Pedro Sánchez e Yolanda Díaz hanno messo in scena l’accordo ritrovato fra il partito socialista e Sumar. Dopo alcuni giorni di tensioni – vere o simulate – fra gli alleati, lunedì notte i due partiti della futura coalizione governativa hanno dato a conoscere il loro programma. L’ultima volta che due partiti avevano negoziato un governo in Spagna era stato quasi quattro anni fa, a gennaio 2020, poche settimane prima dell’esplosione della pandemia. Allora l’interlocutore di Sánchez era Pablo Iglesias e l’inedito accordo di governo era arrivato dopo settimane di serrate trattative. Stavolta, le trattative più complicate stanno avvenendo dietro le quinte, e sono con gli altri alleati parlamentari, soprattutto i due partiti catalani: Esquerra Republicana e Junts. Il cui placet definitivo ancora non è arrivato, nonostante l’amnistia per i leader indipendentisti sia ormai sicura. Ma non deve essere lontano. Un segno è la convinzione con cui il ministro degli esteri José Manuel Albares ha difeso nel Consiglio degli affari generali della Ue, di cui la Spagna esercita la presidenza di turno, la richiesta che il catalano, il basco e il galiziano diventino lingue ufficiali a Bruxelles.

IN 48 PAGINE di documento intitolato La Spagna avanza, i due futuri soci di governo elencano le misure che promettono di adottare o riprendono dagli accordi precedenti. L’idea più innovatrice è la riduzione della giornata di lavoro, fortemente voluta dall’attuale ministra del lavoro Yolanda Díaz: si passerebbe da 40 ore settimanali a 38,5 nel 2024 e 37,5 nel 2025, senza arrivare alle 32 che voleva Sumar, il tutto a parità di salario. Si parla anche di aumentare ulteriormente il salario minimo per arrivare al 60% del salario medio (che in Spagna è intorno ai 2.100 euro lordi per 12 mesi). Si fissa l’obiettivo del 20% di edilizia residenziale pubblica: ambizioso, se si pensa che oggi è solo il 2%. Inoltre, misure per contenere il caro-affitti (in parte applicando la legge approvata in extremis quest’anno).

IN POLITICA ESTERA spicca il riconoscimento dello stato palestinese, ma non c’è traccia dello spinoso tema delle «restituzioni a caldo» dei migranti alla frontiera, delle regolarizzazioni richieste dai collettivi migranti o della gestione dei flussi: si parla solo di un generico «patto per la migrazione e l’asilo».

ANCHE SUL PIANO SOCIALE misure ambiziose: aumentare i permessi per la nascita di un figlio (ora identici per i progenitori) da 16 a 20 settimane e, altra misura difesa da Díaz, un carrello “base” di beni di prima necessità a prezzi calmierati, e infine l’approvazione di una legge sulle famiglie, rimasta nel cassetto in questa legislatura, che tra le altre cose fomenti l’affido, e i permessi per la cura dei familiari (in parte già introdotti). Ancora, miglioramento della prestazione del “minimo vitale” e ancoramento delle pensioni all’inflazione.

IN CAMPO SANITARIO (competenza regionale), a parte un aumento del numero dei medici, si punta a migliorare l’attenzione primaria, fissare limiti alle liste d’attesa e soprattutto introdurre la salute dentale, mentale e visuale nella sanità pubblica, con aiuti per l’acquisto di occhiali e lenti per i bambini.
Nel campo dell’istruzione, a parte la storica promessa di garantire a tutti i bambini educazione pubblica fra zero e tre anni (gestita dai comuni), si parla in maniera generica di aumentare borse e buoni mensa, migliorare le condizioni del professorato e diminuire il numero di alunni per aula, anche se nella recente riforma scolastica il governo non aveva introdotto questa norma.

SI PARLA, DI NUOVO, di riformare la legge bavaglio del Pp, cosa che il governo non è riuscito a fare. In campo ambientale l’impegno più significativo è il rispetto dell’obiettivo di tagliare le emissioni del 55% entro il 2030, aumentare l’uso dell’auto elettrica e l’abolizione dei voli da meno di due ore a favore del treno. Nel campo della difesa delle donne si vuole rafforzare la lotta alla violenza maschilista e approvare la legge rimasta in sospeso contro la tratta delle persone.

La ministra del settore, Irene Montero, nonostante i successi (ieri la Spagna è balzata al quarto posto nel ranking europeo per l’uguaglianza), così come Ione Belarra, non si sono viste alla presentazione del programma. Podemos, escluso dalle trattative, è irritato. Ma è difficile che i suoi 5 deputati si mettano di traverso.