La rabbia dei lavoratori italiani di Stellantis monta ogni giorno di più e non è indirizzata solo contro l’azienda ma coinvolge direttamente il governo Meloni. E l’idea di uno storico sciopero unitario nel gruppo non è più un tabù.

Se a Mirafiori siamo al terzo sciopero spontaneo in due giorni, la Regione Campania si è mossa compatta a difesa di Pomigliano (4.500 lavoratori) e Pratola Serra (1.600) con il presidente Vincenzo De Luca che ha incontrato tutti i sindacati e tuonato contro «il governo che non ha un piano industriale sull’auto, tra due anni rischiamo di essere fuori mercato».

FIM, FIOM E UILM sono ancora in attesa di una risposta alla richiesta unitaria di «un incontro a palazzo Chigi con Tavares e Meloni». L’unico a parlare del governo è il ministro Adolfo Urso che ieri si è esibito in un altro comico episodio: da Bruxelles, dove ha incontrato i commissari Breton e Vestager, ha intimato a Tavares di «realizzare presto anche nel nostro paese» la gigafactory per le batterie. Peccato che per la riconversione dello stabilimento di Termoli lo stesso Urso abbia già staccato un assegno al consorzio guidato da Stellantis di almeno 270 milioni senza neanche la garanzia dei tempi per la realizzazione del progetto e – ancor più grave – del mantenimento degli attuali posti di lavoro: oggi gli occupati sono 2.080, la joint venture Acc partecipata da Stellantis, Mercedes e Total – 10 giorni fa al tavolo al suo ministero – ha annunciato che di «aver bisogno a regime di 1.800 dipendenti con requisiti professionali assai stringenti», dunque non presenti fra gli addetti già a Termoli.

FIGURACCE DI QUESTO TIPO continuano a provocare l’insofferenza fra i 45 mila dipendenti diretti di Stellantis più altrettanti dell’indotto.

A Mirafiori le assemblee organizzate dalla Fiom già mercoledì, sono proseguite con lo stesso esito: partecipazione altissima – 600 lavoratori al mattino, 400 al pomeriggio – anche da parte di non iscritti al sindacato e decisione degli stessi di fare immediatamente uno sciopero spontaneo nel giorno in cui l’azienda ha ufficializzato la fine della produzione del suv Maserati Levante da fine marzo. Notizia scontata ma che comunque conferma le paure sul futuro dello stabilimento.

«QUANDO LE LAVORATRICI e i lavoratori scioperano spontaneamente vuol dire che la situazione è arrivata al limite. Non c’è più tempo da perdere, bisogna agire immediatamente – attacca il segretario Fiom di Torino Edi Lazzi- Le soluzioni possono essere trovate partendo dalle proposte su Mirafiori di Fim Fiom e Uilm di Torino. Proposte concrete per la città, per l’industria manifatturiera, per l’economia in generale. In questo modo – aggiunge – avremmo maggiori possibilità di convincere Stellantis, e non solo, che produrre auto qui è ancora un ottimo business, non solo per i 120 anni di competenze specifiche, ma perché abbiamo un progetto organico su auto e elettrificazione».

La parola «sciopero» inizia ad aleggiare anche tra gli iscritti di Fim Cisl e Uilm, nonostante la loro firma sul contratto aziendale (Ccsl) ereditato da Stellantis dall’epoca Marchionne preveda che uno sciopero di stabilimento possa essere fatto solo tramite procedura di raffreddamento e porti a perdere «agibilità sindacali», permessi in primis. Se invece si trattasse di uno sciopero unitario o territoriale, neanche il «contratto Marchionne» prevede limiti.

Oggi a Torino si terrà un incontro tra confederazioni Cgil, Cisl e Uil e tre federazioni metalmeccaniche Fim, Fiom, Uilm per decidere un percorso unitario, senza escludere niente.

«Le cose devono essere fatte in modo intelligente per arrivare ad avere un nuovo modello di auto di largo consumo a Mirafiori e un confronto con il governo e l’azienda approfondito, fughe in avanti non servono», smorza Ferdinando Uiliano, segretario Fim Cisl.

«Noi per Mirafiori chiediamo un modello in più dopo la fine di quelli Maserati – spiega Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm – ma più in generale è il momento che governo e Stellantis accettino un confronto di merito sulle produzioni, stabilimento per stabilimento».