Una pioggia di euro sulle carceri italiane: sono 166 i milioni di euro che il ministero delle Infrastrutture sostiene di avere “a disposizione” per la ristrutturazione di alcune strutture penitenziarie. In alcuni casi (Forlì, San Vito al Tagliamento, Brescia, Firenze) gli interventi saranno tali da aumentare la capienza delle patrie galere, nella più eloquente delle risposte possibili al problema del sovraffollamento: nessuna prospettiva di tirar fuori persone dalle prigioni, ma viceversa prigioni sempre più grandi. Fa nulla constatare che, a fronte di un calo dei reati costante da ormai tre decenni, la popolazione carceraria continui ad aumentare. Il sottosegretario Andrea Delmastro è chiarissimo su quale sia l’opinione in merito del governo Meloni: “Il sovraffollamento carcerario si affronta con l’edilizia penitenziaria e non con i soliti provvedimenti svuota carceri a cui ci hanno abituato i governi passati che erodono la certezza della pena, aumentano l’insicurezza sociale e non affrontano strutturalmente il tema del sovraffollamento”.

Le reazioni alla notizia sono arrivate quasi tutte da destra, con deputati, senatori, consiglieri regionali e cacicchi territoriali che “parlano di promesse mantenute” ed esprimono comprensibile entusiasmo per l’ingente quantità di denaro che pioverà sui loro territori. Tra il dire e il faro, comunque, di mezzo resta il proverbiale mare: i soldi spuntati fuori dalla riunione del comitato interministeriale sulle carceri – dove i tecnici del ministero di Salvini hanno annunciato di aver trovato ben 166 milioni per fare i lavori – non saranno erogati direttamente, ma verranno gestiti dai provveditorati interregionali, che assumeranno il ruolo di soggetti attuatori.

L’opposizione, dal canto suo, questa mattina presenterà alla Camera una proposta di legge sulle case territoriali di reinserimento sociale, ovvero “una riforma possibile del carcere”, come la definisce il primo firmatario Riccardo Magi. La proposta mira a ” istituire strutture alternative al carcere, volte ad accogliere tutti i detenuti e le detenute che stanno scontando una pena detentiva anche residua non superiore a dodici mesi”. Parliamo di 7.200 persone (dati aggiornati al 31 dicembre dell’anno scorso) che potrebbero uscire di prigione, con un miglioramento sensibile della vivibilità all’interno degli istituti di pena, che vedrebbero diminuire sensibilmente la loro popolazione, che, al 31 ottobre, ammonta a 60.000 unità, di cui 8.000 in sovrannumero.

“In queste nuove strutture, di capienza limitata, compresa tra cinque e quindici persone, che sarebbero istituite d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentiti i Comuni, sarebbe concretamente possibile dare attuazione al principio costituzionale della finalità rieducativa della pena, con lavori di pubblica utilità  e progetti che coinvolgano figure di educatori, psicologi e assistenti sociali, e altre attività cogestite con enti del terzo settore – questo prevede la pdl -. Anche il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, presieduto da Mauro Palma, aveva evidenziato l’opportunità di istituire strutture di responsabilità territoriale diverse dal carcere di questo tipo, riconoscendo l’inadeguatezza della stragrande maggioranza delle carceri italiani a rappresentare un luogo in cui sia garantito il reinserimento Sociale dei detenuti”.

Oltre a Magi, la proposta è stata sottoscritta da Deborah Serracchiani e Federico Gianassi del Pd, Enrico Costa di Azione, Luana Zanella e Devis Dori dell’Avs e Benedetto Della Vedova di Più Europa.