Stadio della Roma, condannati Marcello De Vito (M5s) e Luca Parnasi
Giustizia Il sipario sul megaprogetto dello stadio della Roma a Tor di Valle, alzato in pompa magna il 26 marzo 2014 nella Sala della Protomoteca del Campidoglio con tanto di plastico, […]
Giustizia Il sipario sul megaprogetto dello stadio della Roma a Tor di Valle, alzato in pompa magna il 26 marzo 2014 nella Sala della Protomoteca del Campidoglio con tanto di plastico, […]
Il sipario sul megaprogetto dello stadio della Roma a Tor di Valle, alzato in pompa magna il 26 marzo 2014 nella Sala della Protomoteca del Campidoglio con tanto di plastico, cala definitivamente a Piazzale Clodio con trenta anni di carcere complessivi comminati in primo grado a nove dei 22 imputati per i quali lo scorso 27 ottobre le pm Giulia Guccione e Luigia Spinelli avevano chiesto pene per oltre cento anni di reclusione.
Dopo otto ore di camera di consiglio, rinvenendo a vario titolo tra gli altri reati di corruzione, finanziamento illecito e traffico di influenze illecite, i giudici dall’ottava sezione collegiale hanno condannato l’ex presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito, del M5S, a 8 anni e 8 mesi di reclusione e a nove anni l’avvocato Camillo Mezzacapo. Entrambi dovranno pagare anche circa 230 mila euro in favore del Comune di Roma. Le altre condanne: tre anni all’ex presidente Acea Luca Lanzalone; due anni per il costruttore Luca Parnasi che aveva scelto il rito abbreviato; un anno al parlamentare della Lega, Giulio Centemero. E ancora: un anno e sei mesi all’imprenditore Giuseppe Statuto mentre per Gianluca Bardelli inflitti 6 anni e 8 mesi,1 anno e 10 mesi per Andrea Palozzi e 8 mesi al commercialista Andrea Manzoni.
Tra gli assolti, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, l’ex assessore regionale del Pd Michele Civita, l’ex tesoriere del Pd Francesco Bonifazi l’ex sovrintendente Francesco Prosperetti e l’ex consigliere comunale Davide Bordoni. Praticamente tutto il Pd ha tirato ieri un sospiro di sollievo.
Secondo la procura, l’imprenditore Luca Parnasi aveva messo in piedi «un sistema corruttivo per fare impresa che consisteva nel favorire i partiti politici locali di tutti gli schieramenti», con Lanzalone come referente di primo piano. E aveva cercato di pilotare le procedure amministrative legate al cronoprogramma del business park di Tor di Valle nell’ambito della conferenza dei servizi. Nel processo è finito anche il filone che riguardava il finanziamento alla politica: circa 400 mila euro che Parnasi, per sua stessa ammissione, avrebbe garantito alle fondazioni vicine ad alcuni partiti.
In Aula le pm avevano ricostruito i rapporti tra il M5S e Parnasi: «I 5S e Virginia Raggi inizialmente volevano bloccare il progetto dello stadio. Poi, una volta sindaca, Raggi inizia a chiedere chiarimenti all’avvocatura capitolina e in questa interlocuzione si inserisce proprio Lanzalone. Virginia Raggi ha palesemente mentito – accusava la procura – dicendo di aver rinegoziato la decisione su indicazione dell’avvocatura capitolina, il Comune infatti ha agito in modo diverso rispetto alle indicazioni dell’avvocatura proprio perché intanto era arrivato Lanzalone che aveva avviato il rapporto corruttivo con Parnasi».
Forse vale la pena ricordare cosa scrisse l’assessore all’urbanistica Paolo Berdini quando si dimise dalla giunta Raggi il 14 febbraio 2017: «Mentre le periferie sprofondano in un degrado senza fine e aumenta l’emergenza abitativa, l’unica preoccupazione sembra essere lo Stadio della Roma».
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