La dittatura franchista è illegale, così come lo sono tutte le sentenze e gli stessi tribunali franchisti fra il colpo di stato del 1936 e il 1978, anno dell’entrata in vigore della costituzione democratica spagnola. Il senato spagnolo ha approvato questa settimana senza nessun emendamento la nuova Legge della Memoria Democratica che pertanto entra in vigore e costituisce un simbolico e sostanziale passo in avanti della Spagna democratica rispetto alla lettura della propria, drammatica storia recente.

Non a caso le destre hanno votato in maniera compatta contro una legge fortemente voluta dal governo rosso-viola, con l’appoggio di partiti come i baschi del Pnv o EH Bildu (considerati gli eredi del braccio politico dell’Eta), o i catalani di Esquerra Republicana (che si sono astenuti). L’ultimo che aveva avuto il coraggio di toccare un tema tabù come questo era stato il socialista José Luís Zapatero nel 2007.

Ma la legge approvata in Senato migliora la legge di Zapatero in molti aspetti: oltre a certificare che il franchismo è stato un governo formalmente illegale (cosa che nelle file della destra in questo paese costa ancora accettare), definisce come vittima chiunque «abbia patito, individualmente o collettivamente, un danno fisico, morale o psicologico, o danni patrimoniali, o una lesione sostanziale dei propri diritti fondamentale». Quindi le persone esiliate, o quelle mandate ai lavori forzati, o le vittime della discriminazione contro le persone omosessuali sarebbero tutte considerate legittimamente vittime. Anche se la legge non riconosce esplicitamente il diritto a una compensazione economica.

Un altro elemento importante di questa legge è che le più di 100mila persone che ancora sono considerate “scomparse” durante la guerra civile e la dittatura e per le quali non si conosce il luogo di sepoltura esatto, da oggi dovranno essere cercate attivamente dallo stato: la questione dell’ubicazione delle fosse comuni e l’identificazione delle vittime è stata finora gestita a macchia di leopardo e con molta fatica. Da oggi invece, sarà lo stato a doversi incaricare di cercare, identificare ed eventualmente esumare il resto dei desaparecidos. La nuova legge prevede fra l’altro che lo stato debba costituire una banca di Dna per poter comparare profili genetici e preparare un censo di tutte le vittime e dei sopravvissuti, che finora non esisteva.

Per quanto la legge non arrivi a fare il passo che molte associazioni e alcuni partiti, come la stessa Esquerra chiedevano, cioè quello di annullare la vergognosa legge di amnistia del 1977 che aveva cancellato tutti i crimini franchisti, tuttavia stipula «il diritto alla verità delle vittime di gravi violazioni dei diritti umani o del diritto internazionale umanitario». Pertanto, tutti i crimini non amnistiabili secondo il diritto internazionale, come i crimini di guerra, lesa umanità, genicidio e tortura potranno essere giudicati. Paradossalmente, il paese che aveva (sempre sotto Zapatero) varato la legge di giurisdizione universale (poi derogata dal governo di destra di Rajoy) non ha mai messo sotto processo i crimini della propria dittatura (che oggi sono giudicati solo da alcuni tribunali argentini).

Tra le altre novità previste dalla legge, c’è quella che entro un anno si dovrà varare una norma che deroghi la legge franchista sui segreti di stato del 1968 con l’obiettivo di garantire l’accesso libero, gratuito e universale a tutti i documenti della dittatura. Ma non fa menzione a quelli della Chiesa cattolica: non è un punto minore, giacché per esempio sono proprio le parrocchie e i centri religiosi che mantengono nascosti i documenti relativi ai moltissimi casi di bebè rubati ai dissidenti politici e dati in adozione alle famiglie benestanti e franchiste. Vengono aboliti tutti i titoli nobiliari concessi da Franco.

Sempre entro un anno, il governo dovrà approntare una commissione per analizzare se sono stati commessi delitti che abbiano vulnerato i diritti umani fra il 1978 e il 1983, cioè durante i primi anni dopo la dittatura (in cui entra anche il tentativo di colpo di stato o i delitti commessi dai famigerati Gal, le forze paramilitari finanziati dal governo di Felipe González per combattere illegalmente l’Eta). Questa norma mira a preservare le persone che abbiano lottato per la «consolidazione della democrazia» e dovrà trovare «possibili modi di riconoscere e riparare» i danni di questo gruppo di persone. Anche la lingua catalana, basca e galiziana e le comunità che le parlano e la loro cultura vengono considerate vittime della «repressione e persecuzione» culturale e linguistica del franchismo, e pertanto avranno «diritto al riconoscimento e riparazione integrale da parte dello stato».

Anche il mastodontico monumento della Valle de los Caídos costruito da Franco con il lavoro forzoso dei prigionieri politici verrà «risignificato»: si chiamerà Valle de Cuelgamuros (il nome della località dove si trova) e verrà dedicato alla memoria. Dopo aver tolto i resti di Franco, verranno esumati anche i resti di altri falangisti come José Antonio Primo de Rivera.

Infine nell’articolo 11 viene dato un ruolo centrale anche alle donne: la legge riconoscerà tutte quelle donne che ebbero un ruolo attivo nella vita intellettuale e politica e vuole compensare il danno delle madri, compagne o familiari degli assassinati o vittime delle rappresaglie franchiste.

Il ministro della presidenza del governo, Fèlix Bolaños, che parla di un giorno «indimenticabile per la democrazia spagnola», si è lamentato che una norma «che salda un debito con milioni di spagnoli» non sia stata approvata all’unanimità, ma la destra già parla di cancellarla una volta arrivata al governo e mette sullo stesso piano le vittime dell’Eta e quelle del franchismo, tra le quali introdurrà «un’inaccettabile disuguaglianza». «Avete fatto saltare il patto costituzionale del 78», hanno tuonato dai banchi i popolari. Vox addirittura vaneggia che la legge costituisce un «attacco vile e miserabile alla storia recente del nostro paese». Esquerra invece avrebbe voluto anche sopprimere il titolo di «re di Spagna» (giacché il padre dell’attuale monarca venne messo sul trono dallo stesso dittatore), ma l’emendamento non è stato ammesso perché avrebbe implicato una modifica costituzionale.