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Soderbergh: «Il mio thriller sulle dinamiche del potere»

Soderbergh: «Il mio thriller sulle dinamiche del potere»Steven Soderbergh

Berlinale 68 Il regista americano parla del uo nuovo film presentato al festival, «Unsane»: «Lavorare alla serie tv The Knick mi ha ‘riattivato’ e mi ha fatto capire che avevo confuso la mia frustrazione nei confronti dell’industria cinematografica con un rifiuto del mio lavoro, che invece amo.»

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 22 febbraio 2018

Aveva annunciato il suo ritiro, ma ora Steven Soderbergh è tornato a girare a un ritmo molto sostenuto: a pochi mesi dall’uscita di Logan Lucky ha presentato infatti in concorso alla Berlinale il suo nuovo film, Unsane. «Lavorare alla serie tv The Knick mi ha ‘riattivato’ – spiega il regista – e mi ha fatto capire che avevo confuso la mia frustrazione nei confronti dell’industria cinematografica con un rifiuto del mio lavoro, che invece amo. E Unsane rappresenta il ritorno a un tipo di filmmaking che praticavo quando ero giovanissimo».

E cioè un modo di raccontare dove sperimentare nuove strade, forme e tecnologie: il nuovo film del regista americano è infatti interamente realizzato con un iPhone. «Per uno come me questa è un’epoca eccezionale per fare film: la distanza fra un’idea e la sua messa in pratica si sta assottigliando sempre di più, e quindi ci sono tantissime cose nuove da sperimentare. Girare con l’iPhone mi consentiva per esempio di posizionare l’obiettivo ovunque volessi in pochissimi secondi, senza dover appendere la macchina da presa al soffitto, fare buchi nel muro e così via: ora sarà strano tornare a lavorare in modo più tradizionale».

Unsane è stato definito il primo horror di Soderbergh, anche se lui dice di vederlo di più come un «thriller psicologico che si trasforma in una violenta stravaganza»: la protagonista Sawyer (Claire Foy) si è da poco trasferita in Pennsylvania per sfuggire a uno stalker, e si rivolge a una clinica per un consulto psicologico che la aiuti con l’ansia e la depressione causate dalla persecuzione subita.

Con l’inganno le viene però fatto firmare un documento in cui acconsente a venire internata: una truffa così da permettere alla clinica di farsi pagare dalla sua assicurazione e che obbligherà lei a vivere un incubo lungo una settimana, aggravato dal fatto che tra gli infermieri si nasconde proprio il suo stalker, David (Joshua Leonard). «L’idea ci è stata ispirata da alcuni articoli – spiegano gli sceneggiatori Jonathan Bernstein e James Greer – in cui si raccontavano truffe simili, in cui le cliniche dichiaravano le persone guarite, e le lasciavano andare via, nel momento stesso in cui l’assicurazione pagava le loro cure mediche».

La storia del film riguarda però anche la violenza maschile, in un momento in cui nel mondo del cinema l’argomento è discusso: «Abbiamo girato Unsane lo scorso giugno – sottolinea Soderbergh – quindi prima dell’ondata sollevata da #Metoo. Ma credo che queste tematiche siano da sempre rilevanti e pressanti, quindi l’aderenza del film al dibattito in corso nella realtà nasce proprio da questo. Credo però che il film riguardi le dinamiche del potere più che quelle di genere: ho voluto descrivere quanto succede alle persone nel momento in cui restano intrappolate in un sistema disegnato per spogliarle della loro identità».

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