L’onda nera in Portogallo c’era arrivata lo scorso marzo, quando alle elezioni legislative il partito di destra radicale Chega aveva raccolto 1.169.836 voti che corrispondevano a circa il 18% dell’elettorato. Tutto lasciava presagire che l’astro di André Ventura, il leader di Chega, non avrebbe potuto fare altro che crescere, soprattutto giovandosi della posizione di opposizione. Contrariamente alle aspettative, la serata elettorale di domenica si è rivelata un disastro per la destra radicale: alle urne delle elezioni europee, ha raccolto solo 386.620 voti. Una perdita netta di circa il 70% dell’elettorato in appena 90 giorni. La partecipazione alle elezioni europee in Portogallo è particolarmente bassa, ha infatti votato solo il 37% degli aventi diritto (comunque in crescita rispetto al 30% del 2019), ma questo non è comunque sufficiente a spiegare numeri tanto sorprendenti.

Altra grande sorpresa è il successo del Partido Socialista (Ps, 32%) guidato nelle elezioni europee da Marta Temido (il segretario resta Pedro Nuno Santos) che è primo partito a corta distanza dalla coalizione di centro destra Aliança Democratica (Ad, 31%) e il successo dei liberali (Iniciativa Liberal, Il) che passano dal 5% delle scorse legislative al 10%.

Delineato il contesto, risulta ora complesso fornire uninterpretazione coerente di un cambiamento così repentino.

Tra i vari aspetti analitici del voto del 9 giugno, due emergono come particolarmente significativi: le caratteristiche dell’opinione pubblica portoghese e la solidità del sistema partitico. I dati dell’Eurobarometro pubblicati questa primavera mostrano che il 69% dei portoghesi ha una visione positiva dell’Unione Europea, una percentuale significativamente superiore rispetto al 47% della media Ue e al 46% degli italiani.

Un altro fattore rilevante è la consapevolezza dei portoghesi riguardo al peso delle decisioni prese a Bruxelles sulle loro vite. Infatti, quando viene chiesto se le azioni dell’Ue influenzano la loro vita quotidiana, l’82% dei portoghesi risponde affermativamente, a differenza del 73% degli europei e del 61% degli italiani. Nonostante questa consapevolezza non si traduca direttamente in maggiore partecipazione elettorale, non sorprende che formazioni anti-europee come Chega e il Partido Comunista Português (Pcp) incontrino comunque delle difficoltà maggiori ad affermarsi.

Significative sono anche le differenze relative alle tematiche ritenute più importanti. Ai portoghesi è stato chiesto di indicare quali argomenti dovrebbero essere discussi come questioni prioritarie durante la campagna elettorale per le prossime elezioni del Parlamento Europeo. Le tre priorità emerse sono state: la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale (52% in Portogallo, 33% nell’Ue, e 28% in Italia), la salute pubblica (48% in Portogallo, 32% nell’Ue, e 38% in Italia), e il sostegno all’occupazione (55% in Portogallo, 31% nell’Ue, e 41% in Italia). Insomma, questi dati mostrano come una ampia fetta della popolazione portoghese presti notevole attenzione a temi tipicamente sostenuti dalla sinistra. Per quanto riguarda l’immigrazione, un tema centrale per la destra radicale, gli equilibri si capovolgono: solo l’8% dei portoghesi considera l’immigrazione come una questione prioritaria, a confronto con il 24% degli europei e il 17% degli italiani.

Un altro aspetto rilevante è la solidità del sistema partitico. Il Ps, il Bloco de Esquerda (Be), il Pcp e il Partido Social Democrata (Psd, centro-destra) sono formazioni storicamente radicate, essendo state fondate nel 1974, tranne il Bloco che è nato nel 1999.

Nonostante abbiano affrontato ciclicamente sconfitte, crisi di identità e significative perdite di voti, questi partiti hanno sempre potuto contare su strutture solide e sulla capacità di (ri)costruire e rinnovare le loro leadership. Sono riusciti a rinnovarsi e a trovare nuovi modi per restare connessi ai loro segmenti di elettorato.

Di fronte alla crescente influenza di Chega, il centro-destra ha scelto di formare un governo di minoranza anziché allearsi con la destra radicale. Questa decisione riflette la cautela del centro-destra nel mantenere distanze ideologiche, nonostante la possibilità di una maggioranza più stabile con un’alleanza.

In conclusione, considerata la mutevolezza degli scenari attuali, è difficile capire cosa accadrà. Un possibile scenario potrebbe prevedere un rapido ritorno alle urne, con un nuovo governo che emerga dall’alleanza delle forze di sinistra, che insieme hanno raccolto il 44% dei voti, o da una coalizione di centro-destra, che complessivamente ha ottenuto il 42%. Quello che conta è che, per il momento, il rischio di una legittimazione di Chega sembra essere stato scongiurato.