Stellantis chiede più soldi La Fiom: vadano agli operai
Automotive Tavolo con il ministro Urso che promette di ricalibrare gli incentivi. L’azienda non dà garanzie su modelli e occupazione. Il sindacato: serve un fondo per il settore
Automotive Tavolo con il ministro Urso che promette di ricalibrare gli incentivi. L’azienda non dà garanzie su modelli e occupazione. Il sindacato: serve un fondo per il settore
Sotto il ministero gli operai della Fiom che protestavano per il poco lavoro; sopra i vertici dell’azienda che chiedevano al governo ancora più incentivi per affrontare la svolta all’elettrico, resa definitiva dal voto del parlamento europeo. Il primo tavolo Stellantis con il ministro Adolfo Urso si è chiuso con poche risposte e tanti punti di domanda.
Il colosso nato dall’assorbimento di Fca da parte dei francesi di Psa promette investimenti e nuovi modelli, ma solo dal 2024. Per quest’anno il tunnel degli ammortizzatori sociali e della produzione a singhiozzo è assicurato per i 46 mila dipendenti italiani rimasti (5 mila sono usciti fra pensionamenti e incentivi negli ultimi due anni).
Il quadro del mercato dell’auto in Italia è avvilente: nonostante il rinnovo degli incentivi per rottamazione e acquisto di veicoli elettrici o ibridi, le vendite sono bassissime.
E così Stellantis, che globalmente ha i conti in super attivo, ha però buon gioco a chiedere al governo italiano di aumentare gli incentivi, con Urso pronto a promettere di ricalibrarli, sebbene in continuità con il governo Draghi. Dopo la storica protesta in comune fra Federmeccanica e sindacati, l’allora ministro Giorgetti stanziò a sostegno del settore 2,6 miliardi per il periodo 2022-2024, mentre resterebbero solo 6 miliardi da spendere entro il 2030: molto meno che in Francia e Germania.
Stellantis ha naturalmente apprezzato «l’approccio propositivo del governo a rivedere entro fine mese lo schema degli incentivi», ribadendo il (falso) «ruolo centrale dell’Italia nelle strategie del gruppo».
Ma la situazione negli stabilimenti ex Fiat è ancora peggiore: a Pomigliano ci sono lavoratori in cassa integrazione dal 2008, a Torino la chiusura di Grugliasco non basta a saturare Mirafiori, alla Sevel di Atessa proprio ieri altro blocco produttivo per «carenza di componenti». Non va meglio a Melfi, la fabbrica simbolo della svolta Jeep, né a Cassino dove i modelli Alfa non vendono da anni.
In questo quadro a tinte fosche, le richieste di soldi pubblici di Stellantis fanno giustamente arrabbiare la Fiom. «L’azienda dice che ha bisogno di risorse economiche per sostenere la domanda dell’acquisto di auto. Noi pensiamo che vada fatto un fondo straordinario per la rigenerazione degli stabilimenti italiani, per garantire l’occupazione e per innovare i prodotti che si fanno nel nostro paese – attacca il segretario generale Fiom Michele De Palma – Corriamo il rischio di avere un effetto drammatico non solo sui lavoratori di Stellantis ma anche su quelli dell’indotto e della componentistica. L’azienda deve rispondere delle questioni che riguardano una capacità installata di 1 milione e 800mila veicoli mentre ne facciamo soltanto 500mila – continua De Palma – . Stellantis ci ha detto che non ha le condizioni per indicarci quante auto produrrà in futuro. Questo determina incongruenza rispetto alla situazione occupazionale e agli investimenti che le aziende della componentistica devono fare», ha concluso.
«Siamo in una fase complicata, perché non siamo in grado di sapere da Stellantis e dal governo come si affronta il processo di transizione. Ci hanno assicurato che stanno provvedendo a fare investimenti, che servono incentivi, ma tutto questo non ci rassicura perché dentro gli stabilimenti vediamo ancora situazioni di cassa integrazione», ha sottolineato il segretario generale Uilm Rocco Palombella.
Più ottimista il segretario nazionale Fim Cisl Ferdinando Ulliano: «Il piano prevede investimenti nel 2024 per le nuove produzioni e la notizia più importante riguarda lo stabilimento di Cassino, ora il più scoperto, che dovrebbe diventare quello per la produzione dei suv premium».
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