Nella «giornata mondiale del rifugiato», celebrata ieri da istituzioni e associazioni, fuori dai porti italiani ci sono quasi 900 migranti in attesa di sbarcare. Sulla Sea-Eye 4 le persone soccorse sono 483, alcune si trovano a bordo da oltre una settimana. Nei giorni scorsi in 11 sono state evacuate per emergenze mediche.

Altri 112 naufraghi sono sulla più piccola Aita Mari, salvati in diversi interventi iniziati una settimana fa. Le due imbarcazioni umanitarie ciondolano da alcuni giorni davanti alle coste di Pozzallo: la prima è nelle acque territoriali, la seconda appena fuori.

Al largo di Lampedusa attende invece la Sea-Watch 4. Sul ponte ci sono ormai 313 persone. Quasi tutte sono state imbarcate ancora prima dell’arrivo della nave nella zona di ricerca e soccorso. Domenica, infatti, l’equipaggio ha preso a bordo 96 migranti salvati dal mercantile Aslihan e 165 soccorsi dalla Louise Michel (imbarcazione umanitaria veloce finanziata dall’artista Banksy).

In entrambi i casi le autorità italiane non avevano permesso agli equipaggi di toccare terra. Ieri anche i 25 rifugiati siriani salvati sabato scorso dal veliero Nadir, dell’Ong Resqship, sono stati trasbordati. Dall’Italia avevano negato l’ingresso nel porto della maggiore della Pelagie e a bordo la situazione era diventata caotica. Nadir è lungo solo 18 metri e non è attrezzato per ospitare tante persone per diversi giorni.

Infine, sempre ieri, la Sea-Watch 4 ha soccorso altri 23 migranti da un barchino in difficoltà.

La gestione degli sbarchi delle persone salvate dalle Ong, insomma, è rapidamente tornata al solito: evacuazioni d’urgenza per chi non sta bene e attese in mare, più o meno lunghe, per tutti gli altri. Questa routine era stata interrotta il 9 giugno scorso quando la Mare Jonio di Mediterranea è entrata a Pozzallo senza aspettare neanche un giorno. Alcune ore prima aveva comunicato al Viminale di non avere intenzione di restare in mare con 92 naufraghi sul ponte e di essere intenzionata a dirigersi verso l’attracco più vicino.

Chi sperava che dopo questa forzatura le cose sarebbero potute tornare al periodo pre Salvini, quando le Ong non attendevano al largo per giorni, è rimasto deluso. Anche nella «giornata mondiale del rifugiato».