Marie Therese Mukamitsindo, suocera del deputato e sindacalista Aboukabar Soumahoro, è indagata dalla procura di Latina. Il fascicolo, che riguarda le cooperative Karibu e Consorzio Aid, è aperto per malversazione. All’Ispettorato del lavoro sono in corso accertamenti sulle posizioni dei dipendenti, già emersi 400mila euro (a cui si sommerebbero mancati versamenti al fisco per oltre un milione di euro). In via di accertamento le denunce relative a lavoratori in nero a cui sarebbero state chieste fatture false.

GLI OSPITI MINORENNI, poi, hanno denunciato di essere stati tenuti in case senza acqua e luce, né vitto e abiti, nessun pocket money al punto che sarebbero andati a lavorare per mantenersi. Su questo indagano i carabinieri mentre la Guardia di finanza segue il filone contabile. Nei giorni scorsi sono stati sequestrati 8 sacchi con fatture e documenti abbandonati fuori le sedi, a Sezze. Agli atti le chat tra i dipendenti e Aline Matesi, presidente di Karibu, che proverebbero i mancati pagamenti. Le coop erano gestite a vario titolo da Mukamitsindo, dalla moglie di Soumahoro Liliane Murekatete e dai fratellastri Matesi e Michel Rukundo. Martedì c’è stato un nuovo round all’Ispettorato del lavoro.

SUL TAVOLO la vertenza di due lavoratrici (e altre due sono previste martedì prossimo): la prima creditrice per 8mila euro di stipendi non pagati, la seconda con un arretrato di 2 anni e 10 mesi oltre a Tfr e tredicesime. All’orizzonte potrebbe esserci il commissariamento di Karibu e Aid. «Stiamo predisponendo una lettera – ha spiegato il segretario della Uiltucs di Latina Gianfranco Cartisano, che segue 26 lavoratori su circa 150 – per chiedere un incontro urgente al prefetto con tutte le parti, come la regione Lazio e i comuni. Chiediamo che si applichi la procedura di intervento sostitutivo di pagamento in modo che le retribuzioni non passino dalle coop».

TRA CHI HA DENUNCIATO le condizioni in cui operavano c’è Yousef Kadmiri, ingegnere del Marocco, che nelle strutture era operatore sociale e interprete: «Facevo anche manutenzione, le guardie di notte, l’orario non era giusto. Lavoravo senza contratto e sono senza stipendio da quasi due anni. Sono arrivati pure a chiedermi di fare fattura. Ai minori davano poco da mangiare». Le indagini stanno cercando di mettere a fuoco anche i bonifici intercorsi con il Ruanda, paese di origine di Mukamitsindo. Seguendo questo filone sono emerse le attività avviate in Africa da Rukundo come Jambo Africa, associazione che si occupa di promozione sociale, il ristorante di Kigali Gusto italiano e la società di eventi Kiwundo Entertainment. Resta da capire se stipendi e compensi in qualità di soci, più gli investimenti in Africa (e una villa di sei vani acquistata dalla moglie di Soumahoro a Casal Palocco), tutto riconducibile ai familiari di Mukamitsindo, siano compatibili con coop in arretrato con fisco e dipendenti.

CARLO MICCIO ha lavorato per Karibu dall’estate del 2016 a settembre 2017: «Quello che ho visto lì assomiglia a quello che mi è capitato in altre coop – racconta -. L’esperienza in Karibu l’ho rielaborata scrivendo un romanzo ambientato proprio in quel centro, poi chiuso dalla Digos (Copula Mundi Edizioni alphabeta Verlag uscito 2 mesi fa ndr). Era un Cas sovraffollato, proprio per questo non permetteva i servizi elementari: non c’erano abbastanza bagni, l’edificio era fatiscente, i sanitari si intasavano a causa dell’usura, il cibo era scarso e c’erano rifiuti. Per la verità, fino a quando sono stato il responsabile, il cibo era gestito dalla cucina e le lamentele non c’erano. Ma, dopo 4 mesi, mi sono fatto portatore delle istanze dei ragazzi e così sono stato allontanato, messo in ufficio fino alla scadenza del contratto che non mi è stato rinnovato. Non me l’hanno neppure comunicato, nessuna spiegazione, solo silenzio. Dopo pure le condizioni del cibo sono peggiorate come testimonia la rivolta degli ospiti del Cas che bloccarono l’Appia». La prima protesta per condizioni di vita e cibo è del 2012 poi un’altra nel 2018 e ancora nel 2019.

«DA RESPONSABILE – prosegue Miccio – mi sentivo in colpa per non riuscire a fornire un servizio sano. Nel Cas c’era la compresenza di altri ospiti, c’era promiscuità in particolare con donne vittime di tratta con traumi specifici e una psicologia molto delicata. La prefettura spingeva perché accogliessero più ospiti, la tendenza era infilateli dove vi pare basta che non ci lasciate il problema. Il Cas era diventato un albergo a ore con situazioni paradossali tipo fare colloqui legali sentendo rumori “copulatori”». Sui gestori: «Murekatete è una persona irrispettosa verso i lavoratori, che la chiamassero lady Gucci per la sua passione per il lusso ero noto. Questa vicenda però non deve diventare il pretesto per criminalizzare l’intero settore, così partono le crociate contro le ong e le coop».

E CONCLUDE: «Sono 30 anni che c’è una pressione migratoria sull’Italia e si parla ancora di emergenza. Ma quando smette di essere un’emergenza con i fondi distribuiti in questo modo, con la prefettura che vuole solo depositare i migranti da qualche parte? Dopo Karibu ho lavorato per un’altra coop di Roma da cui sono scappato quando è scoppiato il Covid: eravamo in condizione assurde, per 5 mesi non sono stati capaci neppure di debellare i pidocchi figuriamoci affrontare la pandemia. La coop è poi fallita e nessuno ha avvisato i dipendenti».