Europa

SW, il fenomeno politico della sovranista uscita dalla Linke

Sahra WagenknechtSahra Wagenknecht – foto Ansa

Vento dell'est Si batte per alzare pensioni e salario minimo, tira il freno su clima e accoglienza

Pubblicato circa un mese faEdizione del 1 settembre 2024

lla brutta etichetta di «rossobruna» preferisce «conservatrice di sinistra», sebbene «sovranista» non sia un termine che le dispiace, anzi.

In ogni caso incasellare Sahra Wagenknecht è un’impresa semantica, anche se in Germania sono tutti concordi a definirla come il più dirompente fenomeno politico nato da una costola della Sinistra nella storia della Bundesrepublik, mentre nessuno più nega che il voto di oggi sarà il suo vero trampolino di lancio per le elezioni federali del 2025.

Mai prima d’ora una scissione a sinistra aveva reciso così di netto la cinghie di trasmissione con il tradizionale universo social-comunista: l’Alleanza Sahra Wagenknecht (Bsw) non ha più nulla a che fare con i sindacati, la fondazione Rosa Luxemburg, e tutte le altre realtà storicamente legate a doppio filo alla sinistra tedesca.

«Chi non ha le carte in regola per rimanere se ne deve andare dalla Germania. Urge un limite all’ingresso degli immigrati. I nostri confini vanno controllati» ribadisce l’ex capogruppo Linke all’indomani dell’attentato Isis al festival di Solingen, prima di invocare la soluzione alla guerra in Ucraina: rimettersi al tavolo con Putin «che è certamente da condannare» ma resta pur sempre l’interlocutore-chiave per terminare il conflitto.

L’ultima proposta di Wagenknecht depositata al Bundestag è la richiesta di una commissione di indagine «indipendente» sul sabotaggio del Nordstream alla luce delle rivelazioni dei media sulla rocambolesca fuga in Ucraina del sub ricercato per l’esplosione del gasdotto.

«Basta essere servi della Nato e no agli euromissili del governo Scholz» è la sua frase che rimbomba nella testa dei tedeschi dell’Est: fino al 1990 vivevano sotto il Patto di Varsavia e hanno sempre considerato l’Alleanza atlantica come il pericolo mortale.

Wagenknecht si è dimostrata capace di ri-polarizzare l’intero Paese, come dimostra il gavettone di vernice che l’ha centrata due giorni fa durante il comizio a Erfurt, capitale della Turingia. Lei non ha fatto un plissé, mostrando lo stesso sangue freddo di quando ancora nella Linke si beccò una torta in faccia da un iscritto che non digeriva i suoi attacchi alla linea internazionalista del partito.

Senza gli stranieri anche la Germania dell’Est è destinata al declino economico demografico – avvertono gli esperti economici – e nonostante nella ex Ddr si contino sulle dita gli stabilimenti delle grandi imprese (e nessuna ha sede in un Land orientale), l’agricoltura e l’allevamento hanno assoluto bisogno di importare manodopera per sopravvivere.

Ma il sucesso di Wagenknecht non è dovuto alla sua capacità nel risolvere i problemi, piuttosto «ha riempito un vuoto con una politica sociale di sinistra e una politica della sicurezza di destra: in Germania questa miscela è una novità assoluta» ricorda il politologo Jan Philipp Thomeczek.

Così mentre il Bsw si batte per alzare le magre pensioni dei tedeschi dell’Est e il salario minimo, contemporaneamente tira il freno sulla difesa del clima e l’accoglienza dei profughi definita «ultra- problematica». Si somma alla retorica populista: per Wagenknecht il governo Scholz sono «quelli lassù» e il Bsw è il «partito dei disperati».

Distinguere la sua alternativa da quella dell’ala “moderata” di Afd non prettamente filo-nazi non è semplice, fatto salvo che il Bsw sta coi palestinesi mentre Afd nonostante l’antisemitismo nel suo Dna vede Bibi Nethanyhau come il difensore delle radici-ebraico-cristiane contro la barbarie islamica: né più né meno il ruolo attribuito a Putin e Trump. Per il resto Afd e Bsw si sovrappongono, al punto che uno dei candidati di Wagenknecht in Sassonia, Thomas Schmidt non solo è un ex iscritto ad Afd ma nel 2013 chiese di entrare nell’ufficio stampa dei fascio-populisti, come risulta dallo scoop della tv pubblica Mdr.

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