi agonizzano».

MA ANDIAMO con ordine. Da 48 ore sappiamo che le autorità filorusse avrebbero iniziato le operazioni di evacuazione dalla riva ovest di Kherson verso la parte orientale della città, controllata più stabilmente dalle truppe di Mosca.

Anche i militari russi più esperti starebbero cambiando postazioni, mentre i nuovi coscritti (circa 2mila) sarebbero lasciati a presidiare temporaneamente la sponda contesa.

Per impedire ai nemici di trasportare mezzi e armamenti, gli ucraini ieri mattina hanno bombardato il ponte Antonivskiy che collega le due parti della città. Secondo le autorità filo-russe, nell’attacco avrebbero perso la vita quattro civili colpiti durante l’evacuazione. Kiev nega di aver colpito civili, pur confermando l’attacco.

Intanto, Zelensky ha già scatenato la creatività dei grafici informatici e degli analisti dichiarando che a quanto gli risulta i militari russi avrebbero piazzato una serie di cariche sulle pareti della diga della centrale idroelettrica di Kakhovka così da inondare tutta la zona della foce del Dnipro che arriva a Kherson.

IN DIVERSE previsioni diffuse on line si vedono già le rive del fiume molto più ampie e le decine di insediamenti che ne verrebbero sommersi. La motivazione di quest’azione sarebbe proprio l’allargamento del letto del fiume in modo da fermare l’avanzata ucraina.

Tuttavia, il vice-capo dell’amministrazione filorussa di Kherson, ripreso dall’agenzia russa Ria Novosti, ha negato categoricamente che le forze di Mosca abbiano intenzione di distruggere la diga.

Kiev non si fida e ha chiesto una missione internazionale che invii osservatori sulla struttura per «scongiurare una catastrofe» che potrebbe colpire più di 80 villaggi, secondo le parole di Zelensky stesso.

IN QUESTO CLIMA così teso si è svolta una telefonata tra il ministro della Difesa russo, Sergey Shoigu, e il suo omologo statunitense, Lloyd Austin. Secondo una dichiarazione del Pentagono, Austin ha sottolineato l’importanza di «mantenere le linee di comunicazione attive anche nel mezzo della guerra in corso contro l’Ucraina». Dal lato del Cremlino, si è saputo che «sono state discusse questioni di sicurezza internazionale e la situazione in Ucraina» ma Shoigu non ha chiarito oltre.

In serata anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha preso parola sul conflitto ucraino, dichiarandosi fiducioso sull’eventualità di riuscire a far incontrare i due leader in guerra che, secondo Ankara, sarebbero «meno rigidi rispetto ai mesi scorsi» sulla possibilità di riprendere i negoziati.

Al momento, come abbiamo già riscontrato in questi otto mesi, la situazione sul campo e la diplomazia internazionale viaggiano su due canali divergenti.

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