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Soumaila Sacko, il ragazzo del Mali che ci indica la strada

Soumaila Sacko,  il ragazzo del Mali che ci indica la strada

Immigrazione Dov’è Soumaila Sacko? E’ tornato nel suo paese il Mali, accolto dall’affetto e dal dolore straziante dei suoi famigliari. Dopo aver ricevuto nel nostro Paese il saluto degli sfruttati come […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 22 giugno 2018

Dov’è Soumaila Sacko? E’ tornato nel suo paese il Mali, accolto dall’affetto e dal dolore straziante dei suoi famigliari. Dopo aver ricevuto nel nostro Paese il saluto degli sfruttati come lui. Poche sono state le dichiarazioni della politica. Quella Del Presidente della Camera. Nessuna parola da parte di chi ci governa impegnato al contrario a spargere messaggi contro gli immigrarti e ad irridere alle loro condizioni di vita. Anche la sinistra è stata silente. Solo gli sfruttati come lui hanno raccolto la sua eredità e ci hanno trasmesso parole ricolme di dignità.

Aboubakar Soumahoro, l’amico sindacalista, ha dato una scossa ai suoi concittadini, ha dato volto e voce alla loro rabbia, a loro che lavorano sotto un sole cocente per tutto il giorno, per due euro all’ora. Li abbiamo visti sfilare sabato scorso a Roma , li vedremo a Reggio Calabria il 23 giugno prossimo. Una luce, una speranza in queste tenebre che avvolgono la nostra democrazia e la nostra convivenza. Soumaila Sacko deve continuare a vivere in mezzo a noi. Abbiamo bisogno di vedere il suo volto per ritrovare noi stessi, la nostra dignità di popolo, la nostra etica pubblica di paese solidale, la nostra radice di popolo di emigranti.

Il volto di Sacko per ricordarci quello dei nostri connazionali morti a Marcinelle, quelli morti sui barconi che salpavano gli oceani per andare nelle Americhe. Abbiamo bisogno del volto di Sacko in mezzo a noi, noi sinistra, per rimetterci in viaggio, per ritrovare l’orgoglio dei nostri valori e delle tante battaglie compiute in passato.

Come quando a Villa Literno in provincia di Caserta nel 1989 fu assassinato un senegalese sfruttato, con regolare permesso di soggiorno che raccoglieva pomodori e che aveva anche lui un grande senso della sua dignità ed un profondo rispetto per il Paese in cui viveva e che lo accoglieva: Jerrj Maslo . La sua morte provocò una reazione forte . Ho negli occhi quella oceanica manifestazione e la richiesta delle associazioni e dei sindacati, dei partiti di sinistra di costruire finalmente una svolta sulla politica dell’immigrazione. Un ministro intelligente, Claudio Martelli, raccolse quella intelligenza diffusa, quel sentimento di lotta e di indignazione e diede vita ad alla prima legge attraverso una grande Conferenza sull’immigrazione. Abbiamo bisogno che il volto di Sacko viva tra gli italiani , diventi famigliare, per sollecitarli a porsi delle domande , per ragionare pacatamente. Perché Sacko che aveva un regolare permesso di soggiorno viveva in condizioni così disumane e così sfruttate? Perché nonostante una buona recente legge contro il caporalato non si riesce a sradicare questo male del nostro Paese? Sachko non ci rubava il lavoro, faceva quello che gli italiani non vogliono fare, non ci rubava l’alloggio popolare, l’assistenza sociale. Era un lavoratore senza diritti che si batteva per avere diritti. Come capita a tanti italiani, soprattutto giovani.

Siamo noi popolo di sinistra che dobbiamo far vivere il volto di Sacko tra noi italiani. Per dire la verità, per infondere il coraggio e la curiosità verso i tanti Sacko che vivono in mezzo a noi. Per sollecitare ciascuno di noi a costruire un legame umano e sociale con le persone che ci vivono accanto. Anche quando sono immigrati. Insieme si possono costruire quartieri più vivibili. Può tornare in gioco l’umanità di ciascuno, si può affrontare finalmente il grande assente dalle politiche pubbliche e dal dibattito pubblico che è la costruzione della convivenza, compito non facile perché significa superare le distanze, avere e praticare obiettivi comuni per la comunità.

Come sanno bene tanti italiani che questa fatica e bellezza della convivenza l’hanno scoperta e la praticano da tanto tempo. Non esiste solo il risentimento e la paura. Tocca a noi, sinistra ,chiamare a raccolta questa «Italia della convivenza» ascoltare le loro esperienze e proposte per mettere in campo un’altra politica dell’immigrazione. Più umana, più efficace, capace realmente di combattere le paure. I primi obiettivi riguardano l’abrogazione della legge Bossi-Fini, la lotta alla tratta degli esser i umani ed a tutte le forme di schiavitù. All’ordine del giorno una politica europea dell’immigrazione con nuovi strumenti istituzionali.

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