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Stretta sul sequestro di smartphone e chat

Stretta sul sequestro di smartphone e chat

Giustizia L’emendamento: «Decida il gip». Allarmi da Pd e Anm, ma Orlando: «Il problema esiste»

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 16 febbraio 2024

Per sequestrare un telefono cellulare, leggere le email e accedere alle chat non basterà più la volontà di un pm, ma servirà l’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari. Salvo, va da sé, casi di comprovata urgenza. L’emendamento firmato da Sergio Rastrelli al ddl Zanettin-Bongiorno va a modificare in maniera importante il modo con cui si fanno le indagini in Italia e, va da sé, la proposta sta già scatenando un mare di polemiche. La misura è stata annunciata dal ministro Carlo Nordio, che vede ormai in dirittura d’arrivo la sua prima riforma della giustizia, alla quale manca ormai solo l’ok della Camera. A quanto si apprende, l’emendamento Rastrelli sulla «disciplina del squestro degli smartphone» sarebbe stato concordato infatti con il governo, da qui il parere estremamente favorevole di Nordio. «Oggi nel cellulare non ci sono solo le conversazioni – ha detto il ministro -, c’è una vita intera, quindi questa non può essere messa nelle mani di un pm che con una firma se ne impossessa e magari dopo non vigila abbastanza sulla sua divulgazione». Fredda la reazione dell’Anm, che sì condivide «la preoccupazione che dati sensibili e personali estranei alle indagini possano essere divulgati» ma aggiunge che «per intervenire sulla materia si dipinga in modo indiscriminato il pubblico ministero come una figura oscura, fuori controllo, che si impossessa dei dati e non vigila sulla loro divulgazione». Aggiunge la vicepresidente Alessandra Maddalena: «È una continua opera di delegittimazione della figura del pm, che- si vuole a tutti i costi rappresentare come estranea alla cultura della giurisdizione. L’unico effetto sarà di privarlo delle garanzie di autonomia e indipendenza previste dalla Costituzione e di sottoporlo alla influenza del potere politico, a danno dei cittadini». Allarmata la reazione del Pd, che parla di ipotetici danni a «indagini particolarmente delicata, a cominciare da quelle per mafia». L’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, però, ammette che «sugli smartphone un problema c’è. Ora sui telefonini c’è tutta la nostra vita quindi è giusto prevedere una disciplina ad hoc in caso di sequestro. Ma bisogna vedere ovviamente come si intende risolvere il problema. Dipende dagli strumenti che si vogliono mettere in campo». La vicenda approderà in aula non prima di aprile.

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