Paolo Sorrentino con il suo «diario» famigliare, È stata la mano di Dio è entrato nella cinquina dei film internazionali, superando così quella «soglia» che porta alla finale degli Oscar. Non è la prima volta per il regista italiano, già vincitore nella stessa categoria con La grande bellezza (2013), che avrà come diretti concorrenti il danese Flee, La persona peggiore del mondo di Joachim Trier, Lunana: A Yak in the Classroom di Pawo Choyning Dorji (Buthan) e la sorpresa più bella, Drive My Car di Hamaguchi entrato anche nelle categorie del miglior film e miglior regista.
Con l’annuncio ieri delle nomination, l’Academy ha annunciato, non senza una certa enfasi, «il ritorno del grande cinema» dopo due anni di pandemia che ne hanno minato lo stato, a cominciare dalla sala cinematografica, mutandone rapidamente l’assetto complessivo. Una promessa questa che fa pensare visto che il film più nominato è Il potere del cane (12 nomination tra cui film, regia, attore protagonista Benedict Cumberbatch, attore non protagonista, Kodi Smit-McPhee, attrice non protagonista Kirsten Dunst), prodotto da Netflix proprio come il film di Sorrentino e The Lost Daughter (attrice protagonista Olivia Colman), che «al cinema», cioè «in sala» i suoi film li fa arrivare con finestre sempre più strette o addirittura mai. Cosa dire? Non si possono certo penalizzare gli autori, Jane Campion è una magnifica regista e questo film ha potenza e invenzione nella sua forma e nella narrazione; siamo sempre a quel cambiamento che non è più ciò che un tempo era video vs cinema (Godard) o televisione verso cinema, a essere diverso è infatti l’insieme produttivo, con le piattaforme che divorano il resto – e la questione «artistica» è una piccola parte proprio come le contraddizioni (apparenti) nel sistema.

TRA GLI ALTRI TITOLI che arriveranno alla cerimonia degli Oscar, il 27 marzo a Los Angeles, e per la prima volta dopo due anni con un presentatore, c’è Dune, il film di Denis Villeneuve ne conta dieci – anche se principalmente nelle categorie «tecniche» – a cui seguono le sette di Kenneth Branagh con Belfast, memoir in bianco e nero sull’infanzia del regista nell’ Irlanda del nord in guerra, e di Steven Spielberg per West Side Story.
Miglior regia e film anche per Paul Thomas Anderson con Licorice Pizza una storia d’amore (e d’America) che appassiona con tenerezza a ogni fotogramma. In Italia esce il prossimo marzo, da non perdere.