Hollywood, la rinascita della sala e il futuro
Oscar Rimane di questi Oscar, nonostante l’epocale e lunghissimo sciopero di Hollywood che ha rallentato produzioni e uscite, una nuova stagione del cinema che in fondo è stata la vera sorpresa
Oscar Rimane di questi Oscar, nonostante l’epocale e lunghissimo sciopero di Hollywood che ha rallentato produzioni e uscite, una nuova stagione del cinema che in fondo è stata la vera sorpresa
Passerà alla storia come l’Oscar senza sorprese (ma quante ce ne sono state negli ultimi anni?), almeno per i premi: tutto già annunciato nelle settimane precedenti la cerimonia un po’ di rito al Dolby Theatre. Io capitano di Matteo Garrone non è riuscito a disattendere i pronostici che davano appunto come super favorito La zona di interesse di Glazer, film di contrasti, amatissimo o detestato per il suo dispositivo, senz’altro di segno opposto a quello di Garrone. Disumano il primo nell’illuminare la disumanizzazione messa in atto dalla macchina di sterminio nazista (all’origine c’è il romanzo omonimo di Martin Amis, Einaudi), profondamente umanista il secondo nel confronto con una realtà quale quella dei migranti oggi, che Garrone traduce in una fiaba morale mescolando la vita, i vissuti, all’elemento fantastico.
Oppenheimer ha vinto tanto, forse troppo, ma anche qui: come non premiare uno dei protagonisti del rilancio della sala, dopo il periodo buio post-pandemico nel quale se ne decretava l’estinzione? Che l’industria hollywoodiana lo celebrasse al meglio, era abbastanza nelle cose proprio come lo era l’esclusione di Barbie invece demolito (e non si capisce il perché) nonostante gli incassi planetari. Più che sicura era anche la statuetta a Emma Stone, l’interpretazione di Belle in Poor things! è di quelle davanti alle quali si dice «una prova da Oscar» ogni istante. Lei è bravissima a farsi disarticolare in chiave sontuosamente hollywoodiana da Lanthimos – la stessa disarticolazione che il regista greco aveva sperimentato in modo più radicale con le attrici di una delle sue primissime prove, Kinetta. Avremmo però preferito Lily Gladstone e non per il politicamente corretto – di cui da più parti si saluta l’«invadenza» – ma perché la sua interpretazione nel magnifico film di Scorsese, autore che l’Academy ignora anche quando nomina, è costruita su quella sottrazione in profondità che rende grande ogni gesto d’attore.
Rimane di questi Oscar, nonostante l’epocale e lunghissimo sciopero di Hollywood che ha rallentato produzioni e uscite, una nuova stagione del cinema che in fondo è stata la vera sorpresa, e che ha disatteso appunto i nefasti pronostici passati con il pubblico che nel mondo ha ritrovato il piacere di una visione collettiva. E questo, di per sé, è una bel segno a venire.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento