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Caso Dal Corso, l’autopsia non chiarisce la causa del decesso. La famiglia: «Segni di strangolamento»

Caso Dal Corso, l’autopsia non chiarisce la causa del decesso. La famiglia: «Segni di strangolamento»La conferenza stampa di ieri alla Camera

Roma Chiesta per la seconda volta l'archiviazione. La difesa si opporrà

Pubblicato 4 giorni faEdizione del 24 ottobre 2024

Impiccamento atipico oppure strangolamento. Il mistero sulla morte di Stefano Dal Corso resta anche dopo l’autopsia. I familiari dell’uomo spirato nel carcere di Oristano il 12 ottobre 2022 sono riusciti a ottenere, dopo sette dinieghi, l’ok dei pm all’esame autoptico solo lo scorso dicembre, a 14 mesi dalla morte. È stato condotto il 12 gennaio 2024:  i periti della procura e quelli della difesa non hanno potuto stabilire la causa del decesso oltre ogni ragionevole dubbio.

I segni rinvenuti sul corpo, comunque, dicono che è possibile che l’uomo sia stato strangolato. In alternativa il suo impiccamento va comunque ritenuto di natura atipica. Inoltre l’osso del collo non era rotto, come indicato nel referto del medico del carcere. Sul lenzuolo trovato intorno al cadavere del detenuto, poi, sono state identificate tracce di dna che apparterrebbero ad altre tre persone. Infine i livelli di metadone e benzodiazepine venuti fuori dall’analisi del capello hanno fatto segnare valori molto molto alti.

Il problema, però, è il lungo periodo di tempo intercorso tra la morte e l’esame autoptico, che ha reso impossibile chiarire dettagli importanti. Due settimane fa, intanto, è arrivata dalla procura la seconda richiesta di archiviazione del caso. L’avvocata Armida Decima ha già annunciato l’opposizione. «Le risultanze medico-legali non sono pacifiche. Dobbiamo andare avanti», ha dichiarato ieri in una conferenza stampa alla Camera dei deputati. «In tutta questa storia ci sono troppe cose che non tornano e io continuo a ricevere messaggi di violenze nella struttura penitenziaria», ha detto Marisa Dal Corso, sorella di Stefano.

Sono intervenuti anche i parlamentari Roberto Giachetti (Iv) e Ilaria Cucchi (Avs), insieme alla presidente dell’associazione Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini. Tutti concordano sul fatto che l’autopsia dovrebbe essere obbligatoria su ogni corpo senza vita trovato dietro le sbarre.

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