Nei giorni scorsi a Roma, in difesa della sanità pubblica, si sono svolte tre manifestazioni di piazza: quella dell’intersindacale medica, quella dei movimenti per la salute (forum per la salute, medicina democratica, ecc) e quella del Pd. Tre manifestazioni con diverso valore e significato.

Il governo Meloni ha scoperto le carte e tutti ormai hanno capito che della sanità pubblica a questo governo, al di là delle chiacchiere, non gli importa niente. Una scelta politica discutibile certo, ma chiara: la sanità la si lascia al suo destino perché nella situazione economica data le priorità politiche sono altre. Punto.

Niente di nuovo. Meloni (in barba alla tanto declamata dottrina sociale della destra), giustificata dalla crisi economica, procede, purtroppo, sulla falsariga tracciata dal Pd in questi anni. Molla il più debole, quindi rinnega il diritto fondamentale alla salute, sapendo che comunque il più forte in qualche modo si arrangerà. Quindi di fatto lascia al privato l’intera partita. Il neoliberismo in sanità è sempre stato (il Pd lo sa bene in particolare ci riferiamo alle misure a suo tempo adottate dall’ex ministra Bindi), il passpartout per risolvere tutti i problemi della sanità. Sostenibilità in testa.

Ma se l’opzione neoliberale e contro-riformatrice in sanità è alla base della scelta politica di Meloni, non c’è nessuna ragione logica perché il suo governo cambi le politiche a loro volta neoliberali di chi l’ha preceduta. Ed è proprio così: questo governo conferma di fatto il Pnrr dell’ex ministro Speranza e quindi ricalca tutte le scelte contro-riformatrici pregresse del Pd, ma soprattutto conferma la cosa oggi più letale per la sanità, vale a dire i tetti alle assunzioni.

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I tetti alle assunzioni sono stati introdotti dal governo Berlusconi IV e facevano parte della politica dei tagli nella legge Finanziaria del 2010 (191/2009). Da allora in poi ribaditi dai governi di centro sinistra fino ad arrivare al governo Conte1 (emendamento Grillo che abolì formalmente il tetto al personale ma a costo zero ), poi al Conte 2 che confermò il tetto (Dl 53 2019), quindi al governo Draghi e ora al governo Meloni( i tetti sono confermati ma con un ridicolo aumento delle tolleranze del 5%).

Vorrei chiarire che i tetti alle assunzioni per loro natura si iscrivono nell’ambito del “quasi-mercato” delle prestazioni sanitarie, soprattutto quando un contesto è segnato da pressanti esigenze di contenimento dei costi e di riequilibrio del bilancio. La limitatezza delle risorse insieme al blocco delle assunzioni alla fine rende la tutela della salute un diritto finanziariamente condizionato (addio art 32) fino a riconoscere al governo di turno il potere di ricorrere a politiche emergenziali.

Oggi Meloni, nella più perfetta continuità con il centro sinistra, sulla sanità non fa altro che mettere in pista una legislazione emergenziale esattamente come hanno fatto i predecessori. Nel momento in cui Palazzo Chigi ribadisce i tetti alle assunzioni, come ho avuto modo di chiarire su queste pagine, automaticamente dà il via libera al Pnrr (Dm 70). Che l’attuale ministro Schillaci sia un emulo di Speranza, oltre a essere grottesco, è drammatico.

Se in sanità la destra fa esattamente quello che ha fatto la sinistra, restando del tutto subalterna alle visioni contro-riformatrici, neoliberali, privatizzanti e de-capitalizzanti, del Pd, allora per la sanità è finita.

Viste da questo punto di vista le tre manifestazioni di Roma non sono esattamente uguali come sembrano. Quella dell’intersindacale chiede certo più assunzioni ma dimentica di chiedere il ritiro del decreto che conferma i tetti. Su quella del Pd soprassediamo per carità di patria. Quella dei movimenti invece ha chiesto di cancellare i tetti e di cambiare il Pnrr di sana pianta. Ovvero di voltare pagina.