La riduzione dell’orario di lavoro da 40 a 37,5 ore settimanali è la misura più innovativa tra quelle contenute nell’accordo di governo tra il Psoe e Sumar. Tra affidare la riduzione tutta alla contrattazione tra le parti sociali o produrre un taglio delle ore lavorate in pochi mesi, si è scelto il cammino della gradualità: il prossimo anno l’orario verrà portato per legge a 38,5 ore e solo nel 2025 verrà stabilito l’orario legale a 37,5 ore la settimana.

Poi sarà la contrattazione collettiva a modularne l’applicazione nei vari settori, prevedendo possibili ulteriori riduzioni. Questa almeno la proposta dei partner della coalizione del probabile futuro governo spagnolo, accolta con favore dai sindacati confederali e respinta con nettezza dalle associazioni delle imprese.

L’ultimo cambiamento di orario nello Statuto dei lavoratori in Spagna risale a quarant’anni fa: fu il governo socialista di Felipe González a ricondurre, nel 1983, la settimana lavorativa dalle 43-44 ore di allora alle 40 ore legali in vigore fino a oggi, distribuite normalmente su cinque giornate di otto ore ciascuna. Anche allora le imprese avevano mostrato la loro contrarietà al provvedimento, accampando problemi di produttività già bassa in Spagna, specie per le attività a scarso valore aggiunto che ne dominano il tessuto produttivo.

Anche se esperienze di riduzione di orario di lavoro in vari paesi europei sullo schema di quattro giorni lavorativi su sette, hanno dimostrato piuttosto quanto la produttività aumenti per l’aumentato benessere delle lavoratrici e lavoratori coinvolti.

In Spagna, secondo i dati proposti nella Encuesta de Población Activa, oltre 10,5 milioni di persone (50,1% degli occupati) lavora 40 ore la settimana, mentre il 16,3 % del totale lavora meno di 35 ore e il 10,5% oltre 45 ore settimanali. In generale, i lavoratori autonomi hanno una settimana lavorativa più lunga dei lavoratori dipendenti. Ma l’orario medio di lavoro dipende anche dal tipo di contratto, dal genere e dal settore: i dipendenti con contratto a tempo indeterminato e pieno lavorano fino a 39,5 ore la settimana (contro le 21 ore con contratto a tempo parziale, 17 ore con contratto a tempo determinato); le donne hanno un orario settimanale più ridotto degli uomini (35,2 ore contro 39,9 ore); i settori primari, delle costruzioni e dei trasporti lavorano più ore la settimana, quelli pubblici hanno settimane lavorative più corte.

L’Unione europea nelle sue direttive sull’orario di lavoro stabilisce che l’orario medio del personale di un’azienda non possa superare le 48 ore la settimana (in un periodo di non oltre quattro mesi), che sia previsto un riposo di almeno 11 ore consecutive al giorno e il godimento di almeno 24 ore consecutive di riposo settimanale.

Secondo dati Eurostat, nel 2022 le persone occupate di età tra i 20 e i 64 anni hanno lavorato in media 36,2 ore settimanali, 24 minuti in meno rispetto ai dati precedenti la pandemia. Nei Paesi Bassi si è lavorato per 32,4 ore, mentre in Grecia e Romania le ore lavorate sono state 39,7. Nel Regno Unito, Francia, Italia e Spagna, le ore lavorate si avvicinano per qualche decimo in più o coincidono col valore medio europeo. Vari paesi europei hanno avviato l’esperimento di riduzione della settimana lavorativa a quattro giorni. Ha cominciato l’Islanda, anche se è in Gran Bretagna che il Four Days Week ha registrato risultati superiori a ogni aspettativa.

La Spagna ha avviato un test triennale con l’obiettivo delle 32 ore e in Italia alcune aziende hanno inaugurato esperienze pilota.