Cultura

Targa per Gramsci alla Quisisana, si muove l’assemblea capitolina

Targa per Gramsci alla Quisisana, si muove l’assemblea capitolinaGli occhiali di Antonio Gramsci

Antifascismo Mentre le firme sul nostro appello hanno superato quota 2mila, la consigliera comunale Erica Battaglia chiede al sindaco Gualtieri di trattare con la clinica

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 16 dicembre 2023

Una mozione all’assemblea capitolina per chiedere al sindaco di Roma di «interloquire con la struttura privata Quisisana per una toponomastica condivisa» di Antonio Gramsci.
Dopo l’appello lanciato dal manifesto insieme a studiosi e intellettuali per ricordare il luogo in cui Gramsci passò gli ultimi venti mesi di vita e morì, qualcosa inizia a muoversi.

Le duemila firme raccolte in calce all’appello di cui il primo firmatario è Fabio Fabbri, già docente di storia a Salerno, alla Sapienza e a Roma Tre, sono figlie di adesioni eccellenti e grande condivisione di popolo.

Oltre a Piero Bevilacqua, Giacomo Marramao, Donald Sassoon, Luciano Canfora, Fabrizio Barca, Luigi Ferrajoli che avevano firmato subito, sono arrivati i parlamentari Pd Cecilia D’Elia, Walter Verini e Francesco Verducci, i giornalisti Gad Lerner e Silvia Truzzi (che stanno portando in giro per l’Italia uno spettacolo su Gramsci), Fulvia Bandoli, Antonio Gibelli, il partigiano Gastone Malaguti, l’ex segretario del Nidil Cgil Claudio Treves. E tantissime persone comuni che chiedono di ricordare l’intellettuale antifascista.

Ben 2 mila firme in pochi giorni che hanno portato la presidente della commissione Cultura e Lavoro e consigliera comunale del Pd di Roma Erica Battaglia a firmare la mozione (protocollata da altre quattro firme di colleghi) con il via libera dello stesso Roberto Gualtieri e dell’assessore alla Cultura Miguel Gotor.

«È necessario custodire le occasioni di memoria collettiva, contrastare la tendenza a emarginare quando non a cancellare le culture e le origini antifasciste della Repubblica», si legge nella mozione.

Ora resta da convincere la clinica Quisisana. La struttura si è trincerata dietro la scusa della privacy e del fatto che «la cittadinanza non potrebbe avere libero accesso alla struttura e pertinenze». Ma le ragioni politiche – la proprietà della famiglia Ciarrapico è notoriamente destrorsa – sembrano prevalere.

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