Economia

Tavares: «La fusione è uno scudo contro le chiusure»

Tavares: «La fusione è uno scudo contro le chiusure»La conferenza stampa di Carlos Tavares, ad di Stellantis

Stellantis Il nuovo capo: potremo vendere i nuovi modelli in tutto il mondo e renderli profittevoli. Conferenza stampa virtuale e globale. Oggi l'incontro con i sindacati

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 20 gennaio 2021

Il «giorno 1» di Stellantis è dominato da una parola: «scudo». Nelle quasi due ore di conferenza stampa virtuale Carlos Tavares, il capo del nuovo gruppo che nasce, la usa almeno cinquanta volte. La metafora sta a significare che la fusione fra Psa e Fca crea una protezione specie alle parti più a rischio del nuovo gruppo. E purtroppo le fabbriche italiane sono al primo posto nelle domande dei giornalisti da tutto il mondo.
E così i 55 mila lavoratori italiani – su 400 mila globali – si aggrappano alla metafora e alla promessa che «nessuna fabbrica sarà chiusa per la fusione», ripetuta anch’essa più volte.
Il loro nuovo capo è lontano anni luce da Sergio Marchionne. Il portoghese Carlos Tavares si presenta – oggi lo farà anche ai sindacati – ai suoi nuovi dipendenti in modo molto francese e affabile: doppio microfono, tavolino – da cui a un certo punto cadono le slide – con dietro un mobile basso con lampada e volante. Niente filosofia, niente prepotenza, niente maglioncino.
Realismo, adattabilità e concetti ripetuti allo sfinimento per farli passare sui media di tutto il mondo collegati. «Lavoro in questo settore da 40 anni e so che bisogna sempre cambiare e adattarsi», è la frase chiave che lo distingue da Marchionne che veniva dalla finanza e l’ha portata nell’auto con una «rivoluzione» che ha lasciato da 10 anni in cassa integrazione gran parte dei lavoratori italiani.
Il piano Tavares ha una sua logica: «Diventare i leader della mobilità sostenibile nel mondo puntando su un numero di marchi – ben 14 – che nessun altro ha». La scommessa è forte: «Usare i 5 miliardi di risparmi che la fusione porterà – il 40% dalle sinergie, il 35% dagli acquisti e il 25% dalla rete unica di vendite e di forniture – per puntare forte su nuovi modelli elettrici – dagli attuali 29 quasi tutti Psa a 39 a fine anno – sfruttando la diversità dei marchi da vendere sull’intero mercato globale».
Per l’Italia – da molti giornalisti citata come il punto debole per «modelli vecchi, poca efficienza delle fabbriche e per gli alti livelli di emissione» – la scommessa è ancora più ardua: «Produrre modelli innovativi e venderli nel mondo per rendere le fabbriche profittevoli».
La paura più che motivata è che Tavares manterrà la parola per qualche anno ma se i nuovi modelli – la 500 elettrica a Mirafiori, il Suv Maserati Grecale a Cassino, il suv Alfa a Pomigliano – non avranno successo la chiusura di almeno una fabbrica è un’ipotesi molto concreta. Tavares – che considera «Alfa e Maserati brand iconici»- ricorda di aver rilanciato Opel e Vauxhall in Germania e in Inghilterra in un solo anno, ma si trattava di un’altra era e comunque nel 2017 ci furono 9 mila tra uscite incentivate e prepensionamenti.
Tutti sanno che non si tratta di una fusione: Psa ha acquistato Fca in cambio del mega dividendo agli Agnelli e la userà come testa di ponte negli Stati Uniti – «non so ancora se i modelli Peugeot saranno venduti in Nord America». Il rischio ancora più grosso riguarda i centri ricerca e design: nessun gruppo al mondo ne ha quattro e fra Parigi, Detroit, Russelsheim e Torino è proprio l’ex sede Fiat a rischiare, sebbene Tavares continui a sostenere che «i team esistenti non saranno toccati».
Il punto debole del nuovo gruppo è la Cina, l’eldorado della mobilità del futuro: «Con Psa sbagliammo strategia, ora la cambieremo e riusciremo ad entrare in quel mercato», glissa il capo del nuovo gruppo.
Nella visione del pragmatico Tavares la conversione all’elettrico «è una scelta orientata dai regolamenti dei governi» – «la nuova amministrazione americana andrà in questa direzione» – e parla di «responsabilità etica» nell’andare verso «zero emissioni» quando «in Europa Peugeot è la più avanti».
Le scelte dei governi dunque peseranno e l’Italia sotto questo aspetto è messa peggio di tutti: il governo francese ha il 6% del capitale e un membro nel cda, i tedeschi si sono già fatti sentire mentre il nostro governo ha concesso un prestito a Fca Italy da 6 miliardi senza condizionalità sui livelli occupazionali.
Detto questo la continuità con Fca è assicurata: anche Stellantis avrà sede ad Amsterdam e lì pagherà il grosso delle tasse.

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