Troppi detenuti e suicidi, il Cpt incontra il ministro Nordio
Carcere Il Comitato per la prevenzione della tortura in via Arenula
Carcere Il Comitato per la prevenzione della tortura in via Arenula
Finalmente l’esecutivo italiano ha accettato di incontrare il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa. Ad aprile, dopo la visita del Cpt nel nostro Paese, i final talks richiesti erano stati disertati dai ministri e sottosegretari del governo Meloni. Strasburgo non l’aveva presa bene, e ha elevato la richiesta al livello superiore, tipico delle situazioni problematiche con un determinato Paese. Gli high-level talks, cui avrebbe dovuto partecipare anche il ministro Piantedosi, sono stati invece accettati ieri dal Guardasigilli Carlo Nordio che in via Arenula ha ricevuto il Presidente del Cpt Alan Mitchell. «L’incontro è stata l’occasione per illustrare le iniziative avviate dal governo per affrontare le criticità del sistema carcerario», ha fatto sapere il ministro. Alle richieste di chiarimento del Consiglio d’Europa riguardo il pericoloso trend con cui il sovraffollamento carcerario, i 77 suicidi dall’inizio dell’anno e la mancanza di un vero piano di reinserimento sociale dei detenuti, stanno avvicinando l’Italia al limite marcato dalla sentenza Torreggiani, Nordio avrebbe risposto – secondo la stessa comunicazione ministeriale – sostenendo che «le misure adottate dal governo sono in linea con gli standard indicati nel 31° Rapporto del Cpt».
MA QUANDO L’8 GENNAIO 2013 la seconda sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo condannò l’Italia per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione e diede ragione ai sette detenuti che avevano fatto ricorso per aver scontato la pena in celle dove ciascuno di loro aveva a disposizione uno spazio minore di 3 metri quadri, nella sentenza i giudici di Strasburgo scrissero: «Il sovraffollamento è una questione di diretta attinenza al mandato del Cpt. Tutti i servizi e le attività in un carcere sono influenzati negativamente se occorre farsi carico di un numero di detenuti maggiore rispetto a quello per il quale l’istituto è stato progettato».
La «sentenza Torreggiani», che condannò l’Italia a pagare un risarcimento a ciascun ricorrente, fu qualificata come «pilota», nel senso che da allora in poi viene applicata in automatico a chiunque faccia ricorso per aver subito il sovraffollamento carcerario. Allora, nei penitenziari italiani erano ristrette 65.701 persone in 49.610 posti regolamentari di cui 3.970 non disponibili. Oggi, con 62 mila detenuti in 51.196 posti regolamentari di cui 4.445 non disponibili, non siamo ancora a quei livelli ma il trend è pericolosamente in crescita repentina. «Solo nell’ultimo anno sono quasi 3.000 i detenuti in più presenti nelle carceri», fa notare l’associazione Antigone.
QUESTO DATO, insieme all’alto tasso di suicidi in carcere e ad una cattiva interpretazione della “sicurezza dinamica”, che prevede l’apertura delle celle per gran parte della giornata ma che non è vista di buon occhio dai sindacati della polizia penitenziaria, sono segni che destano forte preoccupazione a Strasburgo. Ma per il Guardasigilli è tutto sotto controllo: con il nuovo Commissario straordinario, Marco Doglio, il governo «ha avviato un piano di razionalizzazione ed ammodernamento del patrimonio edilizio carcerario» «utilizzando fondi inseriti nel Pnrr»; per la prevenzione dei suicidi «abbiamo triplicato – ha spiegato Nordio – le risorse destinate al coinvolgimento di esperti psicologi, passando da 4,5 milioni a 14,5 milioni di euro di investimenti»; la polizia penitenziaria, poi, può ritenersi soddisfatta delle «3.824» assunzioni, e per quanto riguarda i carceri minorili, «possiamo con sollievo affermare che non vi sono stati casi di suicidi», mentre «nei riguardi dei giovani abbiamo avviato diversi progetti per favorire l’integrazione socio-culturale». Se poi il 41bis, da regime di interruzione dei collegamenti con l’esterno è diventato «carcere duro», per Nordio non è un problema: basta dire che «trae origine dalla norma ideata da Giovanni Falcone».
Se la Cedu si accontenterà o meno delle parole del ministro di Giustizia, è tutto da vedere.
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