Stefano Caserini: «La politica ha interessi a breve termine e non pensa al cambiamento climatico»
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Stefano Caserini: «La politica ha interessi a breve termine e non pensa al cambiamento climatico»

Fridays for future ieri a Roma – Lapresse

Intervista Stefano Caserini insegna Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Dalle pagine del blog Climalteranti dal 2008 si occupa di divulgazione sul climate change

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 24 settembre 2022

Stefano Caserini insegna Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Dalle pagine del blog Climalteranti dal 2008 si occupa di divulgazione sul climate change.

I giovani in piazza in Italia per il Global Climate Strike dicono che chi chiede il loro voto non ascolta la loro voce: è davvero così?
L’analisi dei programmi diffusa dall’Italian Climate Network mostra grandi differenze: c’è chi ha considerato in modo serio la questione climatica (sopra il 7 ci sono Verdi europei e Sinistra italiana, Pd, Unione popolare e M5S, ndr). Sui mezzi d’informazione però il dibattito è stato compresso sul tema, impellente, del caro energia. Del resto, i media hanno dato grande spazio a Calenda, invece di ospitare i partiti più marcatamente ambientalisti. Anche il Pd si è speso, a cominciare dalla scelta del bus elettrico. La maggior parte dei partiti però ha preso voti scarsi e non sorprende che i leader si siano occupati di altro, ma non bisogna generalizzare. Gente come Renzi non si è mai interessata al clima.

Possibile che non si comprenda l’importanza della questione?
La politica ha interessi di potere a breve termine e non credo abbia a cuore la questione del cambiamento climatico. Si lotta per i voti, per prenderli dove i sondaggi dicono che ci sono. Se Berlusconi afferma di voler piantare un milione di alberi è perché sa che le persone vogliono sentirlo dire, se desiderassero centrali a carbone avrebbe promesso quelle.

Siccità eccezionale, caldo record ed eventi estremi come l’alluvione nelle Marche: perché non fanno breccia sulla campagna elettorale?
Gli effetti del cambiamento climatico incidono meno su chi ha un reddito alto e gli esseri umani hanno una capacità di rimuovere la realtà molto efficace. La situazione cambia quando molte persone sono colpite in prima persona, com’è successo in Australia: gli incendi hanno spostato l’attenzione dell’opinione pubblica tanto che le elezioni di inizio 2022 sono state definite «climate election» e il negazionista pro carbone Abbott ha perso. Ma non è detto che noi impareremo dalla catastrofe del cambiamento climatico, perché avanza a rallentatore: che importa che il Po sia senz’acqua finché non incide sul mio quotidiano.

Dodici mesi fa il governo italiano ha ospitato la preCop26 a Milano. Come giudicA l’impegno sui temi della transizione ecologica?
Abbiamo accumulato un ritardo su tante questioni, penso ai decreti sulle comunità energetiche o alla spinta sulle rinnovabili. Cingolani ha continuato per mesi a dire che non ci sono problemi, perché il gas arriva. Il mio giudizio è molto negativo sulla capacità del ministro di cogliere una questione epocale: ha scelto di non affrontare la necessità di cambiamenti radicali. Dobbiamo uscire velocemente dalle fonti fossili, ma queste non sono state parole chiave.

A proposito di fonti fossili, ha senso immaginare di ridurre i consumi di gas sfruttando al massimo le centrali a carbone, come fa il Piano del MiTE?
Ha senso usarle per non stare al freddo, se l’alternativa è avere problemi di elettricità e calore. Grazie al meccanismo dell’Emission Trading Scheme (Ets) sfruttare il carbone non significa in automatico maggiori emissioni di CO2 a livello europeo, perché saranno compensate. Il problema è chi, come Calenda, mette in discussione il sistema dell’Ets, dicendo che bisogna sospenderlo: a quel punto tutte le emissioni sarebbero aggiuntive. È per me l’affermazione più grave della campagna elettorale, quella di un sedicente europeista che vorrebbe annichilire il caposaldo della politica europea sul clima.

Un altro tema elettorale sono i rigassificatori. Ha senso realizzarli se dobbiamo abbandonare i combustibili fossili?
Siamo i emergenza ma prima di investire servirebbero studi accurati per stabilire quanti impianti eventualmente realizzare, per quanto tempo usarli e con quali obiettivi. Una volta che si investe in infrastrutture fossili, il rischio è che poi si continui ad usarle: non possiamo pensare ai rigassificatori per togliere spazio alle rinnovabili.

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