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Periscope, lo streaming della rivolta

Periscope, lo streaming della rivolta

Stati uniti Periscope è un’applicazione gratuita comprata da Twitter. Permette dirette video e interazione immediata. Baltimora e altri eventi avrebbero avuto una narrazione diversa, senza questa app «sul campo»

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 15 maggio 2015

Le immagini degli scontri di Baltimore del 28 aprile scorso hanno fatto il giro del mondo, sono state mostrate in tv, hanno girato sui social network; ci sono stati livestream e, per la prima volta, ci sono state dirette via Periscope, l’applicazione gratuita per gli utenti di telefonia e dispositivi mobili Apple, che permette di mostrare video in streaming. Durante la diretta è possibile «chattare» con chi fruisce del video.

Non si tratta dell’unica applicazione a fornire questo servizio: prima di Periscope, già esisteva Meerkat, applicazione che non è limitata all’universo Apple ma è disponibile anche per Android. Non potendo contare sul sostegno di Twitter, è stata immediatamente penalizzata. Periscope – invece – è stata acquistata da Twitter e mentre ci si stava domandando quale sarebbe stato il suo utilizzo, si è potuto sperimentare uno dei suoi tanti utilizzi: i «live» durante manifestazioni ed eventi di massa.

Gli scontri in diretta

E arriviamo agli scontri di Baltimore. Non è una novità assoluta seguire una manifestazione tramite la produzione di video streming: in molti hanno visto lo sgombero di Zuccotti park, le 16 ore consecutive di diretta su Ustream realizzate da Tim Pool, che hanno sancito la nascita di un codice e un linguaggio della diretta autoprodotta. Tramite Ustream e la gestione multicamera di Global Revolution, Piazza Sintagma, le manifestazioni spagnole, quelle americane, sono state viste da ogni angolazione e in tutto il mondo. La differenza con Periscope è stata la sua grande facilità di utilizzo che ha permesso ad utenze che non avevano mai usato Ustream, di realizzare delle dirette con il solo ausilio di uno smartphone o tablet, schiacciando il «pulsantone». A realizzare i livestream fino all’inizio dell’aprile 2015 erano stati solo, o per la maggior parte, gli attivisti.

Con Periscope si sono cimentati anche attivisti meno bravi tecnologicamente e, più di tutti, giornalisti classici, legati al reportage cartaceo. In questo modo gli scontri di Baltimore sono stati raccontati da una pluralità di voci maggiore di quella a cui ci eravamo abitati dal 2011 in poi.

Il nome che si è distinto su tutti è stato quello di Paul Lewis, giornalista investigativo e corrispondente da Washington del Guardian.

L’esempio del Guardian

Dall’agosto del 2010 Lewis è a capo dei progetti multimediali che gestiscono le «breaking news» del Guardian. Lewis è dunque abituato a pensare alla notizia, agli eventi che riporta, fuori dai confini di un solo tipo di espressione legata ad un solo tipo di media. Arrivato a Baltimore, ha cominciato riprendendo la folla che si riuniva ed il fuoco che veniva appiccato a uno stabile in costruzione; subito dopo ha intervistato una donna che gestisce un ricovero per senza tetto e che ha parlato delle varie sfaccettature del problema del degrado della città.

Da quel momento in poi i video prodotti e mostrati tramite Periscope hanno avuto una linea di narrazione; le vetrine rotte, le violenze, le macchine incendiate, venivano alternati ad interviste ad abitanti di Baltimore che descrivevano, tra i rumori di quella notte di scontri, non un sentimento momentaneo ma una lunga genesi di rabbia montata in anni di soprusi, violenze subite, indifferenza ed abusi. Joanne Cleary, media adviser per il parlamento australiano, ha dichiarato che chiunque si fosse interrogato sulle potenzialità di Periscope avrebbe dovuto vedere l’uso che ne stava facendo Lewis; il suo era un linguaggio noto reso più articolato dal mezzo che stava usando, talmente leggero da permettergli – anche – di spostarsi velocemente. Secondo Ryan J. Reilly, dell’Huffington Post, gli avvenimenti di Ferguson avrebbero avuto un’altra narrazione (e forse un altro sviluppo) se Periscope fosse stata disponibile allora.

L’interazione immediata

La funzione di interattività via chat tra trasmettitore e utenti era già presente sulle piattaforme Ustream, ma la facilità d’uso di Periscope ha permesso un utilizzo più agevole del mezzo, consentendo la creazione di un linguaggio per uno strumento fino a poco prima «muto». L’utilizzo di Periscope prima degli eventi di Baltimore, era stato personale e poco interessante. Il racconto degli eventi da parte dei citizen journalist a Baltimore si è fatto corale dopo essere stato raggiunto (finalmente) da quello dei giornalisti professionisti; il divario ora non è più tra la fonte del racconto (citizen journalist in livestream su internet e giornalisti di professione sugli altri canali di informazione), ma sui mezzi utilizzati per trasmettere la notizia. Ora la divisione è tra diretta online e diretta televisiva e la diretta televisiva sembra aver già perso.

Il seguito a New York

Pochi giorni dopo un’altra manifestazione seguita via Periscope è stata quella svoltasi in solidarietà con Baltimore a New York. Il corteo non ha nemmeno avuto il tempo di fare pochi passi che sono partiti arresti continui, per sei ore, per ogni minima infrazione, come quella ormai famosa di intralcio al traffico per chi manifestava semplicemente scendendo dal marciapiede. Erano passati solo pochi giorni da quando Paul Lewis aveva utilizzato Periscope a Baltimore, ma già si vedeva un approccio diverso al livestream, oltre ad un numero impressionante di fonti di livestream presenti. New York è forse la città più mediatica del mondo, super connessa e con un approccio social all’attivismo politico che da Occupy Wall Street in poi ha fatto storia.

Ne è risultata la conferma di ciò che aveva affermato, qualche giorno prima, Shadi Rahimi, reporter per Al Jazeera: il reportage è ormai ad appannaggio di device mobili conessi ai social. Un giornalista professionista deve imparare dai citizen journalist ad usare i social media e gli strumenti di diffusione dell’informazione. Un giornalista senza questo tipo di «formazione social» non è in grado di seguire un evento in diretta e il suo posto non è sul campo ma altrove.

Chi obietta che la qualità audio di un live via periscope è inferiore a quella di una diretta televisiva sta probabilmente guardando il dito mentre un grosso plenilunio avviene proprio davanti ai suoi occhi. L’analisi a posteriori, il servizio montato sono un’altra cosa. Non scompariranno ma non saranno più il centro del racconto: ciò che avviene è raccontato da altri, sul pianeta internet.

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