Stati Generali dell’azione climatica, chiamata ai collettivi
Val d’Ossola Dal 1 al 3 settembre uno spazio di incontro e collaborazione tra le diverse realtà che in Italia praticano l’agire climatico
Val d’Ossola Dal 1 al 3 settembre uno spazio di incontro e collaborazione tra le diverse realtà che in Italia praticano l’agire climatico
Il collettivo “Ci sarà un bel clima” ha lanciato una chiamata nazionale attraverso la proposta degli Stati Generali dell’azione climatica, che si terranno da oggi al 3 settembre all’interno di “Campo Base”, festival dedicato alla montagna, alla natura e alla vita all’aria aperta ad Oira, in Val d’Ossola.
Il collettivo nasce a settembre 2020, dopo il primo periodo pandemico, con un incontro in Val Grande mosso dall’esigenza di rimettere al centro lo spazio fisico dell’attivismo nella sfera pubblica. Il digitale non basta: siamo prima di tutto corpi che agiscono, dialogano e negoziano nello spazio fisico. Le nostre “promesse di futuro” hanno bisogno di spazi dedicati. Dalla scrittura di un manifesto programmatico, si è così giunti agli Stati Generali di questi giorni. La scelta del luogo è voluta: è importante incontrarsi fuori dai centri delle grandi città, per farlo invece nelle aree interne e nei luoghi del margine. Ciò permette di discutere vicino alla voce della “natura”, perché il dove si discute non è indifferente al cosa si discute.
Giusta la scelta sin dal titolo dell’evento: “azione climatica”. Come ha insegnato Bruno Latour, la crisi climatica cambia lo statuto di Gaia, che da sfondo della scena diventa uno dei suoi principali protagonisti. Esistono oggi diverse forme di agire climatico che vanno dall’attivismo, alla comunicazione pubblica, alla produzione culturale, a forme di produzione di beni e servizi (si pensi alle comunità energetiche rinnovabili). Tutte queste non sono solo forme dell’agire per la natura, ma con la natura. Forme ibride e mobilitanti che trascendono, nel loro agire concreto, i confini tra ciò che è natura e ciò che non lo è.
Forme però molto frammentate, isolate e spesso tra loro non comunicanti. Forme che si percepiscono come simili solo in quanto si oppongono, con le idee e con i fatti, a un nemico comune. Senza per questo esplicitare quali obiettivi, mezzi e strategie si dovrebbero mettere in campo per attuare in concreto la trasformazione ecologica e la transizione energetica. A volte, specie nei movimenti, forme dell’agire climatico in concorrenza e che faticano a trovare punti focali per il coordinamento.
Gli Stati Generali intendono gettare le basi per la creazione di uno spazio di incontro e collaborazione tra le diverse realtà che in Italia si occupano di clima dal punto di vista dell’agire climatico (attivismo, divulgazione, promozione culturale, aziende che partecipano come osservatori). Obiettivo è quello di stilare un documento congiunto su sei temi fondativi per una trasformazione ecologica concreta, da presentare alla politica e gli interessi organizzati. Il metodo sarà quello delle assemblee dei cittadini, attraverso workshop facilitati e momenti assembleari. A partire dai temi fondativi così individuati, si passerà poi alle fasi successive.
Gli Stati Generali vogliono dunque individuare i temi comuni oltre le diversità che compongono l’arcipelago verde dell’agire climatico. Lo vogliono fare attraverso la messa a punto di un modello attuativo e non solo o tanto in astratto e su questioni di principio. Sono le soluzioni che possono contribuire a sciogliere le differenze, abilitando l’azione collettiva.
Alla chiamata hanno risposto un centinaio di persone da tutta Italia, in rappresentanza di 20/30 collettivi, tra cui: Fridays For Future, Extinction Rebellion, ActionAid, Ecologia politica network, Fantapolitica, Gkn, Riabitare l’Italia, Italian Climate Network. Ci sono anche reti locali come Rete climatica trentina, Torino Respira, Sai che puoi e reti di ricercatori e scienziati come la neonata rete Ora (ricercatori Cnr che si sono costituiti per far sì che la voce degli scienziati abbia peso) e il Comitato nucleare e ragione (pro nuke). La diversità delle voci testimonia la scelta di una curvatura volutamente ampia, oltre le differenze che spesso separano l’agire climatico.
I politici, in questo primo incontro, sono stati invitati come osservatori e non come relatori: la politica deve ricominciare ad ascoltare, prima di proporre. Certo la politica ha poi l’onere e il potere di decidere e, per questo, sarà cruciale individuare un metodo di lavoro per arrivare a impegni pubblici vincolanti: chi fa cosa, come, entro quando, con quali risorse (si vedano le mie interviste a Charles Sabel). Perché il clima non ha bisogno di promesse, ma di proposte e di soluzioni che cammino sulle gambe di attori, filiere e territori. Solo così l’agire climatico diffuso potrà tradursi in azione politica e in un diverso modo di lavorare, consumare e vivere la propria quotidianità.
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