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Strage di Olenivka, sul campo Nazioni unite e Croce rossa

Strage di Olenivka, sul campo Nazioni unite e Croce rossaUna baracca distrutta della prigione di Olenivka, nel Donetsk – Ap

Il limite ignoto Zelensky: «Deliberato crimine di guerra». Ma per ora nessuno attribuisce responsabilità

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 31 luglio 2022

Mentre Mosca e Kiev continuano a rimbalzarsi la responsabilità del bombardamento che ha ucciso più di 50 prigionieri di guerra ucraini in una prigione a Olenivka, nell’autoproclamata repubblica di Donetsk, la Croce rossa chiede di poter accedere alla struttura senza attribuire per il momento colpe a nessuna delle due parti, nonostante le richieste in tal senso del presidente ucraino Zelensky. Che nel suo discorso notturno alla nazione ha chiamato l’attacco «un deliberato crimine di guerra russo, una strage intenzionale di prigionieri di guerra ucraini». Tutti i prigionieri di guerra, ha scritto la Croce rossa in un comunicato, «ovunque siano detenuti, sono protetti dalla legge internazionale. Non fanno più parte dei combattimenti e non devono venire attaccati». «La Croce rossa internazionale – continua l’organizzazione – ha offerto il proprio supporto nell’evacuazione dei feriti e la donazione di forniture sanitarie, materiali protettivi e forensi. La nostra priorità in questo momento è accertarci che i feriti ricevano le cure necessarie e che i cadaveri di coloro che hanno perso la vita vengano trattati in modo dignitoso». Proprio la Croce rossa era riuscita, lo scorso maggio, a negoziare con le forze russe l’evacuazione dall’acciaieria Azovstal di circa 2.000 militari ucraini, principalmente del battaglione Azov, che sono poi stati detenuti in strutture come quella bombardata venerdì.

ANCHE LE NAZIONI UNITE, ha detto il portavoce Farhan Haq, sono pronte a inviare un gruppo di esperti a Olenivka a indagare sull’incidente: «Ma è necessario il consenso di entrambe le parti». Onu e Croce rossa, ha aggiunto Zelensky nel suo discorso, si sono fatte «garanti della salute dei nostri soldati», e ora «devono proteggere le vite di centinaia di ucraini prigionieri di guerra».
Le famiglie dei militari che si erano arresi all’Azovstal sono scese in piazza ieri a Kiev per chiedere che la Russia venga riconosciuta dalla comunità internazionale come uno stato che supporta il terrorismo, la stessa richiesta (non vincolante) inoltrata due giorni fa dal Senato Usa al dipartimento di Stato. Il video della protesta è stato condiviso su Twitter da Anton Gerashchenko, un consigliere del ministro degli Interni ucraino.

SULLO STESSO SOCIAL un tweet dell’ambasciata russa in Gran Bretagna va in direzione completamente opposta rispetto al riconoscimento dello status dei prigionieri di guerra: «I militanti dell’Azov meritano l’esecuzione, ma non di morire davanti al plotone d’esecuzione bensì per impiccagione, perché non sono veri soldati. Meritano una morte umiliante». La reazione sdegnata delle autorità ucraine viene veicolata da un messaggio Telegram del capoufficio della presidenza Andriy Yermak, che si aggiunge al coro di richieste che vogliono che la Russia sia etichettata come stato “sponsor” del terrorismo: «Nel 21esimo secolo, solo selvaggi e terroristi possono parlare a livello diplomatico del fatto che delle persone meritino l’esecuzione per impiccagione».
Per il momento però dal dipartimento di Stato Usa arriva solo una chiamata al ministro degli Esteri di Kiev: Blinken ha espresso a Kuleba le sue «condoglianze» per la morte dei 50 prigionieri ucraini, e riaffermato l’impegno Usa a inchiodare la Russia alle proprie responsabilità «per le atrocità commesse dalle sue forze contro il popolo ucraino».

SUL FRONTE continuano invece i bombardamenti: al sud, nella città di Mykolayiv, nuovi attacchi russi hanno fatto un morto e sei feriti quando nella notte dei missili hanno colpito due edifici residenziali. Verso nord est, a Kharkiv, un missile terra aria ha invece distrutto una scuola, ma fortunatamente senza fare vittime.
Le autorità ucraine parlano ancora di contrattacco a Kherson: Reuters riporta che il comando Sud dell’esercito di Kiev ha comunicato l’uccisione di un centinaio di soldati russi oltre allla distruzione di sette carri armati e due depositi di munizioni fra Kherson, Mykolayiv e Odessa. Affermazioni però ancora impossibili da verificare.

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