«Come ti senti a rappresentare un paese come l’Iran che reprime i diritti delle donne?». A questa domanda, posta da un giornalista inglese durante la conferenza di stampa dei mondiali di calcio a Doha, il ct dell’Iran Carlos Queiroz (portoghese) ha risposto: «Penso che dovresti iniziare a pensare anche a quello che è successo con gli immigrati in Inghilterra».

I mondiali prenderanno il via domenica 20 novembre e saranno l’occasione per accendere i riflettori sulle violazioni dei diritti umani in Iran.

SONO QUATTRO le persone condannate a morte l’altro ieri dai tribunali rivoluzionari per aver preso parte alle proteste. La loro colpa è «aver terrorizzato i passanti per strada con armi taglienti, l’aver dato fuoco alla motocicletta di un civile e l’aver attaccato una persona con un coltello».

A riferire i capi di imputazioni è il sito web della magistratura iraniana. Cinque giorni fa, un tribunale aveva condannato a morte due dimostranti, per la prima volta dalla morte di Mahsa Amini che ha scatenato le proteste.

Sempre sul sito Mizan, si legge che altri individui sono stati condannati tra cinque e dieci anni di carcere per «essersi riuniti e aver cospirato al fine di commettere crimini contro la sicurezza nazionale e aver disturbato l’ordine pubblico».

LA SETTIMANA SCORSA la magistratura aveva assicurato che i tribunali avrebbero agito «con fermezza, con l’obiettivo della deterrenza e nel rispetto della legalità» contro chi avesse «causato danni o avesse commesso crimini».

Sono almeno 340 i morti, di cui 43 minori, e migliaia gli arrestati in questi due mesi di dimostrazioni contro l’oligarchia di ayatollah e pasdaran. Restano frequenti le interviste mandate in onda dalla tv di Stato, in cui ai familiari delle vittime viene chiesto di negare che i loro cari siano stati uccisi dalle forze dell’ordine.

Per questo, ieri gli Stati uniti hanno annunciato sanzioni contro due giornalisti e due responsabili della radiotelevisione di Stato della Repubblica islamica, accusati di aver mandato in onda interviste sotto forma di confessioni.

DI PARI PASSO con le proteste, le autorità di Teheran continuano gli attacchi ai gruppi curdi in Iraq, con il pretesto che «fomenterebbero i disordini in Iran». Resta burrascosa la situazione nel Sistan e Balucistan (sud-est dell’Iran) in cui la minoranza etnica e religiosa dei baluci, musulmani sunniti, ammonta a due milioni di persone.

Nel capoluogo Zahedan il loro leader religioso Molavi Abdolhamid ha dichiarato che, in questa situazione difficile, sarebbe opportuno che i cittadini dell’Iran si esprimessero attraverso referendum.

Nel corso dei decenni, i sunniti sono stati spesso corteggiati dai candidati alle elezioni. Residenti nelle regioni curde, nel Sistan e Balucistan e nel Sahra turkmeno, rappresentano l’8-10% della popolazione dell’Iran ma non godono di pieni diritti. Non possono aspirare alle massime cariche dello Stato, ovvero a Leader supremo e a presidente della Repubblica islamica.

EPPURE, il voto dei sunniti funziona come ago della bilancia, in particolare nelle presidenziali: nel 2013 Molavi Abdolhamid aveva invitato a votare per il moderato Hassan Rohani che aveva ottenuto il 73% dei voti nel Sistan e Balucistan. Nel 2021 a vincere, anche in questo caso grazie al loro voto, era stato Ebrahim Raisi.

Tra gli altri diritti negati ai sunniti, vi è il divieto ai loro leader religiosi di spostarsi liberamente, anche all’estero. Per contrastare le discriminazioni messe in atto dal clero sciita al potere dal 1979, la minoranza sunnita dell’Iran ha cercato di incrementare le nascite: se le iraniane hanno in media uno-due figli, tra i sunniti si arriva a otto nascite con l’obiettivo, nel giro di qualche decennio, di contare di più sul piano demografico.

INTANTO, CONTINUA il braccio di ferro con la comunità internazionale. Diversi cittadini francesi sarebbero stati arrestati in Iran e, secondo Teheran, si tratterebbe di «agenti segreti». Sale così a sette il numero di francesi nelle prigioni iraniane.

Mentre le sanzioni statunitensi colpiscono ancora esponenti della nomenclatura iraniana che non hanno interessi economici e finanziari negli Usa, a prendere misure forse più efficaci è il governo canadese, che ha vietato a esponenti del regime iraniano di entrare nel paese. Potrebbe essere una misura efficace perché, come scritto dai giornali in Iran, il Canada è meta di molti figli dell’oligarchia di Teheran.