Sviluppo da anni Sessanta: tira solo il mattone
L'Aquila e la gru Dopo una flessione nei primi anni post sisma, il reddito medio della città è salito di nuovo ed oggi segna il record rispetto agli altri capoluoghi abruzzesi, con un particolare aumento nelle fasce più alte
L'Aquila e la gru Dopo una flessione nei primi anni post sisma, il reddito medio della città è salito di nuovo ed oggi segna il record rispetto agli altri capoluoghi abruzzesi, con un particolare aumento nelle fasce più alte
Non di sole case vive la ricostruzione. In particolare, la questione del futuro economico dell’Aquila è ancora quasi del tutto inesplorata. Bastano pochi dati relativi a due aspetti – l’andamento dei redditi e la dinamica dei settori economici – a delineare il quadro dei problemi e delle sfide future.
Il sisma dell’aprile 2009 ha colpito la città quando cominciavano a manifestarsi gli effetti più pesanti della crisi economica globale. Fino a prima del sisma il tessuto economico locale si sosteneva, oltre che su un’importante componente pubblica (sedi amministrative ed università), su una significativa base manifatturiera e su una rete commerciale e di servizi alimentata anche da circa 13.000 studenti fuori sede stabilmente dimoranti in città. Quasi dieci anni dopo la composizione settoriale dell’economia urbana è mutata: le capacità occupazionali del manifatturiero si sono ridotte di oltre un terzo, mentre il settore edilizio si è sviluppato considerevolmente (assorbe oggi più del 18% delle forze di lavoro) insieme alle attività tecniche, professionali e immobiliari.
Un cambiamento significativo si è registrato anche sul fronte del reddito che, non diversamente dal resto del Paese, ha sperimentato una flessione nel biennio successivo al sisma, per poi prendere a crescere a ritmi superiori a quelli degli altri capoluoghi di provincia in Abruzzo. Oggi il reddito medio aquilano segna il record fra i capoluoghi abruzzesi; ciò che colpisce è però soprattutto l’aumento, in proporzione, delle fasce di reddito più alte che, probabilmente, sono state in grado di intercettare più di altre i benefici economici della ricostruzione.
Un’ulteriore misura delle condizioni sociali ed economiche della città è l’andamento degli iscritti all’Università dell’Aquila: questa ha vissuto una fase di forte declino durata oltre un decennio (non diversamente da quanto avvenuto in molte altre università italiane), aggravata però dagli effetti del sisma. Gli iscritti sono scesi dai 25 mila dell’anno accademico 2008/2009 ai 19 mila dell’anno 2016/2017, dando segnali di ripresa soltanto negli ultimi due anni.
I dati sugli studenti universitari post-sisma devono essere letti anche tenendo presente un’importante differenza qualitativa: anche se non ci sono stime precise a riguardo, è probabile che la quota di studenti fuori sede effettivamente domiciliati all’Aquila si sia ridotta considerevolmente, con pesanti effetti negativi in termini contributo all’economia locale e alla vitalità urbana (soprattutto del centro storico).
Come evidente, da questi pochi dati emerge una città significativamente trasformatasi negli anni del dopo-sisma. Una città con una distribuzione dei redditi più polarizzata e con un’economia meno manifatturiera e più orientata a servizi e istruzione (per fortuna il sistema universitario rimane ancora attrattivo), ma trainata soprattutto dall’edilizia – il cui effetto è però destinato a esaurirsi con il completarsi della ricostruzione, con effetti potenzialmente negativi su economia locale e demografia.
*(Cresa – Centro Regionale di Studi e Ricerche Economico Sociali)
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento