Storia di una bibliotecaria americana al tempo della censura
Stati uniti Minacce di morte e accuse di pedofilia nel paese che in un anno ha rimosso dalle scuole 10mila libri. Incontro con Amanda Jones: «In Missouri un bibliotecario può andare in prigione se ha certi libri. In Oklahoma una collega forniva i QR Code della New York Public Library per consultare i testi: licenza revocata»
Stati uniti Minacce di morte e accuse di pedofilia nel paese che in un anno ha rimosso dalle scuole 10mila libri. Incontro con Amanda Jones: «In Missouri un bibliotecario può andare in prigione se ha certi libri. In Oklahoma una collega forniva i QR Code della New York Public Library per consultare i testi: licenza revocata»
«Sappiamo dove lavori, sappiamo dove vivi, hai un enorme target sulla schiena. Click click, ci vediamo presto». È stata la prima minaccia di morte che ha ricevuto e i meme postati su di lei sulla pagina Facebook del paesino in Louisiana dove è nata e cresciuta, Watson, il momento in cui la vita di Amanda Jones è cambiata per sempre.
È su quel momento del 2022 che si apre sia il suo libro – That Librarian. The Fight Against Book Banning in America – sia l’incontro dedicatole venerdì dalla New York Public Library, dove a dialogare con lei c’era lo scrittore e sceneggiatore Peter Parnell, coautore di uno dei libri per bambini messi in lista nera in molti stati repubblicani, E con Tango siamo in tre, su una famiglia di pinguini omosessuali. È proprio la censura dei libri che ha trascinato suo malgrado Jones, bibliotecaria e educatrice da 23 anni, sulla scena pubblica.
Era il luglio 2022 quando sul gruppo Facebook che tutti a Watson usano per scambiarsi informazioni vede un appello di un gruppo estremista ad andare all’incontro del comitato esecutivo della biblioteca pubblica locale (Jones gestisce quella della scuola media di Watson). «Era il primo incontro dopo il Pride Month: sapevo che si sarebbe tentato di un tentativo di censura».
IN QUEI MESI del 2022 molti stati repubblicani, dalla Florida al Texas e l’Oklahoma, stavano implementando leggi che proibivano l’insegnamento nelle scuole e imponevano la rimozione dalle biblioteche degli istituti scolastici di libri a tema Lgbtq o che trattavano temi relativi ai diritti civili, quella che la destra ha iniziato a chiamare in termini dispregiativi critical race theory.
All’incontro, Jones tiene un discorso appassionato contro la censura, riportato per intero in calce del suo libro e allegato ai fascicoli legali della causa per diffamazione che ha intentato contro un gran numero di cittadini, dal gruppo estremista di destra che ha introdotto in Louisiana la frenesia anti-libri a suoi concittadini che le si sono rivoltati contro, «persone che mi conoscevano da quando sono nata».
«Ricordo ai membri del comitato – afferma quel giorno Jones – che a prescindere dalle proprie convinzioni, nessuno dalla parte giusta della Storia si è mai schierato per censurare o nascondere dei libri. L’odio e la paura mascherati da oltraggio morale non hanno posto nella contea di Livingston Parish».
È lì che inizia la diffamazione, i meme in cui Jones – che lavora con bambini dai 9 agli 11 anni – è accusata di voler diffondere la pedofilia. «A scuola colleghi con cui ho lavorato per 22 anni non mi guardavano neanche negli occhi», e da allora non si è mai fermato il tentativo di farla licenziare. «Andavano alle riunioni del comitato scolastico e chiedevano che venissi espulsa», «Presentavano dei reclami in cui mi accusavano di tentare di insegnare l’inclusione, come se fosse una cosa brutta. Sono anche stata indagata durante l’anno scolastico. Sono stata scagionata da ogni accusa ovviamente, anzi ho avuto ottime valutazioni».
Da allora, però, non ha più riaperto la biblioteca: «Non abbiamo abbastanza personale perché qualcuno possa stare lì con me, e ho paura a rimanere da sola». E da allora è anche coinvolta nella causa legale per diffamazione che è arrivata fino alla Corte suprema della Louisiana, dopo che una giudice locale per due volte ha rigettato il suo caso senza esprimersi sul merito: «Ha detto che era semplicemente la loro opinione che io insegno ai bambini a fare sesso anale».
Poi c’è la battaglia contro la censura che conduce con il network di bibliotecarie e bibliotecari in tutto il Paese. Non solo contro la censura dichiarata – «Pen America parla di 10mila libri rimossi solo lo scorso anno scolastico, ma uno studio dell’American Library Association sostiene che fra l’84 e il 92% di rimozioni non viene riportata» – ma anche contro quella che chiamano «censura soft», per cui i libri non vengono acquistati o vengono silenziosamente rimossi quando periodicamente si rifà l’inventario delle biblioteche.
«HANNO PAURA: ci sono stati come il Missouri dove un bibliotecario può andare in prigione se ha certi libri. In Oklahoma una collega forniva i QR Code della New York Public Library per consultare i testi: si è vista revocare la licenza».
Prima di questa settimana elettorale, osserva Jones, «avevo speranza nonostante tutto. Perché parlando con le persone in tutto il Paese vedevo che questo fenomeno è come un pendolo, che in certe zone sta iniziando a tornare indietro».
Ma è innegabile che dal 5 novembre molte cose siano cambiate: «Durante la campagna elettorale avevamo un candidato vicepresidente che sosteneva che ai bimbi vengono dati libri sessualmente espliciti. E il suo rivale che da governatore del Minnesota ha firmato una legge contro la censura dei libri. Sarà dura, ma dobbiamo continuare a sostenere la verità. Come ha detto Stacey Abrams (l’attivista della Georgia alla cui capillare campagna si può attribuire la vittoria democratica nello stato del 2020, ndr) dobbiamo misurare il nostro successo sulla base del progresso, non delle vittorie. Dobbiamo continuare ad andare avanti».
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