Capita spesso di leggere libri dedicati all’«attualizzazione» di autori del passato, utilizzati per criticare o per giustificare posizioni politiche del presente. In molti casi si tratta, però, di operazioni da valutare con cautela, visto che talvolta si fondano su strategie «commerciali», praticate per fondarsi su un’autorità «morale» dalla quale ottenere credibilità e attenzione. In altri casi il richiamo ai classici è superficiale, oppure retorico, senza un vero scavo storico o concettuale. E, anche nei casi in cui tale richiamo è sincero, gli aspetti «positivi» di queste operazioni (che consentono di attingere a uno sguardo obliquo in grado di smontare la «chiacchiera» contemporanea) si accompagnano ad altri aspetti «negativi», in particolare la mitologizzazione dell’autore o l’incapacità di vedere le differenze tra il passato e il presente.

Com’è facile immaginare, il caso di Marx è molto diffuso in operazioni di questo genere, soprattutto quando cerchiamo di comprendere le trasformazioni e le contraddizioni del capitalismo contemporaneo, continuamente a cavallo tra una crisi e l’altra, eppure sempre dominante su tutti i piani (economico, politico, sociale, culturale, simbolico).

UN TALE TENTATIVO di attualizzazione viene proposto dal volume collettaneo Ricostruire l’alternativa con Marx: economia, ecologia, migrazione, a cura di Alfonso Maurizio Iacono e Marcello Musto (Carocci, pp. 350, euro 32) che ha il merito di sfuggire proprio ai rischi prima citati, sia fondandosi su una solida analisi storica, filologica e concettuale della vasta produzione marxiana, sia mostrando grande attenzione per le singole specificità del capitalismo di oggi. Nessun intento celebrativo, infatti, né nostalgico, affolla i saggi degli autori italiani e stranieri che qui si confrontano con i problemi attuali della globalizzazione e del razzismo, dell’ambiente, delle migrazioni e del genere, e che non utilizzano il pensiero marxiano in modo «meccanico» e irriflesso, bensì cercando di riattivare – oltre ad alcune teorie chiave quali il valore di scambio, l’esercito industriale di riserva e il feticismo delle merci – l’aspirazione di Marx a una critica sistematica dell’economia capitalistica.

Una linea fondamentale del volume risiede nella questione ecologica. Kohei Saito analizza il processo dell’accumulazione originaria come causa del disastro tanto sul piano della giustizia sociale quanto su quello dell’ambiente, per giungere all’idea di una società postcapitalista caratterizzata dalla sostituzione dei modi di produzione e consumo che hanno determinato la catastrofe ecologica. Nell’ottica di individuare le reali condizioni antropologiche e sociali che possono permettere tale sostituzione, Gregory Claeys analizza la teoria marxiana dei bisogni, fino a sottolineare il carattere artificiale dei consumi promossi dal capitalismo: solo il recupero dei beni comuni di socialità e solidarietà consentirà di sfuggire alla trappola del consumismo che – oltre a generare ansia sociale, infelicità pubblica e narcisismo competitivo – sta conducendo all’esaurimento delle risorse naturali. In questa prospettiva di necessaria fuoriuscita dal capitalismo, Razmig Keucheyan mira a elaborare i confini di un nuovo «marxismo ecologico» utilizzando le teorie della democrazia deliberativa.

Un altro asse centrale del volume è costituito dalle migrazioni, considerate soprattutto dal punto di vista della forza-lavoro necessaria per la produzione capitalistica. I saggi di David Smith, Pietro Basso e Ranabir Samaddar mostrano che – all’interno di una comune chiave interpretativa marxiana, fondamentale per comprendere il fenomeno dello sfruttamento sia in epoca coloniale che nell’epoca globale – vi sono differenze sensibili tra la migrazione dei contadini nell’Inghilterra del Settecento e le migrazioni di oggi: tali differenze rendono necessario un aggiornamento del metodo analitico marxista, che deve considerare il lavoro in transito come una componente decisiva dello sviluppo capitalistico.

E TRA QUESTE COMPONENTI del capitalismo contemporaneo vi è anche la questione di genere, in un’ottica femminista: infatti, come afferma Silvia Federici, oggi si rende necessario rivisitare la teoria marxiana dal punto di vista della riproduzione sociale, che non è tanto un settore complementare del lavoro (per esempio, nel campo della cura), quanto la condizione di possibilità di ogni altra forma di lavoro.

È dunque chiaro che l’intento del volume è quello di utilizzare Marx per andare oltre Marx, ma non in modo retorico o messianico, bensì confrontandosi concretamente con le sfide attuali, nella consapevolezza che solo noi oggi possiamo affrontarle, senza affidarsi a risposte preconfezionate, in vista di una soluzione. Per evitare che, come dice Fredric Jameson, sia più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo.