Con alle spalle la maxi riproduzione della sentenza di Cassazione che ha confermato le responsabilità penali e civili degli imputati per la strage ferroviaria di Viareggio, i familiari delle 32 vittime fanno il punto e si dicono soddisfatti a metà. Dovranno attendere altri due processi per chiudere definitivamente i conti con la la più grande tragedia mai avvenuta sulla rete ferroviaria della penisola, costata loro lutti e dolori inenarrabili per chi è riuscito a sopravvivere. “È comunque una sentenza storica – ricorda l’avvocato di parte civile Gabriele Dalle Luche – perché sono stati condannati i manager di aziende statali. In Italia questo è un fatto davvero unico”.

Unico o quasi, su vicende del genere, è anche il caso di un giudizio che arriverà al record di sette processi. Così Daniela Rombi, che nella strage ha perso la figlia ventunenne Emanuela, nel ringraziare chi è stato vicino alle famiglie delle vittime prima ricorda Riccardo Antonini, il ferroviere licenziato dal gruppo Fs per essere stato consulente di parte e per le sue critiche all’azienda, e poi non dimentica di citare l’ex ad di Fs e Rfi, Mauro Moretti, condannato definitivamente ma ancora senza una pena certa: “Chiederemo che Antonini possa riavere la tessera da ferroviere – detta la linea Rombi – e scriveremo sia al presidente della Repubblica sia al presidente del Consiglio per revocare il cavalierato a Mauro Moretti”.

Da parte sua Antonini ricorda: “I macchinisti dei trasporti merci hanno fatto dieci scioperi negli ultimi due anni, per difendere il principio di avere condizioni di lavoro sicure”. Una sicurezza di cui aveva parlato nella sua requisitoria l’avvocato generale Pasquale Fimiani: “Il leit motiv di tutta questa vicenda è che non ci si è posti il problema della sicurezza del trasporto merci, perché si dava priorità ad altro”. Un dato di fatto, che cozza con la decisione dei giudici di Cassazione di estromettere Medicina Democratica dalle parti civili.

I familiari delle vittime indossano la maglietta della loro associazione “Il mondo che vorrei”. “Come associazione continueremo a batterci per la sicurezza sia in ferrovia che in tutti i posti di lavoro, grazie alla città di Viareggio per essere stata al nostro fianco ”, conclude Rombi passando la parola a Marco Piagentini, l’uomo che ha sconfitto la morte per poter riabbracciare l’unico figlio sopravvissuto, che non può più stare al sole e per la prima volta in 15 anni parla di sé e dei suoi cari: “ Vorrei ricordare mia moglie Stefania, che aveva 40 anni, mio figlio Luca che aveva 4 anni e si è ‘sciolto’ dentro l’auto, e Lorenzo di 2 che, bendato come una mummia per le ustioni riportate, è morto da solo in una stanza di ospedale. Anche io e Leonardo, l’altro mio figlio, rimanemmo gravemente ustionati. Per quello che ho sofferto io nei sei mesi di ricovero non avrei sopportato un dolore simile per mia moglie e i miei figli, quindi ho preferito che sia finita così viste le condizioni in cui versavano. La nostra battaglia è partita proprio da questo dolore”.

“Il processo per noi è finito a questo punto come parti civili – spiega ancora l’avvocato Dalle Luche – adesso c’è un passaggio solo per stabilire il calcolo della pena per determinati imputati. È stata accertata comunque la responsabilità civile e penale di tutti, sia italiani che tedeschi. E vorrei ribadire che anche coloro che hanno avuto certe imputazioni andate in prescrizione restano comunque colpevoli per le loro responsabilità”. A chiudere è Piagentini, guardando a Vincenzo Soprano, ex ad di Trenitalia, già detenuto a Rebibbia: “Quando una persona va in galera non è mai un buon segno, vuol dire che c’è la responsabilità di un fatto grave. Da padre e da persona civile può anche ferire e dispiacere. Ma anche lui, nei 15 anni che sono trascorsi, non ha mai detto né confermato quello che succedeva dentro le ferrovie”.