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Andrea Segre: «Volevamo ripercorrere la storia di Berlinguer attraverso il suo popolo»

Andrea Segre: «Volevamo ripercorrere la storia di Berlinguer attraverso il suo popolo»Andrea Segre e Elio Germano alla Festa di Roma – foto Ansa

Festa del Cinema di Roma Il regista parla del suo lavoro sul set e di ricerca dei materiali per il film "Berlinguer. La grande ambizione" che ha aperto il festival

Pubblicato circa 5 ore faEdizione del 17 ottobre 2024

«Ho cominciato a pensare a questo film leggendo il libro di Piero Ruzzante sugli ultimi giorni di Berlinguer (Eppure il vento soffia ancora, Utet, 2020). Ne ho parlato con Marco Pettenello (lo sceneggiatore del film), ci sembrava incredibile che il cinema italiano non avesse raccontato quella stagione politica portata avanti da un uomo votato da un terzo degli italiani che ha prodotto dei risultati molto importanti. L’incontro tra Dc e Pci ad esempio ha permesso la nascita della sanità pubblica». E aggiunge: «Non volevamo fare un biopic, così abbiamo individuato degli anni chiave su cui lavorare, e il periodo fra il 1973 e il 1978, ci sembrava che esprimesse un momento di tensione centrale nel nostro Paese e in un mondo diviso in due». Così Andrea Segre sul suo nuovo film, Berlinguer. La grande ambizione – che ha aperto ieri la Festa di Roma e uscirà nelle sale il prossimo 31 – nel corso dell’incontro con la stampa.

Il presidente Mattarella vedrà il film insieme alla famiglia Berlinguer al Quirinale e un messaggio è arrivato da Elly Schlein: «Ci tenevo moltissimo a partecipare, non solo per l’importanza di questo film che esce a quarant’anni dalla scomparsa di Enrico Berlinguer, ma anche perché conosco e stimo il lavoro di Andrea Segre. Purtroppo non mi è possibile esserci dovendo assicurare la mia presenza domattina presto al prevertice socialista a Bruxelles in vista del Consiglio europeo. Questa sera ci sarà una nutrita delegazione del Partito democratico ad assistere alla proiezione. Io recupererò il film al più presto, voglio intanto esprimere i miei complimenti al regista, al cast e a tutta la produzione per aver dedicato quest’opera a una figura straordinaria alla quale siamo molto legati».

Quegli anni di cui parla Segre, lungo i quali si snoda la narrazione di Berlinguer. La grande ambizione vanno dall’omicidio di Allende, nel 1973, a quello di Aldo Moro nel ’78, e sono appunto la trama in cui si svolge la vita pubblica e privata del segretario del partito comunista più grande d’Europa; un politico amato e rispettato da tutti, anche dagli avversari. Il lavoro di ricerca è durato due anni, fra studio dei materiali e interviste. « Abbiamo parlato coi figli, con la scorta, i parenti anche più lontani, tutti i membri del partito della sua generazione ancora vivi, il tesoriere Cervetti, ma anche quelli più giovani: D’Alema, Veltroni, Bassolino c’era sempre qualcuno che si commuoveva» dicono ancora gli autori. «Ci siamo immersi nell’Istituto Gramsci che conserva tutte le riunioni dattilografate coi suoi appunti. Avremmo fatto un film di dodici ore, è stato un viaggio intellettuale stupendo». E oggi, cosa è rimasto di tutto questo? Risponde Andrea Segre: «Una cosa è certa, adesso nel mondo c’è più chiarezza di prospettive nella destra mentre la sinistra è certamente più disorientata».

A DARE vita a Berlinguer è Elio Germano che spiega: «Ho cercato di non caratterizzarlo troppo, di restituirne o qualche dettaglio. Ho lavorato soprattutto sulla sua particolare prossemica, l’inadeguatezza, la fatica che mostrava il suo corpo, il peso della responsabilità verso gli altri e l’assoluta mancanza di attenzione verso l’esteriorità» dice. Impensabile per l’attore immaginare un parallelo coi politici del nostro tempo: «Berlinguer si metteva al servizio degli altri, noi ora siamo tutti una serie di monadi individualiste».

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