Cultura

Sulla Senna i Giochi raccontano conflitti e conquiste sociali

Sulla Senna i Giochi raccontano conflitti e conquiste socialiMontréal (1976), la ginnasta rumena Nadia Comaneci ottiene 10 su 10, prima volta nella storia olimpica © AFP

Mostre L'esposizione francese «Olympisme, une histoire du monde 1896-2024» al Palais de la Porte Doré

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 24 luglio 2024

Venerdì ci sarà la cerimonia di apertura sulla Senna delle Olimpiadi di Parigi e le autorità francesi vorrebbero una «tregua olimpica», che sia anche politica, nazionale e internazionale. Ma le Olimpiadi, da sempre, «raccontano la storia del mondo», sono la fotografia delle relazioni globali, rintracciando tensioni e, naturalmente, conquiste delle società. A testimonianza di ciò, in queste ore è scoppiata una polemica per la richiesta di France Insoumise affinché gli atleti israeliani partecipino senza la bandiera nazionale, a causa di Gaza, come i russi e i bielorussi per l’aggressione dell’Ucraina.

DAL PRIMO APPUNTAMENTO ad Atene, nel 1896, i Giochi olimpici hanno «agito come cassa di risonanza per tutte le lotte, i sogni e i conflitti politici che nutrono le relazioni tra le nazioni»: è questa la storia che narra pure la mostra Olympisme, une histoire du monde 1896-2024, al Palais de la Porte Doré fino all’8 settembre (giorno di chiusura dei Giochi paraolimpici). I conflitti, gli scossoni geopolitici, i nazionalismi, le questioni sollevate dalle migrazioni, dalle identità, ma anche i movimenti sociali, femministi, antirazzisti, anticoloniali, fino alle crisi sanitarie e climatiche, rappresentano l’intera «vicenda» umana che il momento delle Olimpiadi finisce per riassumere. Quando il barone Pierre de Coubertin ebbe l’idea di rilanciarle, dominava un approccio elitista ed esclusivamente maschile: gli atleti ad Atene nel 1896 erano tutti uomini e dilettanti, mentre a partecipare erano solo quattordici paesi.

POI A PARIGI (1900), St-Louis (1904) e Londra (1908) i Giochi si fondono con le Esposizioni universali: negli Usa delineano l’apogeo della concezione razzista con le «Giornate antropologiche» e i «selvaggi» in gara tra loro. Ma quattro anni dopo, a Londra, John Taylor sarà il primo sportivo afro-americano a rappresentare gli Usa in una competizione internazionale. E nel 1912 a Stoccolma, ai primi veri Giochi autonomi con i cinque continenti rappresentati, Jim Thorpe, amerindiano, sarà campione di decathlon, in anticipo di dodici anni sulla concessione della cittadinanza statunitense ai nativi. Nel 1916 i Giochi di Berlino sono annullati: è tempo di guerra mondiale. La Germania è esclusa dalle Olimpiadi del 1920 a Anversa – i «Giochi della pace», con lancio di colombe e prima bandiera olimpica – e in quelle di cent’anni fa a Parigi.

LE DONNE, ancora non ammesse, entrano in «campo» in modo autonomo, la femminista Alice Milliat organizza le «Olimpiadi femminili» a Montecarlo nel 1921-23 e a Parigi nel 1922 (cinque paesi, undici discipline), per poi partecipare a pieno titolo, dal 1928, a Amsterdam. Il mondo è diviso, i sovietici contestano i «giochi borghesi» e organizzano, in parallelo, le Spartachiadi a Mosca.

Il fascismo, invece, penserà bene di utilizzare l’appuntamento del 1932 a Los Angeles come propaganda: l’Italia è seconda come numero di medaglie, dietro gli Usa. Berlino 1936 segna l’avvento delle Olimpiadi di Hitler, ma Jesse Owen vince quattro medaglie d’oro, azzerando le teorie razziste naziste. Di ritorno negli Usa, però, contrariamente alla tradizione, Owen non sarà invitato alla Casa Bianca. Nel 1940 e 1944 i Giochi verranno annullati e a partire dal dopoguerra, oscilleranno tra guerra fredda, decolonizzazione e lotte di emancipazione.

L’URSS PARTECIPA per la prima volta nel 1952, a Helsinki: arriva al secondo posto per numero di medaglie, dietro gli Usa e l’apogeo della guerra fredda sarà sancita a Mosca nel 1980 e a Los Angeles 1984. Nel 1956 a Melbourne, ai primi Giochi dell’emisfero sud, dopo la battaglia finita a pugni alla semifinale di waterpolo tra Urss e Ungheria, per salvare l’utopia, alla cerimonia di chiusura le bandiere nazionali sono abolite.

Di Roma 1960, resta impressa soprattutto un’immagine: Abebe Bikila vince la maratona sotto l’Arco di Costantino, proprio lì dove nel 1935 Mussolini aveva dichiarato guerra all’Etiopia. A Tokyo nel 1964 Yashinori Sakai, nato il 6 agosto 1945, porta la fiamma. Mexico nel 1968 è insanguinata dalla violenta repressione di studenti e operai, poi Tommie Smith e John Carlos levano il pugno sul podio dei 200 metri e vengono espulsi. Gli anni ’70-’90 sono teatro di grandi tensioni: a Monaco nel 1972 un attacco terroristico di Settembre Nero uccide undici atleti israeliani ma il Cio decreterà che «the games must go on».

Il nuovo secolo olimpico inizierà nel 1992 a Barcellona: Mandela è in tribuna, il Sudafrica torna ai Giochi. Nel 2000 a Sidney viene sottolineato il processo di riconciliazione con i nativi. Intanto, con Atlanta 1996 i soldi hanno preso il sopravvento, Atene nel 2004 vi soccombe, Pechino nel 2008 ne fa una prova di forza.

 

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