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Tangenti e figuraccia mondiale, la fine ingloriosa di Ppk presidente del Perù

Tangenti e figuraccia mondiale, la fine ingloriosa di Ppk presidente del PerùPedro Pablo Kuczynski saluta – Afp/LaPresse

Kuczynski costretto a dimettersi Non è servito a nulla concedere l’indulto al dittatore genocida Fujimori per evitare l'impeachment

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 23 marzo 2018

Non è servito a nulla a Pedro Pablo Kuczynski concedere l’indulto al dittatore genocida Fujimori, perdendo così la faccia dinanzi al mondo, al fine di evitare la destituzione.

Alla vigilia di una nuova mozione di impeachment per «incapacità morale permanente», dopo quella respinta dal Congresso il 21 dicembre, Ppk (come viene chiamato Kuczynski) ha dovuto comunque presentare la rinuncia alla presidenza. Un atto obbligato, dopo la diffusione di video che riprendono il tentativo di Kenji Fujimori e di altri due parlamentari di comprare il voto del deputato fujimorista Moisés Mamani.

Si conclude così, in maniera ingloriosa, dopo un anno e 7 mesi alla guida del Paese, la presidenza di Ppk, accusato di aver nascosto – quando era ministro dell’Economia del presidente Toledo – i servizi di consulenza offerti alla multinazionale brasiliana Odebrecht dalla sua impresa Westfield Capital e da un’altra di proprietà del suo socio Gerardo Sepúlveda, la First Capital, per un totale di 6,8 milioni di dollari.

A salvare Kuczynski, a dicembre, era stato proprio il figlio minore di Fujimori, Kenji, che aveva deciso di astenersi insieme al suo gruppo di parlamentari in cambio della concessione dell’indulto a suo padre. Un gesto che gli era valso l’espulsione dal partito Fuerza Popular guidato dalla sorella Keiko, la quale, votando a favore dell’impeachment, avrebbe al contrario cercato di bloccare l’indulto, per non avere intralci nella sua corsa alla presidenza. Una guerra fratricida, sicuramente non estranea alla divulgazione dei video che inchiodano ora il presidente.

Con le dimissioni di Ppk, ad assumere la guida del Paese è il primo vicepresidente Martín Vizcarra, già ministro dei Trasporti e delle Comunicazioni e attualmente ambasciatore in Canada, dove era stato mandato in seguito all’accusa di aver favorito un’impresa legata al progetto di costruzione dell’aeroporto di Chinchero, a Cuzco.

Una successione che non altera comunque il quadro politico peruviano, dominato dal discredito di una classe dirigente considerata tutta «moralmente incapace in maniera permanente», come indica fin troppo chiaramente la serie di scandali che, a partire da Fujimori, ha visto cadere uno dopo l’altro tutti i presidenti del Paese, da Alán García ad Alejandro Toledo fino a Ollanta Humala.

La caduta de Kuczynski, in primissima linea nella strategia di isolamento del governo venezuelano condotta dal Gruppo di Lima sotto la regia degli Stati Uniti, potrebbe invece avere ripercussioni sul prossimo Vertice delle Americhe, in programma nella capitale peruviana il 13 e 14 aprile. Di certo, dopo essersi tanto adoperato per escludere il presidente Maduro dal Vertice, sarà proprio Ppk a restarne fuori.

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