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Stakeknife e compagnia, ombre britanniche sui muri di Belfast

Stakeknife e compagnia, ombre britanniche sui muri di BelfastMurale repubblicano a Belfast: ritratto di Bobby Sands, foto di Fabrizio Rostelli – Fabrizio Rostelli

Storie Tre irlandesi tornano sul recente passato del loro paese e discutono il tema degli informatori britannici: l'autore di «Lily White» e «A Belfast boy», Michael Phillips; Sam Millar, ex militante dell'IRA dalla vita rocambolesca, raccontata nel romanzo autobiografico «On the brinks»; e Danny Morrison, figura storica del movimento repubblicano e protagonista della transizione verso una strategia di lotta che ha condotto alla crescita elettorale dello Sinn Féin

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 26 ottobre 2024

Il corso della storia delle organizzazioni clandestine paramilitari si è sempre incrociato, a volte fino a confondersi, con le vicende e le azioni di infiltrati, spie e semplici informatori. Anche l’IRA, durante la sua esistenza, ha dovuto fare i conti con un’intensa attività di spionaggio da parte dei servizi segreti britannici. Spesso i contorni di queste storie rimangono oscuri anche dopo la morte dei protagonisti, come è accaduto per l’affaire Scappaticci-Stakeknife. Freddie Scappaticci (arrestato nel 2018, deceduto nel 2023 a 77 anni, mai condannato), nome in codice Stakeknife (una storpiatura di steak knife, coltello da carne), si è infiltrato per circa 20 anni per conto dell’MI5 ai livelli più alti dell’esercito repubblicano irlandese.

Questo ex muratore di origini italiane non solo ha vissuto, e forse condizionato, gli snodi principali del conflitto nordirlandese ma ha addirittura diretto la cosiddetta nutting squad dell’IRA, una cellula interna preposta a stanare con metodi brutali gli informatori presenti nel movimento. Tra le vittime di questa unità di controspionaggio compaiono non solo repubblicani accusati di essere spie ma anche persone che avrebbero potuto rivelare l’identità di Stakeknife. Rimangono diversi dubbi su chi realmente tirasse i fili di queste operazioni: l’IRA o la corona? A marzo di quest’anno sono stati resi pubblici i risultati provvisori del rapporto Kenova, un’indagine diretta dall’ex capo della polizia Jon Boutcher sulle attività di Scappaticci ed i legami con i servizi inglesi.

Secondo il rapporto, la squadrone della morte diretto da Stakeknife si è reso responsabile di 14 omicidi e 15 rapimenti – senza contare le persone scomparse – dei quali i servizi segreti britannici erano a conoscenza ma per cui non sono intervenuti. Se il capitolo dei Troubles si può storiograficamente definire concluso, lo stesso non si può affermare per le tante famiglie che ancora attendono di conoscere la verità sulla morte dei propri cari. E se è vero che Scappaticci è stato definito dai media come il più noto agente segreto infiltrato nell’IRA, è altrettanto vero che diversi ex prigionieri repubblicani sono convinti che ci sia ancora almeno un’altra spia di alto profilo tra le fila del movimento.

A crederlo ad esempio è il repubblicano Michael Phillips, originario di Belfast, cresciuto durante gli anni più tormentati della storia irlandese e arrestato a Londra per presunto terrorismo nel 1996. Nel romanzo autobiografico A Belfast boy Phillips ha raccontato la sua infanzia fino alla prigionia nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh. Oggi vive a Bologna da circa 20 anni, è autore del podcast di successo Troubles, ma i sospetti relativi a possibili informatori nel movimento e nell’Irish Republican Army non lo hanno abbandonato.

Danny Morrison

«Conosco qualcuno molto più in alto di Scappaticci – mi ha rivelato Phillips – C’è almeno una manciata di altri repubblicani che lo sospetta da anni. Le prove sono estremamente esili, ma esistono. In realtà sono rimasto sorpreso dall’incontrare una persona che sta conducendo un’indagine su questo caso. Sono abbastanza sicuro che sia solo questione di tempo prima che venga finalmente scoperto. Una volta ho persino guardato un documentario che parlava di un ex volontario dell’IRA che sta conducendo la sua indagine su un traditore noto come ‘Familiar Face’ ma non posso essere sicuro che si tratti della stessa persona. Oggi gli ex membri dell’IRA sono completamente liberi di parlare e discutere del passato, quindi molti di loro stanno iniziando a capire perché alcune delle loro operazioni sono state compromesse, incrociando i riferimenti con persone che conoscevano e con cui avevano lavorato. Mi è stato detto che il suo nome viene costantemente menzionato in queste circostanze».

Phillips non è il solo a fare accuse pesanti. Secondo Sam Millar, ex irriducibile dell’IRA dalla vita rocambolesca (raccontata nel romanzo autobiografico On the brinks), compagno di cella di Bobby Sands a Long Kesh e oggi scrittore di successo: «C’è sempre qualcuno più in alto. Ancora non è stato smascherato ma ho fatto il suo nome». Millar è da anni molto critico nei confronti dello Sinn Féin e della sua direzione; su posizioni simili anche John Crawley, l’ex sergente dei marine degli Stati Uniti che si arruolò come volontario nell’IRA. «Credo che ci siano informatori repubblicani di alto livello che non sono mai stati scoperti – mi ha riferito lo ’Yankee’ – Nel corso degli anni l’IRA è stata pesantemente infiltrata dall’intelligence britannica.

Non credo che Stakeknife sia stato il più grande informatore nella storia dell’IRA. Era un informatore dell’unità di intelligence militare britannica chiamata Force Research Unit (FRU), potrebbe essere stata la più nota spia dell’esercito britannico, ma c’erano informatori di livello più strategico reclutati dall’MI5 e dall’MI6 che erano conosciuti dagli inglesi come UK National Assets. Sfortunatamente, non posso rivelare informazioni che possano incriminare me stesso o chi me le ha fornite, quindi è impossibile provarlo pubblicamente. Sono convinto, tuttavia, che altri informatori di alto livello esistessero nell’IRA e continuino ad esistere nell’IRA e nello Sinn Féin».

Sam Miller (foto di Fabrizio Rostelli)

Di tutt’altra opinione è Danny Morrison, figura storica del movimento repubblicano e protagonista della transizione verso una strategia di lotta che ha condotto alla crescita elettorale dello Sinn Féin. Morrison, oggi 71enne, è stato responsabile della comunicazione del partito repubblicano dal 1979 al 1990 e portavoce di Bobby Sands durante lo sciopero della fame del 1981. Attualmente è segretario del Bobby Sands Trust.

«Gli informatori e le spie sono presenti in ogni lotta ma è molto raro che lo facciano per principio, solitamente lo fanno per avidità – mi racconta Morrison – Sono individui deboli o corrotti, questo è il caso di Scappaticci. Non conosciamo le circostanze esatte in cui è stato reclutato ma a pochissimi piaceva come persona. L’ho conosciuto, siamo stati in carcere nello stesso periodo e l’ho visto ai funerali repubblicani ma non sono mai uscito a bere con lui».

Lo stesso Morrison è stato arrestato in circostanze poco chiare che hanno visto il coinvolgimento proprio di Stakeknife. Un episodio apparentemente secondario la cui dinamica pone cruciali interrogativi sulla rete di spionaggio all’interno dell’IRA. West Belfast, 1990: le forze di sicurezza fanno irruzione in una casa dove Sandy Lynch, accusato di essere un informatore britannico, è stato interrogato dall’IRA. Poco prima dell’irruzione, Scappaticci insieme a Sean Maguire (altro membro dell’IRA e superiore di Lynch) escono dall’appartamento. All’arrivo di Morrison la RUC irrompe nella casa e procede agli arresti dei presenti, 8 in tutto, con l’accusa di rapimento e di cospirazione in omicidio.

Morrison, all’epoca figura di spicco dello Sinn Féin, ha sempre sostenuto di essersi recato da Lynch per preparare una conferenza stampa in cui l’informatore sarebbe stato smascherato e avrebbe spiegato il suo vero ruolo. Dopo aver scontato 5 anni di carcere, le accuse ai danni Morrison cadono e viene scagionato. Scappaticci ha avuto un ruolo nell’arresto? Recentemente Maguire, divenuto nel frattempo direttore del North Belfast News, poi assistente di Michelle O’Neill e infine supervisore della comunicazione dello Sinn Féin negli ultimi 10 anni, ha dovuto smentire più volte pubblicamente l’accusa di essere un informatore dei servizi britannici, avviando procedimenti legali contro i giornalisti che avevano fatto il suo nome.

Ho chiesto a Morrison se l’ipotesi dell’esistenza di informatori di alto profilo nei ranghi dell’IRA e dello Sinn Féin abbia un fondamento. «Dove sono le prove? – risponde serio Morrison – Se parliamo di quanto profondamente i servizi di sicurezza si siano infiltrati nell’IRA e nel movimento repubblicano bisogna distinguere i fatti dalla finzione. Molte persone, compresi membri dell’IRA che erano in disaccordo con la leadership, hanno cercato di giustificare la propria posizione e spiegare la strategia repubblicana come il risultato dell’azione di informatori. Hanno sostenuto che la leadership era stata così pesantemente infiltrata da deporre le armi. Questa è un’altra finzione, è una sciocchezza.

Lo stesso Sir Patrick Mayhew, ex procuratore generale britannico e poi segretario di Stato per l’Irlanda del Nord, in una lettera all’ex primo ministro John Major del 1992, scriveva che ‘in questo momento è molto difficile infiltrare l’IRA’. In quegli anni, quando fu proclamato il cessate il fuoco (1994 ndr), ero in carcere ed ero il presidente dello Sinn Féin nei blocchi H di Long Kesh. Conoscevo i pensieri e i sentimenti dei prigionieri repubblicani in quel momento. Le nostre discussioni erano giunte alle stesse conclusioni della leadership dell’IRA all’esterno: l’IRA era più forte e armata che mai ma non ci saremmo abbandonati al terrorismo. Il conflitto armato sarebbe potuto durare altri 20 o 30 anni ma nulla poteva garantire che saremmo arrivati a negoziare in condizioni migliori.

Eravamo in una situazione di stallo e dovevamo lanciare una nuova fase della lotta: costruire un partito forte nel Nord e nel Sud per sfidare il sistema. A distanza di anni, visti i risultati elettorali dello Sinn Féin, possiamo dire che la strategia ha funzionato. Dal punto di vista strategico, queste teorie del complotto si scontrano con i fatti. Come spiegano l’attentato dell’IRA al Brighton Hotel nel 1984, che ha quasi ucciso la signora Thatcher e il governo? Dov’erano gli informatori quando l’IRA fece partire una nave carica di armi dalla Libia nel 1985? Dov’erano durante l’attacco con mortaio a Downing Street del 1991 e durante gli attentati a Bishopsgate e Canary Wharf, o al quartier generale dell’esercito britannico a Lisburn nel 1997? Non devono aver fatto un buon lavoro. Ribadisco: non credo che la leadership dell’IRA sia stata infiltrata e manipolata».

Con Phillips riprendo le fila della discussione a partire dal suo ultimo romanzo Lily White, ispirato a fatti realmente accaduti.

Quanto c’è di vero nella storia di Finn, giovane militante dell’IRA?

«Il libro è ispirato a eventi reali, ma preferirei non specificare quali siano avvenuti realmente. Come ho detto in precedenza, ho visto e sentito molto nel corso degli anni e ora stanno venendo a galla molti fatti sporchi e questo sta generando disagio tra i repubblicani. Sentivo inoltre che c’erano questioni importanti da esplorare più a fondo, in particolare il perché alcuni giovani decidono di sacrificare tutto per una causa. Volevo dimostrare perché alcune persone si uniscono a un gruppo come l’IRA, non per simpatia per il repubblicanesimo irlandese, ma semplicemente per una questione di sopravvivenza e orgoglio, ai loro occhi. È molto facile per gli altri condannare la violenza perpetrata dall’IRA. Ad esempio, attualmente la maggior parte del mondo è contro Hamas, ma quando i futuri giovani palestinesi si uniranno ad Hamas tutti si sbrigheranno a condannarli di nuovo, ma dimenticheranno completamente perché quei giovani sentivano di non avere altra scelta se non quella di cercare un percorso violento come mezzo per reagire. Lily White è in parte una storia sul perché un’altra generazione di giovani irlandesi si è unita alla lotta per l’indipendenza dall’Inghilterra, mentre allo stesso tempo sperava che ci fosse un’altra scelta per condurre una vita normale. E mentre Finn, il protagonista, credeva che la sua scelta fosse onorevole, scopre presto che la guerra non lo è».

Finn viene assoldato per un attentato contro Margaret Thatcher pochi giorni dopo la firma degli Accordi del Venerdì Santo. Quanto è realistica questa ipotesi?

«Come abbiamo visto in passato, l’IRA ha preso di mira Thatcher diverse volte, quindi non è poi così difficile immaginare che potesse essere stata una vera missione. Hanno sempre detto che lei era il loro obiettivo numero 1 e che non sarebbe mai stata al sicuro. Per quanto riguarda la tempistica dell’operazione, l’IRA, proprio come l’apparato di sicurezza britannico, si è preparata a tutte le eventualità, come il fallimento del processo di pace, cosa che è accaduta molte volte in passato».

Senza raccontare il finale del libro, il tuo romanzo lascia spazio a dei sospetti su possibili informatori di alto livello nel movimento repubblicano. Credi che i vertici dell’IRA siano stati infiltrati dai servizi britannici al punto tale da aver influenzato le loro scelte?

«Per molti anni si vociferava di un traditore al vertice. Gli inglesi volevano certamente che i repubblicani ci credessero e hanno fatto di tutto per convincere la gente che avevano qualcuno lì. L’IRA e lo Sinn Féin naturalmente hanno detto che si trattava di disinformazione, anche se con Donaldson (informatore dei servizi britannici ai piani alti dello Sinn Féin ucciso nel 2006 ndr) e Scappaticci smascherati sono scattati grandi campanelli d’allarme, è stato molto imbarazzante. Queste vicende hanno causato notevoli problemi interni che probabilmente sono durati per anni, almeno tra i volontari dell’IRA. Come repubblicano mi sono sentito tradito. Scappaticci viveva in una zona da cui provenivano gli scioperanti della fame, vicino alla mia, il che è stato ancora più terribile. Ti fa sentire vulnerabile e inizi a dubitare di tutti e di tutto. I traditori di alto livello influenzano sempre le decisioni, soprattutto se sopravvivono a lungo.

Mentre alcune persone sostengono che potrebbero aver aiutato il processo di pace ad arrivare più velocemente, chiunque abbia studiato seriamente l’impero britannico e le sue azioni, soprattutto in Irlanda, capirà che il governo britannico non ha mai agito generosamente nei nostri confronti come nazione. I loro interessi politici e militari sono sempre stati solo quelli di soggiogare e reprimere l’Irlanda e il suo popolo in ogni modo possibile. I repubblicani devono capire quanto il governo britannico stia effettivamente influenzando l’attuale percorso politico. Inoltre, l’obiettivo di un traditore è sempre quello di sopravvivere, anche mentre le persone intorno a lui vengono uccise e loro (gli inglesi) erano pienamente consapevoli di ogni passo compiuto dal loro collaborazionista. Ciò che vorrei davvero che accadesse è che questo traditore confessi di fronte alla sua comunità e al movimento repubblicano. È probabilmente responsabile della morte di molti dei suoi compagni. Per le famiglie delle sue vittime, che ora potrebbero sospettare il suo coinvolgimento, questo potrebbe essere un piccolo passo per aiutarle a conoscere la verità».

Verità più difficili da accertare con l’introduzione del Legacy Act secondo Morrison: «I conservatori lo hanno approvato, fermando le autopsie, le inchieste e le indagini sul passato perché gli inglesi sono immersi fino al collo nella guerra sporca. Non ci sarà mai un processo per la verità, perché la verità è che il governo britannico era coinvolto nel terrorismo. Il Legacy Act ha lo scopo di proteggere l’establishment britannico, l’esercito, l’MI5 e la RUC».

Sulle responsabilità della guerra condotta in Irlanda sia Phillips che Morrison non hanno dubbi: «A Downing Street hanno le mani sporche di sangue».

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