L’incontro tra Pinelli e Meloni resta senza spiegazioni
Mistero al Csm Il sospetto della mossa mediatica. Tra veline e mancati chiarimenti, Nordio provoca: «Sono le toghe a dover fare un passo indietro»
Mistero al Csm Il sospetto della mossa mediatica. Tra veline e mancati chiarimenti, Nordio provoca: «Sono le toghe a dover fare un passo indietro»
La vicenda dell’incontro tra la premier Giorgia Meloni e il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli si tinge di assurdo: non solo non si sa quali siano stati i contenuti del colloquio andato in scena lunedì pomeriggio, ma nessuno sembra intenzionato a fornire spiegazioni in merito, tanto che il sospetto che serpeggia tra i togati del consiglio è che si sia trattato di una mossa puramente mediatica.
IL FATTO però resta di quelli pesanti: Pinelli è andato da Meloni dando al suo diretto superiore, Sergio Mattarella, un preavviso assolutamente risibile (due giorni), nella stessa giornata in cui a Bologna si è tenuta la più partecipata assemblea dell’Anm da parecchi anni a questa parte e mentre esecutivo e magistratura sono ormai ai ferri cortissimi: questioni migratorie, riforme prossime venture e mancate elezioni di un giudice costituzionale (che a breve diventeranno quattro). Anche a voler escludere le polemiche televisive ce n’è abbastanza da raccomandare a tutti prudenza e cortesia istituzionale, perché sempre di poteri dello Stato staremmo parlando.
Tra i consiglieri la perplessità è diffusa: alla lettera (firmata da tutti tranne che dai conservatori di Magistratura indipendente e dai laici di destra, Iv e M5s) in cui si chiedeva un incontro urgente per essere messi al corrente di quanto accaduto, Pinelli ha risposto con un’email dal tono mellifluo e dal contenuto che però ha escluso ogni ipotesi di chiarimento. «La mia presenza in sede è costante e le mie porte sono sempre aperte per ciascuno di voi – ha scritto il vicepresidente -, voglio rassicurare che si è ovviamente trattato di un incontro programmato nell’ambito di una corretta e istituzionale relazione tra organi dello Stato».
DI OVVIO, però, in questa storia non c’è niente. Non manca nemmeno la linea comica, rappresentata dalla diffusione, ieri, di una velina secondo cui dal famoso incontro «è emerso che la presidente del consiglio ha fiducia nella magistratura e non è in nessun modo interessata alle polemiche». Dunque Meloni, dopo aver definito in pubblico «propaganda» delle sentenze sgradite, aver sobillato le sue truppe all’ennesima caccia alla toga rossa e aver visto i giornali amici spiattellare in prima pagina la vita privata di un giudice di Bologna, avrebbe convocato a palazzo Chigi il vicepresidente del Csm per fargli sapere che lei non vuole litigare. Una versione dei fatti che sembrerebbe inverosimile anche ai fortunati che hanno passato gli ultimi tempi su un’isola deserta.
IL PRESIDENTE dell’Anm Giuseppe Santalucia, a margine della sua partecipazione al salone della Giustizia di Roma, ha commentato il momento dicendo che l’incontro tra Pinelli e Meloni «di per sé non è un fatto inusuale» ma «conoscerne i contenuti sarebbe cosa assolutamente opportuna, perché, come hanno detto, è stato un incontro alla luce del sole e la luce del sole potrebbe anche illuminarne i contenuti, evitando quindi che si faccia dietrologia».
Il faccia a faccia tra il vicepresidente e i membri del Csm comunque non c’è stato, il plenum di ieri si è occupato di nomine ai tribunali di Salerno e Lecce e, con ogni probabilità la vicenda resterà per sempre avvolta nel mistero: un po’ perché Pinelli, s’è capito, non ha alcuna intenzione di spiegare e un po’ perché tra le toghe sta prendendo piede la convinzione che forse sarebbe meglio non sviare l’attenzione dalla richiesta di apertura delle pratiche a tutela per i magistrati attaccati nelle scorse settimane, dai romani Marco Patarnello e Silvia Albano al bolognese Marco Gattuso.
INTANTO, sempre dal salone della Giustizia, Carlo Nordio si è lasciato andare alla solita serie di dichiarazioni. «L’interlocuzione tra il governo e Pinelli è periodica – ha detto -, non vulnera nessuna prassi o legge dello Stato». Poi ha negato l’evidenza («Non credo che il Quirinale sia irritato»), ha rilanciato sulla separazione delle carriere (oggi alla Camera peraltro sono attesi i primi voti sugli emendamenti), ha auspicato che la magistratura faccia «un passo indietro» perché «dopo Mani pulite» ha cominciato ad «esondare» e a «criticare la legge» e infine ha annunciato che «venerdì» parteciperà al «congresso di Magistratura democratica» a Roma.
Un bel gesto di galanteria istituzionale, peccato che venerdì non ci sarà alcun congresso di Magistratura democratica. Sabato e domenica, invece, al Campidoglio, si terrà una due giorni di dibattiti e conferenze per celebrare i primi sessant’anni di vita della corrente delle toghe rosse.
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