Piogge avarissime, intere popolazioni sfollate o inurbate per invivibilità, milizie islamiste shabab che sembrano inestirpabili, governi instabili e il periodico flagello delle cavallette. Così si immagina l’ex colonia italiana nel Corno d’Africa. Ma il racconto idrico sulla Somalia offre sorprese, come spiega Paolo Paron, geologo, senior lecturer all’Ihe Delft e consulente della Fao nel paese. Il governo di Mogadiscio ha appena redatto la Strategia nazionale per le risorse idriche completa di una road map per la sua applicazione nel giro di tre-cinque anni.

«DUE GRANDI FIUMI TROPICALI, Juba e Shabelle, che nascono in Etiopia, permettono nel sud somalo di coltivare ortaggi e frutti famosi per la loro bontà. E là possono cadere anche 900 mm di pioggia all’anno. Per questo fino al 1991, prima della guerra civile, la nazione era esportatrice di derrate oltre a produrre per il fabbisogno interno». Adesso gli shabab occupano una parte di quelle aree, ma l’agricoltura bene o male resiste.

IL NORD INVECE È DAVVERO arido. Un’emergenza continua. Sottolinea Paolo Paron: «Gli aiuti internazionali per tamponarla costano in media un miliardo di euro all’anno ma non incidono sulle cause. Le persone emigrano nelle città sottoponendo a stress le loro già scarse risorse idriche, i privati lucrano sulle autocisterne per rifornire i campi di sfollati. Certo si cerca di aiutare i contadini, in tutto il paese, con programmi come il cash for work: nelle epoche di magra vengono pagati per costruire nei campi piccole trincee che quando piove bloccano l’acqua aiutandola a infiltrarsi nel suolo». Ma è stato calcolato che con 600-700 milioni da investire nell’arco di cinque anni si potrebbe ripristinare la resilienza dell’agricoltura somala; il governo, d’accordo con i donatori e le Ong, punta a questo.

LA NUOVA STRATEGIA per la gestione dell’acqua prevede di «riabilitare le chiuse lungo i fiumi, che poi aiutano ad avere l’acqua nei canali di irrigazione, da ripristinare. E un insieme di interventi coerenti di cattura dell’acqua di ruscellamento superficiale così da aumentare l’umidità del suolo, elemento chiave nella produzione agricola». E nel nord arido, si vuole rendere organica la strategia dei piccoli bacini di raccolta dell’acqua piovana, che la Fao porta avanti da tempo: «In effetti poca pioggia, magari nella stagione sbagliata, cade: è vitale conservarla. Così si allevia la siccità e si irriga».

LA STRATEGIA IDRICA nazionale si misura con molte difficoltà. Il governo – finalmente stabile – ne è consapevole. Intanto la dinamica sociale, il cui elemento principale sono i clan, dominanti perfino nell’accesso all’acqua.

LE MODERNE TECNOLOGIE idriche per uso agricolo, poi, non sono sempre applicabili. La via maestra dell’irrigazione a goccia richiede manutenzione attenta, un minimo di conoscenze, pezzi di ricambio. Il riuso delle acque reflue? Certo: ma occorrono le fognature. Quanto alla desalinizzazione, Paolo Paron spiega: «Sarebbe utilissima sia lungo la costa dove c’è poca acqua fresca potabile, sia all’interno; al centro del paese l’acqua di falda è salata. Ma… nell’isola keniana di Lamu, il Comitato internazionale della Croce rossa ha provato a verificare la funzionalità di impianti dissalatori a energia fotovoltaica. Tre problemi: non c’è la catena dei pezzi di ricambio; l’energia va e viene, l’impianto può non resistere agli sbalzi; e che fare con la salamoia di risulta?» Già, a ributtarla in acqua si fanno danni. Se ne ipotizza un riutilizzo ma è per il futuro.

INVECE, I POZZI CON POMPE a energia solare sono già la norma spiega l’esperto, «anche quando l’acqua è a 300 metri di profondità: il costo dei pannelli è sceso moltissimo e la loro resa è aumentata, non occorre avere un generatore». E un’altra possibilità si apre: «Da un paio di anni si studiano fonti idriche non convenzionali, come l’acqua di falda a grandi profondità. In Tanzania, già Dar es-Salaam ne beneficia e Zanzibar è la prossima tappa. L’acqua proviene dagli altipiani etiopici. In territorio somalo si trova fra i 900 e i 1500 metri di profondità. Essendo artesiana, per pressione può risalire in un pozzo fino a 200-300 metri; così la si può poi estrarre con pompe solari».