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Sospeso il servizio di mediazione culturale per i migranti. I lavoratori al Viminale: «Ripristinarlo subito»

Sospeso il servizio di mediazione culturale per i migranti. I lavoratori al Viminale: «Ripristinarlo subito»Migranti in fila – LaPresse

Il caso Un gruppo di lavoratori, tra i 300/350 che dal primo luglio sono senza contratto, scrive alla ministra dell'Interno Luciana Lamorgese. Per ristabilire la convenzione manca l'ok della Corte dei conti

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 16 luglio 2022

«Dopo anni di servizio e di impegno siamo rimasti da un giorno all’altro senza lavoro e senza alcuna informazione sul nostro futuro. Da anni supportiamo gli uffici immigrazione spesso in condizioni di precarietà e instabilità contrattuale. Meritiamo chiarezza e rispetto». Alcuni dei 300/350 mediatori culturali che dal primo luglio scorso sono rimasti senza contratto hanno deciso di organizzarsi e scrivere una lettera alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese per prendere parola pubblicamente, con il sostegno delle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap).

Il 30 giugno scorso alle 18, infatti, il Viminale ha comunicato che dal giorno seguente il servizio di mediazione linguistico culturale di Cies onlus e Oim era sospeso in tutta Italia. Motivo: la scadenza delle convenzioni. Quella con Oim è in fase di rinnovo mentre quella con Cies è stata stipulata ma manca l’approvazione della Corte dei conti. Dal Viminale fanno sapere che sperano di risolvere la situazione in tempi brevi, ma intanto crescono i malumori. Anche perché si rischiano delle riduzioni di organico per motivi economici.

«Ci preoccupa soprattutto che si perda la professionalità acquisita in questi anni, necessaria a operare in uffici delicati – dice il mediatore Ismaelali Mouktar – A noi stanno già arrivando offerte di lavoro, non si può aspettare per settimane senza stipendio e senza sapere cosa accadrà. Ma i disagi principali sarebbero per i migranti e gli operatori di polizia». Due sindacati degli agenti, Siulp e Sap, hanno scritto a loro volta a Lamorgese il 4 e 5 luglio scorsi chiedendo «interventi urgenti» per risolvere la situazione e ripristinare i servizi.

I mediatori sono presenti negli uffici immigrazione delle questure, nelle sezioni che si occupano di permessi di soggiorno e protezione internazionale, e poi in hotspot, centri di permanenza per il rimpatrio, uffici di frontiera della polizia. In media lavorano 40 ore a settimana, con stipendi che si aggirano intorno ai 1.200/1.500 euro sebbene le differenze interne siano rilevanti. Anche i contratti hanno durate diverse: nove, sei, quattro mesi. Per tutti sono precari. Il loro impiego è finanziato attraverso il Fondo asilo migrazione e integrazione (Fami), con cui l’Unione europea sostiene gli stati membri.

«Chiediamo l’immediato e rapido ripristino del servizio di mediazione in tutte le sedi – si legge nella lettera firmata «Coordinamento dei mediatori interculturali d’Italia» – Chiediamo la salvaguardia dei livelli occupazionali precedenti. Riteniamo necessario che si apra nuovamente un tavolo di discussione sul riconoscimento della figura del mediatore interculturale, in modo da accedere alla contrattazione collettiva sul lavoro».

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